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Futura memoria

Venerdì 15 marzo 2013. Oggi si è insediato il nuovo Parlamento. Ci sono state polemiche e molto folklore (i “grillini” si sono presentati senza cravatta e sono entrati lo stesso), però poi tutto è finito bene. Il Presidente della Repubblica ha aperto le consultazioni per la formazione del nuovo Governo.

Lunedì 18 marzo 2013. L’incarico era stato affidato a Bersani che oggi si è presentato alla Camera per la fiducia sul suo “programma in otto punti”. La maggioranza era scontata perchè, grazie al “Porcellum”, il PD da solo ha 348 deputati su 630. La Lista Monti ha aggiunto i suoi 47 deputati, il PdL (125 deputati) ha votato no per protestare contro l’inserimento nel programma della legge sul conflitto d’interessi, mentre il M5S (109 deputati) si è astenuto perchè (hanno detto) “la fiducia non si dà più a nessuno”. Adesso vediamo al Senato dove il PD, da solo, non ha la maggioranza.

Giovedì 21 marzo 2013. Clamoroso! Il Governo Bersani è passato al Senato anche senza il voto di M5S. Come è successo? A favore hanno votato PD+Lista Monti (123+19 senatori) che però non facevano la maggioranza; il PdL (117 senatori) ha votato contro, ma il M5S (54 senatori) questa volta non si è astenuto come aveva fatto alla Camera (perchè al Senato l’astensione vale come voto contrario) ed è uscito rumorosamente dall’aula abbassando il quorum a 260 senatori. Così PD+Lista Monti (142 senatori nel complesso) ha superato la metà più uno e Bersani è riuscito a fare un governo sì, ma di minoranza. Se ne aspettano le prime decisioni politiche.

Lunedì 25 marzo 2013. Sono trascorse giornate di grande sofferenza per il paese “reale” (suicidi d’imprenditori, rapine di malavitosi, dimostrazioni di esodati e scioperanti). La “cura Monti” ha portato l’economia al collasso che adesso finalmente si vede. Per questo il primo punto del nuovo Governo Bersani è stata l’emergenza economica. Per anni si è cavalcato il “teorema” di un certo Pigou (avversario di Keynes) per cui le manovre di rigore non intaccano la domanda effettiva, che è poi quella che trascina il PIL, perchè la “gggente”, pur di non rinunciare al tenore di vita abituale, darà fondo ai propri risparmi spendendoli. Così alla fine fine nella domanda effettiva, se cala la spesa pubblica, aumenta quella delle famiglie con più felicità per la collettività. Per questo ben pochi si preoccupavano quando i centri studi del paese lamentavano la diminuzione dei risparmi, ma tutti si sono allarmati quando le statistiche hanno preso a mostrare che, perdurando la crisi, finiti i risparmi le famiglie hanno preso a ridurre i consumi. Il “teorema” non contemplava il caso, che però è successo. Con quali conseguenze? Che la caduta della domanda effettiva trascinerà verso il basso anche il PIL almeno per tutto il 2013 e fors’anche per un bel pezzo del 2014. Per questo la prima mossa del Govermo Bersani è stata rivolta alla crescita (e non più all’austerità), ma ad una crescita non tanto dell’occupazione e degli investimenti, perchè non c’è più tempo, ma direttamente dei consumi delle famiglie. In che modo? Dicono che dentro il governo si sono scannati furiosamente, ma poi alla fine dal cappello governativo è uscito un “coniglio meraviglioso” che sarà subito presentato in Parlamento per l’approvazione. Aspettiamo.

Domenica 31 marzo 2013. Il Vaticano sta peggio di noi: è venuta Pasqua e dal Conclave non è ancora uscito il nome del nuovo Papa. Quest’anno Cristo non ce l’ha proprio fatta a risorgere. Ma noi?

Lunedì 1 aprile 2013. Il “coniglio meraviglioso” è stato approvato! E’ composto da due misure “urgentissime” di politica economica. La prima è il rigetto del fiscal compact, il vincolo europeo per cui i governi dovrebbero sempre chiudere il bilancio in pareggio. Stracciando il “compatto”, il Governo Bersani ha rivendicato il suo diritto di fare disavanzo quando l’economia lo richiede. Dopo di che – e questa è la seconda misura – si è decisa la restituzione immediata dell’IMU sulla prima casa e sui capannoni agricoli e industriali. Per giustificare la svolta (il PD ne aveva pur votata l’introduzione al tempo del governo Monti!), Bersani si è richiamato alla restituzione dell’euro-tassa da parte del Governo Prodi, dopo di che, forte dell’illustre precedente, si è presentato in Parlamento a chiedere l’approvazione delle due manovre “urgentissime”. Ed è stato un successo: in entrambe le Camere hanno votato contro la Lista Monti, che ha denunciato il “tradimento degli impegni europei”, e la minoranza “renziana” del PD. Però a favore si sono espressi il resto del PD, il M5S ed anche il PdL, che non poteva smentire il principale slogan della sua campagna elettorale. Facendo le somme, il programma economico “urgentissimo” è passato con 530 voti alla Camera e 270 al Senato.

Il neo-governo Bersani ha perciò superato la sua prima prova, ma con una maggioranza diversa da quella minoritaria che gli aveva dato la fiducia. Il che non importa perchè il paese ha bisogno non tanto che un governo ci sia, quanto che il Parlamento legiferi bene ed il “coniglio meraviglioso” è stata cosa buona e giusta. Adesso Bersani è atteso al varco della legge sul conflitto di interessi. E’ scontato che il PdL voterà contro, ma con PD+Lista Monti+M5S i numeri a favore ci sono per approvarla e porre fine ad una vergogna nazionale durata troppo a lungo.

Ma c’è una lezione da trarre da quanto è successo in Parlamento? Sì, ed è che sono cambiate le regole del gioco. C’è un Governo che propone alle Camere provvedimenti senza poterle più ricattare, almeno al Senato, con il sistematico ricorso alla fiducia perchè le misure proposte possono essere accettate o respinte dalle maggioranze variabili che si formeranno di volta in volta, e quindi da PD+M5S+ PdL oppure da PD+M5S ma anche da PD+PdL. Per non più governare Bersani dovrebbe essere sfiduciato al Senato, ma se il M5S abbandona l’aula, la maggioranza sarebbe perduta solo con il tradimento della Lista Monti. Insomma, a queste condizioni il Governo Bersani è costretto a governare: ha voluto la bicicletta e mo’ deve pedalare.

* docente università di Bologna

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