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Lotta alla “casta” senza “lotta di classe”, cause lontane e persistenti

Le causa storico culturale con cui la “lotta contro la “casta immorale” prende il sopravvento sulla “lotta di classe contro il modo di produzione capitalista”, trova origini lontane nella “ideologia italiana”, essa è figlia di una concezione idealista e metafisica di origine “cattolico umanista”, mai debellata nel pensiero politico dominante della sinistra italiana e riproposta poi più volte sotto altre forme.

Gramsci si era pronunciato sulla questione con chiarezza:

…Morale e politica:“in un conflitto ciò che occorre valutare non sono le cose così come stanno, ma il fine che le parti in conflitto ripropongono (….) In un conflitto ogni giudizio di moralità è assurdo, perché esso può essere fondato solo sui dati di fatto esistenti che appunto il conflitto tende a modificare (….) L’unico giudizio possibile è quello” politico”, cioè quello della conformità del mezzo al fine. Un conflitto è “immorale” in quanto allontana dal fine .(quaderni “note sul Machiavelli” pag. 142/143 Ed. Einaudi).

Questo per Gramsci non significava che cinicamente il “fine che giustifica i mezzi”, ma anzi precisava l’occorrenza della “la conformità del mezzo al fine” affinché non lo allontani o lo snaturi.

Questa tesi materialista gramsciana non è mai stata fatta propria del tutto anche nel Partito Comunista, tanto che ad un certo punto Togliatti, nel suo progressivo “eclettismo ideologico”, all’inizio degli “anni 60” ormai in piena fase di “destalinizzazione”, arriverà a proporreun “Partito aperto ai ceti medi produttivi” ed a tutte le “forze progressive”, definendosi come “il Partito delle persone oneste”.

Con questa posizione viene definitivamente stravolta l’analisi storica di Gramsci, secondo cui, clericalismo, parassitismo, corruzione, arretratezza del Sud e malaffare sono chiaramente identificati come componenti costitutive “storiche” e strutturali del nuovo capitalismo italiano, già a partire con la “rivoluzione restaurazione” risorgimentale (“rivoluzione passiva”), poi sfociate nel fascismo, mentre per Togliatti esse sarebbero solo “residuali anomalie feudali” da estirpare come corpi estranei alleandosi ad una presunta “borghesia progressista”.

Da questo filone teorico culturale trae origine la cosiddetta “questione morale” posta a suo tempo in modo organico da Enrico Berlinguer come “base ideologica” per il “compromesso storico” in nome di un illusorio ed impossibile “capitalismo etico”. Questa tesi interclassista è stata poi “enfatizzata” ed alimentata dai cespugli “pseudo comunisti”, dal “partito dei giudici”, dalle “oligarchie mediatiche” e dai professionisti dell’antiberlusconismo, il “movimento”di Grillo è solo l’approdo ultimo e quasi inevitabile di una deriva ideologica ”etico legalitaria”, che nel contesto della crisi e in assenza di una rappresentanza comunista autonoma si è ulteriormente accentuata e radicata nel “senso comune”.

Chi si meraviglia e si scandalizza non è mai stato né marxista né materialista e non conosce l’autocritica continuando a restare subalterno all’egemonia della“sinistra borghese”.

Come diceva lo scrittore comunista cinese Lu Xun: ”La letteratura che grida di dolore ed inquietudine è simile ad un alto lamento che lascia tranquilli gli oppressori”

Purtroppo nel pensiero politico italiano la “dialettica materialista” non ha mai trovato una posizione guida, lo stesso “materialismo storico”, separato dal “materialismo dialettico”, si prestava ad essere manipolato per concepire la “lotta di classe come evoluzione graduale”senza cultura del nemico, senza rottura di classe, né salto di qualità rivoluzionario. Oggi si continua ancora ottusamente su questo vicolo cieco.

Per riaffermare il primato della “lotta di classe”, il cui sbocco naturale secondo Marx è solo la conquista del “potere politico”, occorre finalizzare a ciò tutto il lavoro di “orientamento” con la denuncia e la critica di classe, l’agitazione sociale, la propaganda rivoluzionaria, che la Rete dei Comunisti ed un giornale come Contropianopossono e debbono svolgere come punto di riferimento organizzativo e formativo.

Quando però vediamo che un “serio articolo di analisi ed orientamento” su una questione politica importante come il risultato elettorale recente, viene poi seguito ogni giorno da altri due o tre articoli dissonanti ed a ruota libera sullo stesso tema, questo evidenzia solo un segno di eclettismo ideologico e disorientamento politico. Viene anche da chiedersi, che senso abbia inseguire, in modo codista ed acritico, il “senso comune” moralista sedimentato nel “ceto politicizzato” della “sinistra” residuale, salvo scaricare il proprio senso di impotenza nei commenti “isterici” verso i “nuovi nemici” “grillini”.

 Un giornale di classe (moderna Iskrà) dovrebbe avere forte identità per ben chiari interlocutori di classe, senza riproporre una tribuna per la“liberta di critica” come l’ultimo “Manifesto”, svuotato e risucchiato dal modello “Repubblica”. E’ un errore di metodo dare spazio, senza nessun antidoto teorico da parte della direzione marxista del giornale, alle più svariate teorie antimaterialiste alla moda: dai “blogger” (?!) “antiautoritari tardo marcusiani , ai post strutturalisti, ai moltitudinari negrianied ai “sinistri (?) folgoratidalle “teorie” di Nietzsche e Heidegger. Tutte posizioni accumunate al “revisionismo” nel negare o ad occultare le classi e l’antagonismo di classe

Se la“sinistra” di una fase politica è morta e sepolta, i “virus ideologici” che la hanno avvelenata ed uccisa sopravvivono ancora. Non può certo essere il “grillismo” la causa dell’attuale “deserto teorico”, esso è solo un prodotto molto secondario di una colossale e sistematica opera congiunta di distruzione del pensiero rivoluzionario marxista.

Il  fenomeno del M5S porta certo con se tante “ombre”, ambiguità e sbandate politiche verso cui va rivolta una critica senza sconti e con una analisi attenta alle dinamiche sociali che contiene, ma usarlo come alibi da usare in modo“ossessivo” per nascondere le arretratezze teoriche e politiche croniche dei pochi veri comunisti rimasti” servirebbe solo a non cambiare niente e lavarsi la coscienza, incapaci di agire sulla contraddizione reale esistente. Si agita un falso problema per eluderne uno infinitamente più grande. 

Eclettismo ed empirismo portano a confondere tattica con strategia perdendo di vista il “nemico primario” che è “qualsiasi governo della “Troika” subordinato ai dogmi dell’ Unione Europea”.

Le cause del problema “non sono esterne”, esse stanno tutte “interne al  nostro campo” nelle contraddizioni non risolte del movimento operaio e comunista, inquinato dall’empirismo cieco ed irrazionale che “vede solo l’albero senza vedere la foresta”, salvo poi cercare rifugio e consolazione a suon di slogan autocelebrativi.

Quello che occorre è andare ben oltre la cronaca politica e sradicare con la critica teorica serrata, tutte le idee diffuse di neo riformismo, di corporativismo, di meritocrazia, di economicismo, di interclassismo, di etica legalitaria, di revisionismo storico, di  “moltitudine” o  di “decrescita”, di “feticismo mediatico” , lavorando con metodo per il “radicamento sociale mirato e capillare avviando l’esercizio anche circoscritto di egemonia culturale. Partendo da questo allora sarà praticabile ogni percorso critico politico e tattico ad ampio raggio ed in piena autonomia.  

Il Marxismo non è una teoria tra le “altre “ (le mosche cocchiere “antileniniste” che riemergono puntualmente in varie forme), ma il pensiero scientifico della nuova “classe storica”.

Occorrerebbe pertanto come minimo anche tornare a studiare i testi di  Engels “Anti-Dhuring” e di Lenin “materialismo ed empiriocriticismo”, riappropriandoci del “Metodo” , per ricominciare a distinguere tra  fenomeno riflesso percepito ed essenza del mondo materiale, tra “la dialettica delle apparenze e la dialettica del reale” .

La “crisi sistemica” si è estesa dal campo economico sociale fino alla sovrastruttura, con il suo riflesso politico istituzionale e culturale, si stanno pertanto aprendo nuovi spazi che, in assenza di alternativa di classe, vengono regolarmente occupati da soggetti e“movimenticontraddittori, provenienti dai vari strati piccolo borghesi, contenitori di spinte sia innovatrici che neocorporative. I loro sviluppi futuri dipenderanno solo dai rapporti di forza tra i soggetti in campo e dal campo di battaglia che verrà imposto.

Attraverso la dialettica materialista e lo studio delle contraddizioni sociali si possono conoscere le tendenze principali in atto,  per orientarle ed organizzarle, individuando con chiarezza “tutti gli amici e tutti i nemici” politici, sociali ed ideologici da combattere sui vari piani. Da chi si propone di ricostruire il “nuovo soggetto comunista” è il minimo che ci si dovrebbe aspettare.

* Collettivo Bertold Brecht,


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