SULLA CIRCOLARE MINISTERIALE N. 8, OVVERO “BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI PER TUTTI”, OVVVERO “SMETTIAMO DI PENSARE CHE SIANO SOLO INCOMPETENTI”.
Il 6 marzo 2013 il Ministero dell’Istruzione ha emanato la Circolare Ministeriale n. 8 che richiama l’attenzione sulla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 a titolo “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”.
Uno legge “bisogni educativi speciali” e pensa alle disabilità; uno legge “inclusione scolastica” e pensa a qualcosa di positivo, a una qualche forma di diritto e di uguaglianza. Uno legge la Circolare Ministeriale e, invece, qualche dubbio viene.
Ora, la Circolare Ministeriale n. 8 è un guazzabuglio di riferimenti a situazioni e studenti così diversi tra loro da far girare la testa; è un’accozzaglia di pseudo-indicazioni che sembra un copia-incolla degno del peggiore studente alle prese con una tesina copiata da Wikipedia. La Circolare (e in parte anche la Direttiva a cui si riferisce) affianca il “diritto all’apprendimento”, il “diritto alla personalizzazione”, lo “sforzo congiunto di scuola e famiglia”, le “certificazioni” e le “diagnosi”, elementi di per sé inoffensivi – e anzi talvolta utili – ad elementi potenzialmente molto pericolosi.
Quindi, smettiamo di pensare che sia stata scritta da incompetenti (difficile, certo, visto l’impegno che ci mettono), e proviamo a pensare che ci sia uno scopo in quello che il Ministero emana.
La Circolare ribadisce la necessità di attivare una personalizzazione della didattica attraverso il percorso individualizzato e personalizzato, da cui scaturisce il Piano Didattico Personalizzato, deliberato in Consiglio di Classe. Tale Piano non sarà più “inteso come mera esplicitazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è bensì lo strumento in cui si potranno, per esempio, includere progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita […], strumenti programmatici […] a carattere squisitamente didattico-strumementale”. Sorvolo sui problemi connessi alle diagnosi -spesso e volentieri abusate- di DSA, su cui ci sarebbe da riflettere a lungo, per arrivare al punto: a chi è destinata questa mirabolante
personalizzazione degli apprendimenti e della didattica? A “tutti gli studenti in difficoltà”, vale a dire, come si legge nel primo capoverso “all’intera area dei Bisogni Educativi Speciali (BES), comprendente ‘svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana poiché appartenenti a culture diverse’”, come in uso presso altri paesi europei e non. Quindi tu, che sei povero, o che sei straniero, hai un Bisogno Educativo Speciale. Non lo sapevi? Tiè.
L’elemento di pericolosità emerge in tutta la sua evidenza: chi è in situazione di svantaggio sociale e culturale, e chi non è madrelingua italiano, è paragonato a chi possiede una certificazione clinica di DSA (e appunto sorvolo sulla bontà di tali certificazioni, che spesso sono distribuite a piene mani a chiunque sia “poco conforme” alla figura del bravo studente-robottino). Perchè mettere in un’unica Circolare indicazioni per situazioni così differenti? Soprattutto, perchè l’essere povero o di famiglia non italiana significa avere un Bisogno Educativo Speciale?? Perchè lo dice l’Europa?
Molti insegnanti penseranno: “Beh, almeno questa Circolare impone l’adozione di un Piano Educativo Personalizzato che può aiutare gli studenti non madrelingua ad accostarsi poco a poco allo studio delle discipline”, che è quanto già si fa e si dovrebbe fare attraverso una riduzione temporanea dei contenuti e una semplificazione temporanea dei testi di studio e delle verifiche in caso di difficoltà connesse alle scarse competenze in lingua italiana. Attenzione però a non confondere la bontà dello strumento (il piano personalizzato, che spesso è utile ed efficace) con la bontà del piano generale a cui lo strumento si riferisce. Perchè mettere questi studenti, e le loro difficoltà, sullo stesso piano degli studenti con difficoltà cognitive? E lo “svantaggio sociale e culturale”, cosa c’entra? Sono io la prima a sostenere che le difficoltà economiche, la mancanza di reti sociali e comunitarie, la mancanza di possibilità di accesso a strumenti di ricchezza culturale possono (possono) provocare insuccessi scolastici o precoce abbandono degli studi (e anche qui sorvolo sulle riflessioni che sarebbero dovute sui metodi e gli scopi dell’educazione statale pro-capitalista), ma in questi casi non c’è bisogno di sigle o programmazioni: c’è bisogno di agire con forza per azzerare le ingiustizie economiche, sociali e linguistiche che rendono questi studenti “svantaggiati”! Ovviamente, per limitarci alle azioni a livello scolastico, il primo passo sarebbe dare fondi e professionalità alle scuole i cui studenti maggiormente vivono queste ingiustizie….
La Circolare ne parla, di fondi, in modo confuso e incerto. Parla di fornire fondi sulla base del Piano Annuale per l’Inclusività (che suona un po’ orwelliano), fondi che dovrebbero essere stanziati dagli Uffici Scolastici regionali. La domanda “quali fondi, visto che li tagliate tutti” sorge banalmente spontanea, ma rimaniamo sul piano teorico: sembrerebbe si vogliano dare fondi alle scuole “più inclusive”, cioè con più studenti in difficoltà. Buona cosa, uno direbbe, se anche appunto i fondi ci fossero – e vien da chiedere perchè allora abbiano tagliato il Fondo d’Istituto, o perchè i fondi delle Aree a Forte Processo Immigratorio stiano per sparire…. Ma andiamo avanti: dalla “rilevazione, monitoraggio e valutazione del grado di inclusività della scuola” si potranno “desumere indicatori realistici sui quali fondare piani di miglioramento organizzativo e culturale”.
Dunque indicatori di inclusività. Ottimo, uno pensa: sapremo così quali sono le scuole più attente ai bisogni degli studenti BES, cioè con svantaggio sociale (economico non l’han scritto, che faceva brutto), culturale, problemi cognitivi e comportamentali vari, stranieri. Ma leggiamola a rovescio: sapremo esattamente quali sono le scuole con più studenti con svantaggio sociale culturale ecc….
Cioè qualcuno potrà farsi un’idea precisa e scegliere magari di non mandare il proprio figlio in quella scuola così troppo “inclusiva”. Ed ecco che l’inclusione può diventare segregazione. In un attimo. A partire da una Circolare che sembra scritta da incompetenti. Se poi a questo ci aggiungiamo i dati desunti dagli Invalsi, che permettono di scegliere la scuola “più performante”, dove ci sono i migliori insegnanti e studenti, cosa che peraltro consigliavano di fare già durante queste prime iscrizioni online…. Viene da chiedersi, per esempio, perchè tutti questi studenti BES debbano sostenere comunque le prove Invalsi, visto che possono “godere” di tutte queste “personalizzazioni”…
Fantascienza educativa? Forse. Ma se andiamo a leggere, per esempio, il No Child Left Behind Act statunitense (amministrazione Obama) e soprattutto le puntuali critiche a questo provvedimento, e se andiamo a guardare il grado di segregazione delle scuole statunitensi – visto che ai nostri governanti l’esempio degli Usa piace -, e se andiamo a vedere quali scuole stanno chiudendo nelle città statunitensi, alla faccia del No Child Left Behind Act (54 nella sola Chicago, tanto per dire, e non certo dei ricchi sobborghi) allora sembra tutto molto reale, e pericoloso.
A voler essere più ottimisti, sarebbe senza dubbio necessario interrogarsi sulla bontà e sulle finalità dell’allargamento indiscriminato di nozioni controverse come quella di Bisogni Educativi Speciali che generano dubbi e critiche in molti paesi anche più vicini a noi, per esempio in Francia.
Sara Biscioni, 30.03.2013
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Gabriella
Condivido e diffondo, ciao.