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L’innovazione sganciata dai bisogni sociali non è progresso

“Digitalizzazione, robotizzazione, innovazione e intelligenza artificiale” sono le parole chiave per intendere l’azione di governo del Conte bis, quelle su cui il presidente del Consiglio ha insistito maggiormente il 9 settembre 2019 nel rilanciare quello che era già iniziato con il governo Renzi.

«Dobbiamo perseguire una strategia di azione che porti l’Italia a primeggiare, a livello mondiale, in tutte le principali sfide che caratterizzano la quarta rivoluzione industriale»[1], ha illustrato il premier in Aula.

L’ospedale “Infermi” di Rimini si è dotato negli ultimi giorni di un dispositivo medico destinato ad effettuare televisite di pazienti ricoverati in ospedale e affetti da Covid-19, limitando in maniera sensibile i rischi per il personale medico e sanitario.

“In un momento difficile e complicato RivieraBanca ha dimostrato, fin da subito, di muoversi a sostegno delle imprese del territorio con un plafond di 10 milioni di euro e aderendo alla moratoria dei prestiti di ABI; e ne seguiranno altre! – dichiara il presidente di Riviera Banca, Fausto Caldari – Ma chi ci conosce sa, che da sempre, la salute è una delle nostre azioni prioritarie a sostegno della comunità e quindi questo ci sembra un gesto doveroso per aiutare le persone ed il personale sanitario, in prima linea in questa vera e propria battaglia!”[2]

Dentro l’Industria 4.0. Un’intera linea robotizzata che taglia tempi e costi. Il Gruppo Marchesini, leader nella fornitura di linee e macchine per il confezionamento di prodotti farmaceutici ha aperto il proprio stabilimento di Pianoro per mostrare la nuova linea altamente automatizzata «Integra 320»[3]

Sono tre stralci di articoli che racchiudono un anno, aprile 2019 – aprile 2020. È il tempo di restare in silenzio, è tempo di unirsi sotto un’unica bandiera e cantare l’inno nazionale dai balconi, direbbe qualcuno.

Era iniziata così l’esorcizzazione della paura all’interno della metafora della guerra, che poi tanto metafora non è, se si considera che mentre il Paese e il mondo intero vengono investiti da un’emergenza sanitaria ed economica, si parla di oltre 100 morti e migliaia di contagiati tra gli operatori sanitari, 40.000 mila richieste di deroga ai prefetti da parte delle aziende per continuare a produrre.

Ma di fronte all’assenza di dispostivi di protezione individuali e di un’ organizzazione nella gestione del rischio infettivo insufficiente, le imprese di produzione di armi e dispositivi militari non si sono mai fermate. Beni essenziali in un mondo in guerra.

Sì, se dobbiamo parlare in questi termini, la guerra era già in corso, 4 morti al giorno e migliaia di infortuni, era il prezzo da pagare nel mondo del lavoro “smart” diviso tra magazzini automatizzati e articoli di giornale che decantano di come il progresso ci regala operazioni a cuore aperto e trapianti di cervello eseguiti da intelligenze artificiali nella chirurgia cibernetica.

Paghiamo il prezzo dell’iper-specializzazione  e dell’innovazione sganciate dall’utilità sociale, l’assenza di un’analisi dei bisogni sanitari, una distribuzione delle risorse in base ai bisogni reali, la rottura del paradigma della prevenzione e della medicina come strumenti sociali. Farmacisti e grandi marchi della distribuzione organizzata mentre incassano diventano i polmoni del corpo sociale, come se fossero loro il centro di comando della macchina di gestione dell’emergenza.

A quando risale l’ultima indagine in merito all’organizzazione delle strutture e dei servizi? Come siamo arrivati fin qui?

È inutile ripetere la storia delle riforme sanitarie e dei tagli che hanno messo in competizione i servizi sanitari regionali e regalato i principi su cui si basava il sistema sanitario ai clientelismi locali.

Come mai solo dopo decessi e contagi del personale sanitario che hanno giocato un ruolo chiave nel meccanismo della trasmissione del virus, assieme alla scellerata politica dettata da Confindustria di non rinunciare a niente sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, si è deciso di parlarci di intelligenze artificiali e robot progettati per far lavorare in sicurezza il personale medico e garantire delle visite a domicilio? E per di più, perché come per la ricostruzione della cattedrale di Notre Dame sono i privati filantropi e benefattori a dover intervenire?

Prima di quest’epidemia stavamo combattendo infinite battaglie di denuncia rispetto alla mancata contrattazione sociale dell’impatto delle nuove tecnologie e dei loro processi all’interno del mondo del lavoro. Le parole chiave erano “aumento della produttività”, “taglio del costo del lavoro e dei tempi”. Tutti i settori produttivi materiali e non, erano coinvolti e sfiorati in questo sistema integrato, dove sommerso e sfruttamento convivono interconnessi.

Nei luoghi dello sfruttamento e della marginalità la situazione era già insostenibile. Baracche e caporali, colpi di calore, percosse e soprusi nelle carceri, sospensione del diritto, magazzini totali e ricatto, accuse di parassitismo ai lavoratori del  pubblico, casse integrazioni e ristrutturazioni, valli devastate e comunità in lotta colpite nella repressione.

Su questo sfondo ci parlavano della scomparsa dei lavori manuali e dello sforzo legato al lavoro, come se i cervelli non fossero anch’essi spremuti, lo smart e una linea internet superveloce avrebbero risolto i mali del mondo. Università e ricerca al servizio delle aziende, affitti insostenibili, processi urbani stravolgenti, infrastrutture e patrimonio pubblico sgretolanti, violenza e marginalità, l’anzianità come un peso sociale.

Era questa la situazione prima del Covid-19, ci parlavano così, ci trovavamo a vivere così.

Forse non andava tutto bene, come non andrà tutto bene se non si calibrerà la bilancia nella società, nel rapporto tra uomo e ambiente.

Confondere l’innovazione con il progresso e la tecnologia con la tecnica, sganciando tutto dai bisogni reali e dai saperi è consegnare qualsiasi risorsa al profitto.

L’automazione e l’innovazione non mediate, ci hanno dimostrato che il capitale ha ancora bisogna della forza lavoro per vivere, così automatismi come il mercato senza controllo da parte delle formazioni sociali generano mostri capaci di colpire un ospedale in maniera teleguidata a migliaia di chilometri di distanza, alleggerendo dai sensi di colpa anche il soldato, ma incapaci di organizzarsi di fronte a epidemie globali con i tempi e le modalità dei flussi economici che ci dominano.

Che fare? Non è retorica e citazionismo, ma bisogno che si fa desiderio.

[1]   https://startupitalia.eu/114483-20190909-il-conte-bis-spinge-su-innovazione-e-industria-40

[2] https://www.auslromagna.it/notizie/item/2793-coronavirus-sistema-donato-da-rivierabanca?pk_cpn=newsletter-RR&utm_source=phplist1088&utm_medium=email&utm_content=HTML&utm_campaign=Bollettino+Intranet%3A+novit%C3%A0+del+%5BTODAY%5D

[3] https://corrieredibologna.corriere.it/bologna/economia/19_aprile_10/dentro-l-industria-40un-intera-linea-robotizzata-che-taglia-tempi-costi-e036bdd6-5b68-11e9-9c30-3b23e59d03ab.shtml?refresh_ce-cp

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