Il prossimo appuntamento di Bologna è un’occasione importante per tentare di aprire una strada di ricostruzione della sinistra di classe in un contesto generale complicato. Un contesto, però, che richiede la presenza di una tale forza dopo la debacle politica ed elettorale delle forze della “sinistra antagonista”. E’ uno spazio politico che impone una risposta e l’incontro di Bologna cercherà di abbozzarla e di costruirla per i prossimi mesi.
Il suddetto contesto richiede anche di andare a fondo di questioni politiche per troppo tempo lasciate appese da un tatticismo esasperato e devastante, questioni che vanno riprese in un confronto approfondito e finalmente libero da ipotesi ormai fuori dalla realtà. Sono molte ed andranno affrontate una per una nel merito e con un approccio positivo per arrivare a delle risposte aderenti alla realtà attuale del paese. Una di queste, che mi sembra sia tra le più rilevanti, è quella della rappresentanza politica del blocco sociale penalizzato dallo sviluppo capitalistico e dalla costruzione della Unione Europea.
Nella storia della sinistra di classe e dei comunisti, nel nostro paese ma in generale, un ruolo centrale lo ha avuto la questione del rapporto concreto con i settori sociali presenti nelle forme prodotte nelle diverse fasi storiche, per capirci fino a quello che è stato definito l’operaio massa nella produzione fordista. Questo rapporto è stato costruito con il lavoro pratico e di “produzione“ di organizzazione ma innanzitutto è stato oggetto di riflessione teorica e politica. Certamente i giudizi che possono essere dati sulle precedenti fasi del conflitto di classe sono molti e diversificati ma non è difficile condividere l’opinione che in quei contesti storici il movimento dei lavoratori aveva un peso determinante nelle prospettive politiche, in Italia ma anche in altri paesi dell’Europa Occidentale.
Questo indubbiamente era il prodotto della presenza di una Rappresentanza Politica radicata dentro il corpo della classe reale ed era questa rappresentanza che produceva quella istituzionale e che negli ultimi venti anni a noi, invece, si è manifestata ed è stata fatta apparire come unica fonte di legittimazione politica. In realtà quella era solo il riflesso della costruzione di un solido ed organizzato rapporto di massa che è stato dilapidato dalla prevalente illusione politicista. Gli esempi sono nella nostra storia sindacale, del movimento cooperativo, delle case del popolo etc.
Se vogliamo parlare oggi di rappresentanza politica perciò non possiamo fare a meno di riflettere su quello che è stato il movimento di classe nel nostro paese e capire come ricostruire una rappresentanza a partire dalle attuali condizioni della classe. Queste sono sostanzialmente uguali nel rapporto sociale con il capitale ma diverse nelle forme e nelle condizioni, di fatto inedite ed alle quali siamo chiamati a dare una risposta.
In termini diretti parlare di Rappresentanza Politica significa prima di tutto misurarsi con un processo di ricostruzione dell’organizzazione di classe in tutte le sue articolazioni sociali generali e specifiche esistenti nel paese. Dal sindacato al sindacalismo metropolitano, alle organizzazioni di mutuo soccorso, a nuove forme di organizzazioni sociali sono i terreni su cui misurarsi concretamente ma anche definire una concezione teorica del rapporto di massa che si va a costruire. Questo è esattamente quello che si è evitato di fare in passato sperando che l’eredità novecentesca bastasse a perpetuare una rendita di posizione.
Rappresentanza però non è solo organizzazione ma è anche identità, ma identità del blocco sociale di riferimento che vogliamo organizzare. Questa affermazione va collocata nel contesto politico e culturale attuale, dunque se si pensa che questa sia identica a quella a noi nota e comunque prodotta dai settori politici e di “movimento” si fa un errore madornale e fatale. Questo è un piano di lavoro analitico, di elaborazione e politico con il quale bisogna misurarsi senza meccanicismi e sapendo che questo piano della identità del nuovo blocco sociale implica difficoltà politiche maggiori di quelle dello stesso processo di organizzazione sopra auspicato. Questa è la sfida che ci si para di fronte, esaltante ma complessa.
Da qui si evince che l’identificazione sovrapposta tra rappresentanza politica e istituzionale è una coazione a ripetere che viene da una fase politica superata dalla storia, cioè non più ripetibile. Mi sembra, invece, che alcuni settori continuino su questo vicolo cieco e mi riferisco a SEL, alla FIOM di Landini ed a quello che rimane della Federazione della Sinistra che ancora spera nella riproposizione di una nuova aggregazione politica a sinistra, magari assieme ai fuoriusciti del PD vista la crisi di questo partito.
Così si perpetua un doppio errore. Il primo è quello di avere come referente sempre e solo la contingenza e dunque confidare nel tatticismo estremo continuando a logorare quella poca eredità politica rimasta. L’altro è quello di subordinazione alla dimensione istituzionale introiettando l’impossibilità per il blocco sociale di ogni indipendenza politica reale e non mimata. L’assemblea di Bologna è dunque un’ottima occasione per aprire un confronto anche su questo finalmente fuori dagli schemi consolidati in cui si vive nella sinistra.
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