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Anomali senza Stato

Una spiegaziona razionale e definitiva di cosa sia l’”anomalia italiana” rispetto agli altri paesi “occidentali democratici”. È arrivata martedì sera (6 agosto) con la trasmissione “In onda”, su La7, protagonista assoluta tale Michaela Biancofiore, addirittura sottosegretario nell’attuale governo ma soprattutto o unicamente berlusconiana “di tipo religioso”, per sua stessa ammissione.

La signora ha ad un certo punto ricordato che – dopo la famosa sentenza della Cassazione – lei ha “rimesso il mandato di sottosegretario nelle mani di Berlusconi”, che premier non è più, perché “sono stata messa lì su sua indicazione, in base a un manuale Cencelli” (quello in uso ai tempi della Dc, per fare ordine negli appetiti delle correnti interne).

Lo dico da vecchio avversario di questo Stato: è una logica da mafiosi, che considerano lo Stato (più precisamente: i suoi poteri, le sue centrali di spesa) uno sorta di bottino di guerra in caso di vittoria della propria “famiglia”, anche se magari “ai mezzi” con altri concorrenti.

Nemmeno per un attimo è balenato nei suoi occhi il significato della carica istituzionale che – non per competenze particolari, per sua stessa ammissione – ricopre. Sottosegretario, ovvero un quasi-ministro, che gestisce alcune delle deleghe della presidenza del Consiglio, come quelle per la Pubblica amministrazione e la semplificazione, seguita anche da quella per lo sport.

La signora, insomma, non sente sulle sue spalle il peso dell’”essere Stato”, ma solo quello di appartenenza a una tribù guerriera in lotta per dominare sulle altre o, nel momento attuale, per non esserne sopraffatta. Una coscienza pre-moderna, si potrebbe concludere, che comprende il Potere di disporre sulla vita degli altri secondo la propria volontà ma non ancora lo Stato come sistema di regole al servizio della classe dominante. Della classe dominante nel suo insieme, non di una sua sottospecie inselvatichita. Volendo scomodare il vecchio di Treviri, la signora Biancofiore non vede nello Stato “il comitato d’affari della borghesia”, ma più banalmente “il comitato degli affari Suoi”.

La dimostrazione definitiva dell’”anomalia italiana” però non è venuta tanto dalla sua confessione di estraneità alla dimensione istituzionale. È arrivata invece dagli altri partecipanti al non esaltante dibattito: Pippo Civati, Jacopo Fo, il giornalista Tommaso Cerno de L’Espresso e il padrone di casa, Luca Telese. Nessuno di loro ha provato ad eccepire alcunché sull’orrore istituzionale che si consumava davanti ai loro occhi. Ovvero che un membro del governo di uno Stato moderno, se vuole fare almeno finta di dimettersi, consegna il mandato al Presidente del Consiglio, non al capotribù. Perché il rito del giuramento nell’assunzione dell’incarico avviene nei confronti dello Stato, per definizione impersonale (da quando alcuni popoli si liberarono – tagliando loro la testa – dei rispettivi re).

Se questo è il livello di consapevolezza degli “antiberlusconiani”, è ovvio che il sistema istituzionale repubblicano non ha più le basi sociali e politiche per sostenersi.

I barbari non sono più alle porte, sono già dentro e non vorrebbero uscire.

dal blog Tempo Reale

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