In attesa di vedere quanti parlamentari portano con sé Alfano e gli altri ministri Pdl, un bilancio appare intanto necessario: il berlusconismo sta tirando le cuoia e l’antiberlusconismo anche. I due trapassi vanno insieme. Il secondo, a sinistra, ha fatto strame della stessa capacità di ragionare, riducendo a niente la presenza di un’alternativa politica capace di avere dimensioni di massa e visibilità pubblica.
Gli antiberlusconiani docg sono già ora in debito d’ossigeno davanti alla scomparsa della loro ragione d’esistenza, dell’alfa e omega di ogni loro sforzo mentale. L’editoriale di Antonio Padellaro, oggi, su Il Fatto Quotidiano, ne rappresenta al meglio la condizione critica. Sguardo corto, fisso sui movimenti interni alla politica nazionale, nel gioco ipnotico del passaggi tra Quirinale, Palazzo Chigi, via del Nazareno e Palazzo Grazioli, in una Roma elitaria di “grande bellezza” ma ormai priva della stanza dei bottoni, sovradeterminata nelle decisioni che contano e quindi incarognita nelle lotte tra aspiranti valvassini dell’Impero Europeo. Anche Repubblica, oggi, testimonia l’impossibilità di cogliere il punto nel bel mezzo della “svolta”. Una importante intervista al finanziere George Soros, che parla con grande acutezza delle ragioni del disastro industriale italiano – nell’ordine: la gabbia del “sistema euro”, l’indebitamento delle imprese (troppo piccole e senza capitali propri) e le scelte “utilitiaristiche” della Germania – viene stupidamente titolata in politichese stretto: “Il governo andrà avanti ma senza riforma elettorale per l’Italia sarà il disastro”. Uno spaesamento che caratterizza anche i promotori della “via maestra” del 12 ottobre, a questo punto costretti o ad annullare l’appuntamento (per non rischiare di farne una manifestazione a sostegno del governo Letta) o a riscriverne radicalmente la matrice. Bella confusione, eh?
Si può dire molto di negativo sul governo delle “larghe intese” – e questo nostro piccolo giornale ha declinato le maledizioni quasi in ogni linguaggio – ma non che sia stata una ciambella di salvataggio per il Caimano. Specie ora che si va alla resa dei conti si dovrebbe essere costretti a constatare che è stata invece la gabbia di ferro in cui ha perso progressivamente ogni potere di ricatto. Certo, è riuscito a imporre una sospensione temporanea dell’Imu, ma finta. Certo, ha bloccato diverse decisioni costringendo il “suo” stesso governo al rinvio. Ma è arrivato alla sentenza che ne decreta l’ineleggibilità e la decadenza dal seggio senatoriale – quindi l’uscita definitiva dalla “politica in prima persona” – senza poter scassare tutto tornando alle urne.
Gli “antiberlusconiani e basta” fanno insomma fatica a capire quel che sta avvenendo perché il loro orizzonte “politico” era ed è completamente occupato da questa icona maligna. E nel momento in cui questa svanisce restano abbagliati davanti alla luce, ovvero alle “mosse” fin qui attuate di concerto tra la Troika e quella fetta di ceto politico nazionale che si è messa completamente ai suoi ordini, a partire dal Quirinale.
Sta arrivando a compimento un processo di selezione di una nuova “classe politica” sulla base dell’affidabilità (accountability, direbbero a Londra) nell’applicazione delle decisioni prese altrove. Si sapeva, e ora si vede con chiarezza, che il “berlusconismo” non era in grado di riconvertirsi a questa logica. Non solo per l’autocentratura del Cavaliere sui propri interessi, ma proprio per le caratteristiche del “blocco sociale” che rappresenta al meglio: imprenditoria di rapina o “in convenzione”, “in nero” o malavitosa, sottobosco di appalti e subappalti, concessionari di risorse pubbliche, clientele nutrite con consulenze e aggiustamenti dei piani regolatori, ecc. Ma anche – a livello di “popolo” – di figure nutrite senza contraccambio ai tempi in cui la Dc doveva garantire “consenso anticomunista”: e quindi ciechi che guidano la macchina, uscieri più numerosi degli impiegati, “lavori utili” soltanto all’assessore che decideva su una voce di spesa, distorsioni del welfare tali da mettere in discussione gli equilibri contabili, ecc.
Una parte di mondo che va riportato – dai governi della Troika – con i piedi sulla terra, convolto nei “tagli alla spesa” quasi quanto i lavoratori dipendenti, i pensionati veri, i giovani precari, il mondo dell’istruzione o della sanità pubbliche.
A quanti stanno costruendo a tappe forzate una Unione Europea strutturata come un trattato economico d’acciaio non occorre una classe politica che sia “espressione” di interessi sociali frammentati, o comunque incompatibili con questo processo. Occorre invece una classe politica “tecnocratica”, omogenea con quella continentale, in grado di imporre soluzioni già elaborate e non di mediare tra interessi contrastanti. Cum grano salis, naturalmente, con un occhio alla sopportazione sociale ma senza subirne il condizionamento.
Questo ragionamento viene svolto ormai esplicitamente negli editoriali dei media “di regime”, dal Corriere della Sera al Sole24Ore, che plaudono alla “svolta” indicando nei berlusconiani “ribelli” e nei “giovanotti che stanno conquistando il potere nel Pd” il nucleo essenziale di questa “nuova” classe politica fedele a Bruxelles.
E sembra anche ovvio che questa Unione Europea non sopporti più nemmeno “l’alternanza”. In Germania si governa con “Grosse koalition”, in Inghilterra anche (seppure con i liberali, non con i laburisti), in Italia – da due anni – anche. E quindi torna utilissima, apertamente teorizzata, la matrice e la scuola politica del “grande centro”. Democristiani di ritorno, merda riciclata.
Di questo dobbiamo ringraziare i teorici del “voto utile”, ossia quegli idioti che per venti anni hanno sovrapposto le ragioni della “sinistra” a quelle di un gruppo editoriale concorrente di Mediaset. Per poi sparire.
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luciano
E che sono stati l’utile,utilissima,massa di manovra teleguidata dal partito”massimamente moralizzatore”,strenuo(sic),avversario delle “distorsioni” presenti nell quadro politico nazionale.Senza quella base elettorale,munita di paraocchi funzionali alla cecità su quel che davvero stava avvenendo,sarebbe risultato molto,molto difficile,instaurare in questo paese un regime oligarchico eterodiretto dalla Troika.Quello è stato l’autentico,vero,propulsore della disfatta,anche teorica,di quel poco che restava di coscienza della classe non più per sè.E’sufficiente aggirarsi in un qualsiasi contesto aggregativo e ascoltare i commenti di chi più è devastato dal massacro sociale imposto,per rendersi conto di quanto in profondità abbia scavato,non la vacchia talpa di Marx,ma l’ideologia del “meno peggio”,innalzata come dogma nella testa di quella che un tempo era la classe più combattiva del continente.E sono commenti che con un’ipotesi di lotta ai poteri forti multinazionali non hanno la benchè minima corrispondenza,non essendoci,come si dice,rassegnazione,ma convinta adesione,purtroppo.A tanto sono arrivati i proclami ininterrotti sulla “eternità”del modo di produzione capitalistico”,a far introiettare nel profondo l'”inevitabilità”dello sfruttamento.Il tutto,naturalmente”, condito in salsa piddina con l’esposizione al popolo vendicatore del feticcio innocuo del male assoluto che,vedrete,tornerà ancora funzionale allo scopo;del resto dove si possono ancora trovare un “nemico”ed un elettorato tanto ottusi e fideisti?