Analizzare e capire ciò che sta succedendo con i cosiddetti “forconi” e agire di conseguenza. Due sembrano i gruppi sociali promotori del 9: gli autostrasportatori e gli agricoltori. Come per tutte le piccole e medie aziende, anche costoro sono aggredite dalla crisi, che morde duramente, provocando la chiusura continua di centinaia di attività. L’Italia e non solo, è devastata dalla politiche d’austerity e di massacro sociale volute dalle banche, dalla troica, da governi complici e criminali. In questo disastro, soprattutto umano, con oltre il 40% di disoccupazione giovanile, 5 milioni di precari, un milione di famiglie senza alcun reddito, migliaia di cassaintegrati, licenziati, esodati, pensionati alla fame, decine di suicidi, la prima risposta è stata quella delle due giornate del 18/19 Ottobre 2013 a Roma, indette dai sindacati conflittuali e di base, dai movimenti per il diritto all’abitare, dai movimenti ecoresistenti come notav, nomuos e nocorridoio; ma pur avendo ottenuto una forte partecipazione di migliaia di giovani, uomini e donne, la parzialità sociale delle adesioni e la sostanziale ingessatura della due giorni che, se si esclude il movimento degli occupanti delle case, per lo più immigrati e sottoproletari, non è “ritornata” nei territori per dispiegare, rafforzare e continuare la mobilitazione popolare. Tra l’altro, la separatezza della due giorniate come hanno fatto alcuni, non ha aiutato il processo unitario e la forza che questo rappresentava. Ciò che rimane della sinistra antagonista e anticapitalista, pur avendo individuato la strategia, sembra che si fermi ad un massimalismo teorico e a un minimalismo pragmatismo.
E’ indubbio che gli errori e le sconfitte della cosiddetta sinistra radicale e la conseguente frammentazione politica e sindacale mettono a dura prova la ripartenza e soprattutto l’organizzazione dell’opposizione sociale con la costruzione di un nuovo blocco storico.
Davanti a quella che impropriamente definiscono “rivoluzione” che ha preso corpo il 9 Dicembre, non serve e non basta etichettarla come fascista e reazionaria, le ragioni in gran parte si sovrappongono alle nostre, ma è nelle soluzioni che si esprime il contrasto, in particolare la costituzione di una giunta militare di salute pubblica con a capo un generale (Pappalardo?). Ci viene in aiuto Gramsci: “Avviene quasi sempre che a un movimento «spontaneo» delle classi subalterne si accompagna un movimento reazionario della destra della classe dominante, per motivi concomitanti: una crisi economica, per esempio, determina malcontento nelle classi subalterne e movimenti spontanei di massa da una parte, e dall’altra determina complotti dei gruppi reazionari che approfittano dell’indebolimento obbiettivo del governo per tentare dei colpi di Stato”. Non è un caso che il sostegno esplicito venga dalla Lega e da Forza Nuova. Come anche il togliersi il casco da parte di CC, Finanza e Polizia viene giustificato come un atto di solidarietà con i manifestanti da UGL e SIULP, apprezzato da Grillo e dal sen. Stefano Esposito (PD) famigerato sostenitore della TAV e fustigatore delle comunità ecoresistenti della Val di Susa.
Se non rilanciamo la mobilitazione di classe, nei quartiere, nelle scuole, nei posti lavoro, nella società diffusa, se a tutto ciò non seguono alleanze di fase con settori aggrediti dalla crisi, allora le manifestazioni partite il 9 possono trovare il consenso sociale trasversale per una svolta reazionaria con il sostegno popolare. Insomma, non si deve sottovalutare il fenomeno. Non è un caso che le motivazioni, vanno dirette alla pancia della popolazione italiana. Non scordiamoci che per anni la retorica qualunquista e la demagogia populista, ha fatto breccia, in assenza di una organizzazione di classe e di una forte alternativa anticapitalista.
“Le classi medie, i piccoli industriali, il piccolo commerciante, l’artigiano, il contadino, combattono tutte quante la borghesia per preservare dalla rovina la loro esistenza di classi medie. Dunque, esse non sono rivoluzionarie, ma conservatrici. Ancora peggio esse sono reazionarie, perché cercano di riportare indietro la ruota della storia. Se sono rivoluzionarie, è perché temono nel loro imminente passaggio nel proletariato; in quanto essi difendono in tal modo i loro interessi futuri, non quelli attuali; abbandonano il proprio punto di vista per assumere quello del proletariato.” K. Marx, F. Engels. Manifesto del Partito Comunista.
* Rete dei Comunisti – Roma
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