Non è una “ordinaria” operazione repressiva quella che si è consumata in queste ore a Roma e Napoli.
Non siamo in presenza dell’abituale e quotidiano corso poliziesco contro i protagonisti di lotte sociali ma siamo di fronte, come è evidente dagli atti giudiziari resi noti, a veri e propri teoremi accusatori elaborati dalle Procure e dagli esperti della criminalizzazione e fatti propri, autisticamente, dall’intera Magistratura.
Oltre 50 compagni arrestati, messi sotto sorveglianza ed inquisiti sono uno scalpo troppo importante per gli strateghi della normalizzazione autoritaria i quali – in sintonia con il clima politico generale – hanno costruito questi castelli accusatori con lo scoperto obiettivo di mettere a tacere le voci dissonanti verso l’insieme delle politiche antisociali dispiegate dai poteri forti del capitale e dagli esecutivi di governo.
Del resto le prime avvisaglie di questo incrudimento dell’azione repressiva si sono avute a ridosso della vicenda No Tav e degli arresti del novembre scorso che hanno rappresentato, anche formalmente, un salto di qualità in direzione dell’applicazione di articoli del codice non abitualmente utilizzati verso i protagonisti di lotte e vertenze sociali.
E’ evidente che le Procure, gli uffici Digos e dei Carabinieri, gli organi di stampa e i vari opinion maker della disinformazione deviante sono impegnati alla definizione concreta di una narrazione dove il conflitto popolare è equiparato ad un evento criminale e dove ogni voce critica deve essere ricondotta nell’ambito delle compatibilità e di una falsa dialettica che prevede, in ogni caso, l’affermazione dei diktat dei poteri forti.
E’ questa la linea di condotta che si va affermando mettendo sotto i piedi codici e procedure finora vigenti e delineando un preoccupante inquinamento culturale e materiale degli obiettivi e delle ragioni sociali delle lotte.
Non si spiegherebbero, altrimenti, le categorie criminali dell’estorsione e dell’associazione a delinquere accostate a molti compagni inquisiti e non si spiegherebbe il silenzio sui contesti sociali in cui lievitano questi conflitti e le forme di lotta con cui si rappresentano.
Mai come ora risulta palese che il cosiddetto risanamento economico dell’Azienda/Italia, il processo di costruzione del polo imperialista europeo e i conseguenti piani di normalizzazione del dissenso hanno bisogno dell’implementazione della terapia del manganello e della repressione statuale.
A fronte di questo scenario riteniamo che queste vicende repressive debbano essere interpretate in un contesto politico generale di critica radicale alle politiche dell’Unione Europea, dei piani di austerity dei governi e delle azioni di complicità delle organizzazioni sindacali collaborazioniste.
La Rete dei Comunisti riafferma la solidarietà umana e politica con i compagni arrestati ed inquisiti, chiama alla mobilitazione immediata per la libertà di lotta e di organizzazione ed è impegnata nell’articolazione e nella generalizzazione delle vertenze politiche, sociali e sindacali in corso nel paese.
Rete dei Comunisti
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