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Mantova. “Guerriglia marketing” per un 1 Maggio contro i festivi al lavoro

Per protesta contro le aperture selvagge che hanno annullato le festività, negli ultimi anni abbiamo prodotto beffe creative, striscioni e finti manifesti pubblicitari che riprendevano lo stile dei grandi marchi del commercio per “sovvertirne” il messaggio; questa volta invece abbiamo scelto di ribaltare il significato degli originali.

I manifesti 6×3 del concerto di Arisa che si terrà all’Outlet il Primo Maggio, collocati a Mantova e a Bagnolo, sono stati il veicolo della protesta creativa per trasmettere messaggi diversi. Strisce di carta e colla ed ecco che l’orario del concerto viene coperto con un “Non è mai festa al” che si aggancia a “Mantova Outlet” e che, dopo “concerto gratuito” vede aggiungere un perentorio “lavoratori in svendita”.

Un’operazione di “guerriglia” culturale per scatenare un dibattito e finirla con l’ipocrisia. L’ipocrisia di vedere cittadini (spesso a loro volta lavoratori) trasformati in consumatori ossessivi; l’ipocrisia di vedere un’Italia in cui il Parlamento ha legiferato più e più volte solo per servire al meglio i colossi della grande distribuzione organizzata. E poi ci sono loro, migliaia di donne e uomini che vivono quotidianamente il ricatto occupazionale: a loro vent’anni di riforme del lavoro di centrodestra-centrosinistra-tecnici hanno solo stretto un cappio intorno al collo.

Li nominiamo per ultimi nonostante essi siano il perno di tutto
e, semplicemente, siamo noi. “Ultimi” perché per combattere efficacemente insieme e per organizzare la leva che può scardinare tutto il congegno, bisogna prima colpire e distruggere strati e strati di narrazioni tossiche che hanno avvelenato le menti e l’immaginario collettivo. Per questo la nostra azione non è stata né una “goliardata” né un mordi e fuggi, ma l’abbiamo vista come la nuova tappa di un percorso che ha prodotto riflessioni, dibattito, ragionamenti e nuovi contatti; le risposte fin qui ottenute hanno portato alla luce quel conflitto latente e quella linea di confine che, anche in tempi di populismo ed interclassismo, continua a separare gli sfruttati dagli sfruttatori. Su siti e social network hanno preso parola e visibilità i precari e, talvolta, i loro familiari: quelli che nella narrazione dominante non esistono e che non hanno più una rappresentanza.

Proprio loro e non gli attivisti hanno scagliato una rabbia genuina contro chi è orgoglioso di andare nei centri commerciali per le festività, contro i padroncini che intimano di “smetterla di lamentarsi” o i qualunquisti che invitano a “ringraziare chi ti dà lavoro”.  

Sappiamo bene che migliaia di “sonnambuli” continueranno a riempire i centri commerciali durante le festività, barattando centri storici, musei e l’aria aperta con dei non-luoghi dedicati al consumo. Siamo però consapevoli che, rispetto a 3-4 anni fa l’aria sta cambiando: tra chi lavora inizia ad esserci una insofferenza sociale che esige risposte. Tra chi consuma (cioè altri lavoratori) è più forte la consapevolezza che questo sistema di sfruttamento e di consumismo è una gigantesca fregatura per tutte e tutti.



Per il Primo Maggio i sindacati confederali hanno lanciato uno sciopero nella grande distribuzione e un presidio al mattino davanti all’Outlet di Bagnolo San Vito. Non ci illudiamo che uno sciopero e un presidio possano piegare un colosso del commercio che compra spazi pubblicitari sui media e che ha arruolato persino la vincitrice di Sanremo 2014, ma abbiamo scelto di essere lì. Parteciperemo forti del nostro impegno, delle nostre parole d’ordine fatte di solidarietà e lotta, cercando di coinvolgere lavoratori e lavoratrici incontrati durante le vertenze di questi mesi. 
L’impatto della crisi nel mantovano è devastante: sotto i colpi di delocalizzazioni, chiusure pilotate e dei ricatti occupazioni cadono i diritti e i posto di lavoro a migliaia tra Burgo, Mps, Pompea, Primafrost, Ies etc.; così in alcune coop sociali, nella grande distribuzione organizzata e nelle campagne con il loro carico di sfruttamento di manodopera straniera. Il “bollettino di guerra” si è arricchito di nuove vittime: i lavoratori del macello di Bagnolo, situato proprio a 50 mt. dalla “città della moda”.


Nessuno si salva da solo da questo attacco, solo uniti possiamo costruire una narrazione e un destino comune senza più concedere nulla a profittatori e sciacalli. Per resistere all’attacco, per immaginare l’alternativa e per costruire il cambiamento: uniti siamo tutto.



di eQual

da ClashCityWorkers

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