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Sangue operaio sul Primo Maggio: 363 morti di lavoro al 30 aprile

Ieri Primo Maggio 2024, in Italia, dato aggiornato a ieri 30 aprile: 363 persone, 363 fra lavoratrici e lavoratori hanno perso la vita sul posto di lavoro, una media di 3 morti di lavoro al giorno.

Uno dei morti di ieri, Ivo Bellotto di 68 anni, era un autotrasportatore pensionato e stava lavorando nel cantiere di un allevamento di Fiume Veneto quando è stato colpito dal carrello a forbice della gru con la quale stava movimentando materiale: è caduto da circa tre metri di altezza ed è morto all’istante.

Intanto, sempre ieri al Senato si è svolta la conferenza stampa sulla proposta di legge per l’introduzione del reato di omicidio e lesioni gravi e gravissime sul lavoro, formulata dall’Usb e dalla Rete Iside e che il senatore Luca Pirondini ha formalmente presentato nelle scorse settimane a Palazzo Madama.

Si tratta della proposta di legge sostenuta da migliaia di firme che chiede di introdurre il reato di omicidio sul lavoro e dare più forza ai RLS, Rappresentanti dei Lavoratori sulla Sicurezza.

Il Primo Maggio “raccontato” da Salvatore Sanfilippo, del Coordinamento nazionale Usb Vvf:

“Il Primo Maggio, festa dei lavoratori, celebrata in tutto il mondo, condensa un altissimo valore simbolico nelle lotte sindacali. Purtroppo, rappresenta anche l’altissimo tributo in termini di vite umane che i lavoratori hanno dovuto pagare nella lotta contro il potere, declinato sotto ogni forma e non solo capitalistico.

Oggi, dopo più di 150 anni da quelle lotte, di sangue se ne continua a versare ancora troppo, sempre e solo all’insegna del profitto. E se le morti tragiche sul lavoro iniziano a fare un certo scalpore, ci sono migliaia di morti silenziose che ogni anno si registrano per patologie correlate al lavoro stesso. Operai sottoposti a condizioni lavorative con bassissimi livelli di protezione ed esposti a fattori di rischio oncologico, tenuti sempre sotto ricatto licenziamento anche grazie all’abrogazione dell’art. 18.

Noi Vigili del Fuoco questo problema lo conosciamo bene: sono centinaia i colleghi che ogni anno sviluppano malattie tumorali o cardiache e che, assai frequentemente, arrivano alla morte in brevissimo tempo. Nonostante le nostre battaglie però l’Amministrazione se ne guarda bene dall’avviare studi specifici sulle malattie correlate, mentre per noi l’unico obiettivo che possiamo porci è quello di arrivare alla pensione da vivi, sul dopo l’aspettativa non è per niente rosea.

Anche lo Stato oggi ragiona come una azienda vocata al profitto, compreso il comporto del soccorso pubblico. Ma come si può ragionare in questi termini in certi ambiti? I vigili del fuoco svolgono un lavoro diverso da tutti gli altri, dove non esiste un limite che non si può oltrepassare se non il sacrificio della propria stessa vita.

E’ una missione in favore della società e svolta per conto dello Stato che, anziché tutelarci, ci sottopone a continui “efficientamenti”. Come si può “efficientare” un sistema lavorativo se non è stimabile il valore dell’output prodotto? Quanto vale una vita umana? Ed ecco che l’unico fattore dove si agisce è quello dei costi, tagliando in sicurezza e sull’assunzione di personale”.

– Morti di lavoro, l’annus horribilis descritto da Marco Filiti, segretario regionale Partito Comunista Italiano:
“Se in un paese come l’Italia siamo costretti a registrare un costante aumento delle morti sul lavoro, con un 2024 che si sta caratterizzando sin dai primi mesi come “annus horribilis”, riteniamo sia indispensabile non solo la battaglia politica contro questa destra aggressiva, con pulsioni dichiaratamente fasciste e reazionarie contro il movimento e le organizzazioni dei lavoratori. Ma diventa ancor più urgente riaprire, soprattutto a sinistra, un vero, ampio ed approfondito dibattito sulla cultura del lavoro nella società attuale e sulla necessarietà di una prospettiva socialista, per il superamento di un sistema economico criminale, che ci sta progressivamente consegnando alla barbarie”

– L’Inail esclude chiunque non sia tutelato da un contratto, la denuncia di
Piero Santonastaso, della rete Morti di lavoro:
“Nessuno sa con esattezza quante siano le vittime del lavoro in Italia. Tanto meno lo sa l’Inail, che si basa sulle denunce ricevute – metà delle quali cestinate con motivazioni di varia natura -, non copre tutte le categorie lavorative e comunque esclude chiunque non sia tutelato da un contratto. Vale a dire che per l’Inail non esistono i pensionati che si arrabattano per arrotondare vitalizi da fame, non esistono i lavoratori in nero, non esistono i precari e gli immigrati. Per tacere delle cosiddette morti in itinere, cioè lungo gli spostamenti per e dal posto di lavoro, che per essere certificate devono rispondere a ferrei requisiti”.

– La Cgil non ha mosso un dito per sostenere la LIP per il reato di OMICIO SUL LAVORO, tuona Claudia Urzì, responsabile provinciale Usb Scuola Catania:
“Guerra del lavoro alimentata anche dall’indifferenza e dal cinismo che avviene attraverso il continuo risparmio sui costi necessari per il controllo di quelle poche leggi sulla sicurezza, con la drastica riduzione di mezzi e Ispettori incaricati delle loro applicazioni. Guerra del lavoro alimentata anche da una interminabile tipologia di subappalti.
Questi omicidi, di fatto legalizzati, fino a pochissimo tempo fa venivono definiti “incidenti sul lavoro” e “morti bianche” da gran parte del mondo politico. In maniera analoga hanno fatto Cgil, Cisl, Uil e Ugl, particolarmente la Cgil che scopre all’improvviso che le morti sul posto di lavoro in realtà sono omicidi, un vero e proprio bollettino di guerra. La stessa Cgil che non ha mosso un dito per sostenere la raccolta delle firme, promossa dalla Rete Iside e dall’Usb, per la Legge d’Iniziativa Popolare con cui si vorrebbe introdurre il reato di OMICIO SUL LAVORO e LEGGI LESIONI GRAVI E GRAVISSIME”.

– Primo Maggio 2024, concludiamo con le parole di Giuseppe Guglielmino, operaio catanese, parole che hanno il peso dei 365 fra operaie e operai morti
dall’1 gennaio al 30 aprile: “Ai datori di lavoro, alias padroni, la morte di un operaio in cantiere ha un costo inferiore rispetto al costo dei dispositivi di sicurezza di cui dovrebbero dotare ogni singolo operaio dipendente e delle misure di sicurezza che dovrebbe applicare nei luoghi di lavoro. È solo una questione di profitto, il sangue operaio non conta”.

* SicraPress

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