In questi giorni in diverse città si stanno tenendo una serie di incontri pubblici con una domanda niente affatto peregrina: Renzi è un’arma di distrazione di massa? A sviluppare la discussione (dibattiti si sono già svolti a Napoli, Bologna, Roma, altri sono in cantiere) sono i militanti della Rete dei Comunisti che già due anni fa condussero una campagna nazionale analoga sulla base di un’altra domanda: ovvero se Berlusconi fosse o meno una tigre di carta.
Il tentativo della RdC, come al solito in controtendenza, è quello di costringere la discussione e l’analisi sugli scenari politici sugli elementi e sui dati reali e strutturali, soffiando via il fumo di quello che potrebbe essere definito “l’apparente oggettivo” che invece impera spesso anche nel dibattito a sinistra.
Ad esempio la lettura dei risultati elettorali europei che hanno confermato l’anomalia italiana premiando la “stabilità” intorno al governo Renzi piuttosto che – come in altri paesi Pigs europei – le forze della sinistra che si sono battute contro le misure antipopolari della Troika. Non solo. Bloccando ad esempio la crescita di una intercettazione “a destra” del malessere sociale attraverso l’esistenza di un’anomalia come il M5S. Infine rivelando che il blocco sociale centrale della società italiana è sì ferito ma non colpito a fondo dalla crisi come è avvenuto negli altri paesi Pigs.
In secondo luogo la campagna di discussione su Renzi come “arma di distrazione di massa” ha inteso sottolineare la fine della rappresentanza politica così come è stata conosciuta e praticata in questi decenni. Non solo per la messa in liquidazione della democrazia rappresentativa e per l’imposizione coatta del dominio della governabilità – sia a livello nazionale che europeo – ma anche perchè la rappresentanza politica come espressione organizzata di interessi sociali ben definiti avviene in modo del tutto asimmetrico: solo la borghesia e i segmenti sociali dominanti perseguono e impongono la rappresentanza dei loro interessi. Ai settori popolari questa possibilità viene ormai negata dopo un processo di distruzione della loro identità di classe e dei riferimenti ideologici conseguenti. La distruzione della “coscienza di sè” affida le aspettative o la protesta e la rabbia, all’astensionismo (ormai ampiamente compatibile, anzi incentivato da una governance che può ormai fare a meno del consenso di massa) o alla volatilità del voto ai partiti personali (ieri Bertinotti o Berlusconi, oggi Grillo o Renzi).
La Rete dei Comunisti ha voluto portare questo impianto di ragionamento a confronto con una platea di soggetti politici e sociali assai diversi, con uno spirito di confronto nel merito: da alcuni militanti e dirigenti del Prc fino ad attivisti dei movimenti sociali (Napoli), dal M5S ai centri sociali a Sel (Roma) da Ross@ al Pcl e i movimenti sociali (Bologna).
La discussione che ne è emersa ha offerto qui e lì spunti interessanti, soprattutto perchè non era finalizzata a “fare sintesi” su due piedi. L’unica scadenza che è stata sottolineata in tutti gli incontri è quella del Controsemestre popolare che si apre con la manifestazione nazionale del 28 giugno a Roma e che dichiara da subito e apertamente la sua opposizione al governo Renzi ma anche all’Unione Europea. Sono questi infatti i due “antagonisti” con i quali incrociare la spada e la lotta nei prossimi mesi. Sul come farlo pesano indubbiamente gli effetti del processo di scomposizione sociale e di disgregazione politica che tuttora impedisce di rimettere in piedi processi ricompositivi sperimentati nella giornate di lotta del 18 e 19 ottobre scorso. Da un lato, anche se per il rotto della cuffia, ha tenuto l’opzione elettoralista della sinistra con la Lista Tsipras, dall’altro l’ipersoggettivismo che anche in questa occasione aveva puntato tutto sull’evento del vertice dell’11 luglio a Torino negandosi al confronto con il percorso sul Controsemestre europeo. E’ probabile che con questa situazione di ristagno occorrerà convivere ancora un po’, ma per nulla al mondo la Rete dei Comunisti ritiene di dover rinunciare a tenere in campo opzioni che guardino in po’ più in là delle armi di distrazione di massa che l’avversario utilizza continuamente per disorientare l’antagonismo politico e di classe.
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