Una corretta analisi del livello di scontro sociale e politico in atto in Europa è necessario parta dalla constatazione, che appare ormai quasi ignota ai più, dell’esistenza di due livelli di sistema politico: esiste, infatti, certamente un sistema politico europeo consolidato attorno ad una complessa “governance” e a una ridotta forma di rappresentanza e dominato, nella vulgata un po’ pressapochistica corrente, dalle tecnocrazie di Bruxelles e Francoforte, ma sussistono anche – e non ancora ridotti alla dimensione di sottosistemi – i diversi sistemi politici nazionali.
A questo proposito si può, infatti, affermare che la “cessione di sovranità” dagli uni all’altro stia avvenendo più lentamente del previsto: ciò si sta verificando mentre nel quadro planetario la geopolitica sta nuovamente sopravanzando la globalizzazione.
Intendiamoci bene, su questo punto, in ogni caso non arretra l’intreccio di affari tra i diversi campi in particolare nei settori del militare, dell’energia, dello scambio di tecnologie, ma qualcosa in questo senso sta cambiando e sensibilmente in particolare nei rapporti tra le due superpotenze imperialiste, mentre arretra e si marginalizza il ruolo dei cosiddetti BRICS.
In Europa la novità più importante che è possibile sottolineare in questo momento riguarda il sussistere di una sorta d’interscambio tra i diversi sistemi, nel quadro di un’idea di “Laboratorio Politico”.
In alcuni paesi, infatti, sono in corso una sorta di esperimenti su larga scala che poggiano comunque sul comune retroterra dell’obbedienza all’iperliberismo tecnocratico e alle politiche di austerità.
In questo senso va subito detto che i margini di possibile flessibilità ottenibili all’interno del presunto braccio di ferro tra Francia, Italia versus Germania, così come viene raccontato dai corifei di stampa e TV, risultano comunque del tutto risibili rispetto a un molto eventuale, ai limiti dell’impossibile, modificarsi del quadro complessivo a livello di governo europeo.
Dunque il discorso ci porta a considerare come in alcune situazioni di sistema politico nazionale sono in corso una sorta di esprimenti indirizzati a “testare” la possibile convivenza di situazioni specifiche al riguardo del quadro generale di dimensione europeo:
1) Grecia: appare evidente come il tipo di sperimentazione in atto in Grecia sia stato, e sia ancora, quello di spingere al “massimo ribasso” le condizioni sociali sul piano generale del lavoro, dello stato sociale, della condizione materiale di vita all’interno di un gigantesco meccanismo di pauperizzazione complessiva. Un esperimento in linea con quello attuato a partire dal 1973 in Cile, laddove i “Chicago – boys” provarono, attraverso il supporto politico della dittatura di Pinochet, condizioni di iperliberismo e di annullamento dei diritti sociali. Elementi che poi sarebbero stati alla base della “reaganomics” e dell’ondata reazionaria partita, a dimensione planetaria, dagli anni’80 e che non pare proprio aver ancora esaurito i suoi devastanti effetti;
2) Ungheria: l’esperimento in atto riguarda la compatibilità tra un regime di tipo sostanzialmente nazionalista e para-fascista e il quadro più o meno omogeneo delle grandi democrazie occidentali. Un tentativo, quello ungherese, che sembra proprio riuscito: nell’indifferenza dei più il regime ungherese appare tranquillamente compatibile con quello delle democrazie occidentali, nell’ambito dei trattati, del fiscal compact e di tutto il resto;
3) Italia: è questo l’esperimento in atto più interessante e pericoloso. Si tratta, infatti, di portare a compimento definitivo quello schema di riduzione nel rapporto tra società e politico da attuarsi allo scopo di soffocare definitivamente la domanda sociale e di conseguenza la democrazia rappresentativa che ne ha sempre costituito la naturale espressione politica. Una vicenda questa che non è certo cominciata ieri, ma che è partita da lontano: dal decisionismo di Craxi al maggioritario, dalla forzatura del finto bipolarismo al presidenzialismo surrettizio e anticostituzionale di Napolitano. Il governo Renzi rappresenta una sorta di “summa” di tutto ciò e agisce deliberatamente nella funzione di distruggere prima di tutto ciò che è rimasto in piedi della Costituzione Repubblicana nata, tanto per semplificare ed anche per esaltare, dalla Resistenza Antifascista (e si sente nell’articolato del ’48 tra centralità del parlamento e ruolo della rappresentatività politica). L’Italia si sta avviando, adesso, sulla strada del “Partito Unico Nazionale” cui il combinato disposto dell’abolizione del Senato elettivo e del sistema elettorale denominato Italikum offre su un piatto d’argento la prospettiva di eleggere da solo il Presidente della Repubblica e trasformare la repubblicana italiana in repubblica presidenziale, imprimendo a tutto il quadro sociale e politico una forte impronta di tipo autoritaria. Tutto questo nel pieno del trasformismo del ceto politico e della piaggeria del sistema dei media. In questo il governo Renzi rappresenta un punto di rottura rispetto ai precedenti di Monti e Letta, semplicisticamente allineati alle burocrazie di Bruxelles e Francoforte. Il vero elemento di incertezza rispetto a questo quadro difficile e complesso è rappresentato dalle vicende giudiziarie dell’altro grande contraente del cosiddetto “Patto del Nazareno”. L’opposizione deve reclamare con grandissima forza la rilegittimazione complessiva del sistema politico che potrà avvenire soltanto attraverso il voto popolare espresso usando il sistema proporzionale uscito dalla sentenza in materia espressa dalla Consulta il 14 dicembre 2013.
Riduzione al minimo delle condizioni praticabili dell’esistenza umana; fascismo nella sostanza dei fatti; svolta autoritaria in una grande democrazia.
Sono questi i tre punti d’aggancio presenti in questo momento tra il sistema politico europeo e quelli (pre esistenti) ai singoli livelli nazionali.
L’opposizione anticapitalista e alternativa deve saper leggere in modo chiaro e senza incertezze le cose così come stanno; occorre un forte sviluppo delle lette sociali e un’organizzazione politica.
Un intreccio indissolubile tra lotte e organizzazione politica per cercare – almeno – di cominciare a resistere.
Certo che, a questo punto, pensare “All’altra Europa” e, in Italia, a un nuovo centrosinistra appare proprio una pia illusione.
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