L’”intervento divino” c’è stato e l’uomo di Arcore è stato miracolato. Ma la corsa ad ostacoli continua e gli ostacoli sono ancora molti. Questa è con ogni evidenza una sentenza giuridico-politica, da mettere per metà sul conto di Coppi e per metà su quello del Nazareno. Leggeremo le motivazioni, ma sin d’ora si capisce che ad uscirne battuta è la “linea Ghedini” di difendersi “dal” processo, e vince la linea Coppi di difendersi “nel” processo. A questo proposito, credo che una ipotesi Coppi per la Corte Costituzionale, oggi acquista molti punti, mentre tramonta del tutto quella di Ghedini che, peraltro, si era detto indisponibile.
Ma la tattica avvocatesca ha un merito limitato, perché quello che ha contato di più è l’aspetto politico della vicenda: Berlusconi ha incassato il primo dividendo della linea collaborazionista sulle riforme istituzionali. Da questo punto di vista, il maggior beneficiario della sentenza non è lui, che resta abbondantemente sotto schiaffo, ma Renzi che riceve una boccata d’ossigeno in un momento molto difficile. Vediamo nel merito.
Dal punto di vista giudiziario, Berlusconi resta un condannato definitivo incandidabile, per di più deve affrontare ancora la Cassazione su questo caso e poi i processi di Bari e Napoli. Ovviamente, non è il caso di nutrire alcuna speranza nelle corti giudicanti (si è visto…), ma pur sempre resta non semplicissimo superare il fuoco di sbarramento di altri sette gradi di giudizio, tanto più che nel frattempo si aprirà la discussione sulla riforma della giustizia, cui probabilmente parteciperà anche il neo assolto Cavaliere e questo potrebbe irritare molti magistrati.
Dunque, dal punto di vista penale, la via di uscita è ancora molto lunga e non è detto che ci sia sempre un intervento divino, anche perché non è detto che Dio parli sempre in napoletano.
Peraltro, per quanto possa andargli bene, il tunnel giudiziario è lungo ancora diversi anni e, quando dovesse finire nel migliore dei modi, lui sarebbe un uomo intorno agli 85 anni. Ma il punto più delicato è il futuro politico di Berlusconi e del suo partito. La sentenza Coppi-Nazareno dice che lui può avere speranze di salvare le sue residue penne se non fa il matto e continua a fare il bravo, tanto nelle aule di giustizia quanto e soprattutto in quelle parlamentari. Dunque, Berlusconi è un assolto, ma anche un uomo condizionato, che deve pagare salatissimi prezzi politici. La sentenza non cancella uno stato di fatto per cui Fi è un partito in calo elettorale, con un leader incandidabile, diviso da forti fronde interne e con debole potere di coalizione. In queste condizioni, se continua nella linea di opposizione morbidissima che poi diventa collaborazione aperta sui temi delle riforme istituzionali, è un partito votato al tracollo, perché non avrebbe alcuna iniziativa politica. Questo Berlusconi lo sa, ma sta coscientemente vendendosi la sua impresa politica per salvare quella economica, oltre che sé stesso da un futuro assai grigio. Quindi, da questo punto di vista, non cambia nulla nelle sue prospettive, che sono quelle di una crescente marginalizzazione politica e di un tramonto più o meno lungo ma inesorabile. Lo so: l’uomo ha sette vite ed è sempre riuscito a riemergere, mentre già lo davamo per spacciato, però questa volta è alla soglia degli 80 anni, è incandidabile almeno sino a quando le norme restano queste ed ha un avversario molto forte che è il suo giovane clone. Mi pare complicato che riesca a farcela e resuscitare per l’ottava volta: le prime sette vite le ha già spese.
Ovviamente, questa linea ispirata alla pura sopravvivenza personale e che butta a mare il partito, non piace ai suoi parlamentari che -poverini!- vorrebbero salvarsi anche loro e cercano vie di fuga dalla barca che affonda. Qui, però, l’assoluzione può fare la differenza: il problema immediato del Cavaliere (e di Renzi) è quello di riguadagnare il dissenso sulla questione del Senato. Se i dissidenti non mollano ed arrivano a votare contro la valanga già si mette in moto, anche perché il Cavaliere, se vuole ancora essere preso sul serio, è costretto a cacciarli. La sentenza di ieri potrebbe essere un potente freno nella corsa verso il baratro e c’è da scommettere sul fatto che ogni singolo dissidente sarà esposto, nei prossimi giorni, ad ogni tipo di pressioni (e sottolineo “ogni tipo”). L’assoluzione potrebbe scoraggiare gli oppositori, inducendoli a pensare che sia ancora troppo presto per rompere con il Cavaliere. Se dovesse esserci la ritirata degli oppositori, sarebbe una vittoria per Berlusconi, ma molto di più per Renzi che è il principale interessato a queste riforme e che, in questo modo, isolerebbe anche il suo dissenso interno. In questo modo il colpo politico preparato da questa sentenza andrebbe davvero a segno. Beninteso: si tratterebbe pur sempre di un vantaggio tattico importante, ma non di una vittoria strategica. Ma a Renzi basterebbe, anche perchè subito dopo non ci metterebbe un secondo a scaricare il Cavaliere nel modo più cinico.
E un effetto già c’è stato facendo saltare il tavolo del confronto fra Pd e M5s che si è sottratto, avendo capito il vero senso della tattica dilatoria del Pd in questa vicenda. Ora è chiaro che le giravolte sull’incontro rinviato, la manfrina della lettera, poi il nuovo incontro nel quale il Pd non porta niente sul tavolo, erano solo espedienti per buttare la palla in avanti in attesa della sentenza. Ed è altrettanto evidente che il Pd aveva ottime ragioni per attendersi una sentenza come questa.
Dunque, questa assoluzione segna un punto importante a favore di Renzi, in un momento difficile, e accorda al Cavaliere un po’ di fiato, ma lascia invariato il quadro generale con le sue tendenze di fondo.
da http://www.aldogiannuli.it/
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Repubblica ha accolto la notizia dell’assoluzione con un aplomb tale da faf sospettare che sapessero già l’esito del processo d’appello, e naturalmente concordassero con questo “salvacondotto” concesso al Caimano. Spicca, non su quell pagine, ma soltanto nel blog personale sull’Huffington Post, l’urlo indignato di Lucia Annunziata. Non glielo avevano annunziato.
Ruby, Berlusconi assolto: finisce un’era. Ma chi vince oggi si vergognerà in futuro
Tutti a casa, compagni. La guerra è finita e noi la abbiamo persa. Per venti lunghi anni abbiamo dubitato del nostro Premier, lo abbiamo chiamato puttaniere, e lo abbiamo accusato di uso privato del suo potere. Sbagliato. L’uomo è in verità un politico integerrimo.
Altro che rottamazione. È quello che ci grida, dall’alto dei suoi scranni, il potere togato, quello stesso che abbiamo venerato per anni, e come smentirlo ora, ora che ha trasformato in un niente il reato di prostituzione minorile e di concussione?
Dalla pena massima, sette anni, alla assoluzione totale. Innocente. Rimane in realtà un pluricondannato, ma gli è stato tolto dalle spalle la più infamante delle accuse – quella del bunga bunga – che lo ha ridicolizzato nel mondo.
Altro che rottamazione renziana. Rottamato qui è il pilastro di una lotta politica. È la fine di un’era.
Ci rassegniamo dunque. Abbiamo sbagliato tutto. Del resto c’è chi vince e c’è chi perde, e tocca accettare le sconfitte.
Ma prima di chiudere il cassetto (e per la mia generazione è solo l’ennesimo, dopo aver chiuso quello della Rivoluzione, poi quello del governo dei Migliori, e infine anche quello almeno e solo del governo degli Onesti) vorrei qui condividere un paio di lezioni che porto con me in questa sconfitta.
La prima è che la parte che mi fa più pena di questa sentenza (sì, ho detto pena) non è la assoluzione dal reato di prostituzione minorile. Non sono mai stata una moralista e chi se ne frega se il premier ama fare cose così poco eleganti come le sue cene eleganti. Di quelle cose al massimo doveva rendere conto alle sue donne, che infatti gliela hanno fatte pagare. Penosa è l’assoluzione dal reato di concussione. Fatemi capire: un premier può telefonare in Questura e fare pressione sui dirigenti dello Stato, sui dipendenti da cui dipende il rispetto della legge, e questo gesto non è pressione, è una legittima iniziativa?
Sono un po’ sensibile su questo tema perché anni fa mi capitò di intervistare a In mezz’ora Annamaria Fiorillo, la giudice minorile a cui toccava dare il parere finale sull’affidamento di Ruby alla Minetti, parere che lei non diede. La giudice venne in televisione e tremava come un agnello mentre raccontava le pressioni subite, le telefonate ricevute, l’impazienza dei dirigenti della Questura, e ricordava il caos e la tensione che la telefonata del Premier aveva scatenato. La giudice era ancora scossa per le conseguenze di quella notte, ma c’eravamo sbagliati. Tutti loro avevano sbagliato. Non si trattava altro che di una telefonata del Premier che si informava su di una ragazza. Tutto normale. E che sarà mai. Da domani però ogni volta che mia figlia mi porta un pacco di multe, ci proverò anche io a chiamare in ufficio contravvenzioni, per dire “Non sapete chi sono io”. Tanto non è reato, e forse mi va pure bene.
La seconda lezione da trarre da questa sentenza è fare tanto di cappello al centrodestra italiano. Ha sempre detto che i giudici sono politicizzati. Che sia vero? Oppure i giudici sono molto attenti ai climi stagionali, come spiegarsi altrimenti oscillazioni così radicali tra il massimo di una sentenza e la assoluzione?
Però c’è da dire che un vantaggio c’è nell’attuale soluzione: c’è da #starsereni. Quando nel futuro rileggeremo la storia d’Italia il leader politico che ha firmato le riforme che cambieranno il sistema in vigore dal 1948 non sarà definito un condannato, bensì un politico integerrimo e, in più, perseguitato politico. C’è da #starsereni appunto: abbiamo un padre della patria a fianco di Matteo Renzi. Che poi questo era il punto, no? L’Italia aveva bisogno di riforme, e se serviva farlo con un condannato, è bastato togliere la condanna. Un classico caso di montagna che è andata da Maometto.
La assoluzione risolve così il maggiore problema che aveva il Premier, e il maggiore che il presidente Napolitano voleva risolvere. Si immagina che il Presidente sia stato correttamente terzo mentre si giocavano i destini di tante persone. Ma forse i giudici sanno interpretare oltre che le parole anche i silenzi. E in ogni caso, coerenti con quello che pensiamo, non arriveremo a contestare neanche questa loro decisione.
Una generazione esce sconfitta da questa sentenza, ha avuto torto. Ma speriamo che chi ha vinto abbia davvero ragione, e che sia valsa tutta la pena che si è dato. Non vorrei trovarmi poi nei panni di chi è vittorioso a breve e si vergognerà in futuro.
dall’Huffington Post
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