La lettera del Governatore della BCE Mario Draghi sulla “cessione di sovranità” ha suscitato ampi commenti di diversa natura dividendo economisti e politologi: in ogni caso è stata messa in evidenza la difficoltà di rapporti all’interno dell’Unione Europea causati dalla stipula di trattati di natura meramente monetaria e mercantile, al di fuori da qualsiasi idea di fondo al riguardo dello sviluppo politico dell’Unione.
Proprio per questo motivo vale la pena recuperare, almeno sul piano teorico, quel concetto di sovranità richiamato – appunto dal n.1 di Francoforte.
In una comunità giuridica evoluta i connotati delle sovranità possono essere individuati nell’originarietà, universalità, esclusività e inclusività:
1) Originarietà nel senso che la sovranità non deriva da un altro potere preesistente a esso: dal che se ne consegue la capacità di dare alla volontà collettiva un contenuto che la determini come ordinamento giuridico e la prerogativa di modificarlo senza limiti esterni (è proprio su questo punto che si colloca il tante volte denunciato “deficit democratico” dell’Unione);
2) Universalità come facoltà dei detentori del potere politico di prendere decisioni legittime ed effettivamente operanti per tutta la collettività;
3) Esclusività nel senso che le comunità politiche esercitano la propria supremazia senza alcune interferenza da parte di altri enti (BCE inclusa) e senza che, contro la propria volontà qualsiasi altro potere possa limitarlo;
4) Inclusività nel senso di facoltà d’intervento imperativo in ogni sfera d’attività dei membri del gruppo politico attraverso lo strumento dell’ordinamento giuridico (un passaggio fondamentale questo, nella modernità, al riguardo del rapporto tra politica ed economia, ma anche su di un altro versante al riguardo del persistere di una sfera di diritti intangibili rispetto al potere statale).
Sulla base di queste definizioni la nozione di sovranità è apparsa sempre intimamente connessa con quella di Stato.
Nel corso dell’evoluzione dello Stato moderno tutti gli attributi che hanno connotato la dottrina classica della sovranità hanno subito un indebolimento a ragione dell’affermarsi di dottrine concorrenti; prime fra tutte il federalismo e il cosmopolitismo.
E’ stata messa in discussione soprattutto l’esclusività dai fautori di un ordinamento cosmopolitico per cui il diritto internazionale ha assunto il carattere di vero e proprio ordinamento giuridico sovrastatale mentre il federalismo aveva già condotto a riconoscere l’esistenza di Stati non sovrani.
A questi elementi va aggiunto l’internazionalismo proclamato dalla lotta di classe anticapitalista che ha avuto principalmente tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 momenti di grande vitalità per poi ridimensionarsi immediatamente al momento dello scoppio della prima guerra mondiale.
La costruzione dell’Unione Europea non ha risolto questo intreccio di questioni ed è venuta avanti costruendo una sovrastruttura di potere esclusivamente riservato alle azioni di carattere finanziario ispirate dal modello monetarista frutto del “pensiero unico” sulla cui base si è sviluppata l’ondata neo-liberista a partire dagli anni’80 del XX secolo.
Adesso questa manovra mostra la corda e le scelte possibili, come sta dimostrando lo stesso “caso italiano” (e la risposta di Renzi alla lettera di Draghi non può essere considerata fintamente entusiastica; perché l’assenso era del tutto genuino) è quella della critica del parlamentarismo: sola via possibile alla realizzazione del modello di cessione della sovranità, da parte di Stati indeboliti nel loro assetto istituzionale.
L’Italia sta fungendo da “laboratorio politico” in questo senso, all’interno del tessuto politico italiano si sta tentando di provocare una vera e propria “crisi della dottrina dello Stato” nel senso schmittiano del termine., esaltando meccanismi autoritari e repressivi.
Possiamo rispondere in un solo modo: proclamando la nozione di sovranità popolare quale fondamento teoricamente legittimante della sovranità. Sovranità evidentemente violata dal dispregio in cui appare essere tenuta l’istituzione parlamentare e l’adozione di leggi elettorali insieme maggioritarie e limitatrici della presenza di un pluralismo delle opposizioni all’interno delle istituzioni attraverso l’introduzione di soglie di sbarramento diversificate tra apparentamenti e presentazioni autonome.
Questo elemento fondamentale non esiste nell’ordinamento europeo e lo si sta cercando di cancellare in quello italiano.
Un punto da cui ripartire esercitando l’opposizione più netta a questi disegni di cancellazione della democrazia.
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