Si può affermare che oggi, dopo il lungo duello novecentesco tra liberalismo e comunismo, ha finito con il prevalere una forma di totalitarismo tecnocratico e organicistico.
Che ne è delle contrapposizioni economiche, politiche e ideali tra le classi, della concorrenza tra partiti e programmi politici alternativi? Per dirla con le parole dell’attuale capo dello stato si tratterebbe oggi di “contrapposizioni ideologiche… datate e insostenibili”. Abbiamo capito bene, il dissenso radicale, in questo paese, non è più sostenibile e tollerabile. Napolitano lo ha detto in occasione della rievocazione della Grande guerra, mandando un segnale chiaro ai militari e alle forze dell’ordine: i nemici sono l’ISIS, la sinistra antagonista e tutti coloro che non accettano il neoliberismo imperante. Nemico esterno e nemico interno sono da considerare sullo stesso piano, in perfetto stile totalitario.
Chi pensava, sull’onda di Carl Schmitt, che la società capitalistica e tecnologica avanzata potesse indurre ad una forma di spoliticizzazione totale, si sbagliava. Oggi il nemico viene costruito da chi detiene le leve della politica economico – finanziaria, in base agli interessi contingenti del momento che possono contemplare l’attacco a beni detenuti dalle comunità, la distrazione da problematiche economiche e sociali incombenti, la possibilità di fare profitti cavalcando forme di psicosi.
La polarizzazione amico/nemico ritorna in modo imprevisto ed estremamente versatile: il pericolo si annida nell’estremista islamico che decapita e che potrebbe arruolarsi partendo dall’Europa, nel virus ebola, nelle “provocazioni” della Russia, nelle manifestazioni di dissenso dei disoccupati, degli sfrattati, dei marginali e dei dissenzienti rispetto al sistema, nell’inefficienza delle poche sacche di economia pubblica ancora intatte. Non ci si deve allora stupire se l’UE appoggia un governo ucraino uscito da un golpe di piazza e sostenuto da forze neonaziste, se tollera la situazione in Ungheria, se è un tutt’uno con la politica aggressiva e guerrafondaia della NATO. La coerenza di una politica, solo apparentemente schizofrenica, si deve rintracciare nel principio per il quale chi ferma la macchina del potenziale profitto è, per ciò stesso, un nemico, si tratti dell’operaio che tiene stretto il suo posto di lavoro e i suoi pochi diritti, del NO TAV che cerca di preservare salute e territorio, del siciliano o del sardo che non vogliono essere cavie per esperimenti militari.
La volontà di costituire il partito della nazione e di elevare uno sbarramento invalicabile con la nuova legge elettorale, costituiscono il software più congeniale per costruire una dimensione politica tesa ad occultare la dialettica economica reale tra capitale e lavoro, puntando ad alimentare una contrapposizione fittizia tra élite neoliberiste in lizza tra loro, rafforzata dalla completa espulsione del dissenso radicale dal sistema.
Per dirla in parole povere, se il conflitto non viene rappresentato in parlamento, dai media, nella pubblica opinione, semplicemente non esiste. Quando riesce ad emergere, il conflitto assume allora le sembianze del nemico esterno e diviene, pertanto, un semplice problema di ordine pubblico e di difesa nazionale.
* Ross@ Verona
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