A prima vista è stato sorprendente, stamattina, vedere i giornali berlusconiani – Panorama, Giornale, Libero – fare a gara per illustrare i contenuti delle famose telefonate intercettate tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino.
La nota con cui il Quirinale rimanda al mittente il tentativo di ricatto non fa ovviamente nomi, ma senbra abbastanza trasparente.
«La campagna di insinuazioni e sospetti nei confronti del Presidente della Repubblica ha raggiunto un nuovo apice con il clamoroso tentativo di alcuni periodici e quotidiani di spacciare come veritiere alcune presunte ricostruzioni delle conversazioni intercettate tra il Capo dello Stato e il senatore Mancino.Alle tante manipolazioni si aggiungono, così, autentici falsi. Il Presidente, che non ha nulla da nascondere ma valori di libertà e regole di garanzia da far valere, ha chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi in termini di principio sul tema di possibili intercettazioni dirette o indirette di suoi colloqui telefonici, e ne attende serenamente la pronuncia.
Quel che sta avvenendo, del resto, conferma l’assoluta obbiettività e correttezza della scelta compiuta dal Presidente della Repubblica di ricorrere alla Corte costituzionale a tutela non della sua persona ma delle prerogative proprie dell’istituzione. Risibile perciò è la pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter “ricattare” il Capo dello Stato. Resta ferma la determinazione del Presidente Napolitano di tener fede ai suoi doveri costituzionali. A chiunque abbia a cuore la difesa del corretto svolgimento della vita democratica spetta respingere ogni torbida manovra destabilizzante».
Nessun altro avrebbe potuto tentare un’operazione di ricatto simile. Non i pasdaran de “Il fatto”, che avrebbero in questo modo trascinato nel baratro quei magistrati che dicono di idolatrare. Non la pseudo-sinistra “giustizialista”, dipietrista o grillina, per motivi simili, oltre che per evitare un prematuro suicidio mentre ha ancora il vento in poppa.
Solo i berlusconiani – attenzione: non il solo Berlusconi – potevano tirar fuori una cosa del genere in questo momento.
C’entrano poco le elezioni, se anticiparle oppure no (tutti sanno che voteremo alla scadenza naturale, in primavera, perché il governo deve varare e far approvare dal parlamento a raffiche di fiducia centinaia di “decreti attuativi” del grappolo di “riforme” fin qui approvate con lo stesso sistema; se non lo facesse, di tutto il lavoro sporco da novembre ad oggi ben poco diventerebbe norma effettiva (a parte le pensioni).
Ma c’è il “pacchetto giustizia”. Su cui il governo, banalmente, deve “armonizzare” la legislazione italiana con quella europea. Sarebbe singolare, infatti, che l’Europa sia il parametro di misura per la politica economica, finanziaria, del mercato del lavoro, ma non per quanto riguarda le regole comuni che fanno funzionare anche l’economia. Per esempio: è noto che l’Italia presenta il tasso di corruzione più elevato dell’eurozona, seconda forse solo alla disastrata Grecia. Ed anche che la corruzione incide negativamente sulla crescita del prodotto interno lordo, quindi sulle entrate delle stato (insieme all’evasione fiscale, sua parente stretta).
Basterebbe anche solo questo per capire come l’intero mondo che fin qui ha prosperato dietro il berlusconismo come “stile di vita in società”, e che ha fatto dell’impunità pratica un fatto naturale e un atto dovuto, sia in fibrillazione a causa delle strette – effettive o sceneggiate – messe in mostra dalla guardia di finanza, o a causa del rassegnato intento del governo a rivedere le norme sulla corruzione (chissà perché si continua a tacere sul falso in bilancio, che con l’economia reale c’entra anche di più) secondo standard europei.
E infine le intercettazioni. La bestia nera del Cavaliere, nel corso dei mesi, è diventata tale anche per Napolitano – a causa dello stillicidio di allusioni e mezze parole che lo hanno riguardato per le chiacchierate con Nicola Mancino a proposito dell’inchiesta palermitana sull’arcinota “trattativa stato-mafia – e per lo stesso Pd, che ha fatto vedere in modo clamoroso (Violante, ecc) che non ne può più del “controllo di legalità” un tempo difeso a spada tratta ma che alla fin fine ha travolto anche suoi uomini potentissimi (Filippo Penati, e tanti altri minori).
Il cordino intorno al collo dell’indipendenza della magistratura, insomma, era già ben posizionato. La stretta non era stata immediata, ma nel tempo – mesi, non anni – si sarebbe arrivati a stringere fino all’asfissia. Anche la delegittimazione di singoli magistrati poteva trovare ormai sponsor anche nei quotidiani autorevoli e indipendenti (il Corriere, passando per la spaccatura interna a Repubblica, tra “scalfariani” e “zagrebelskiani”).
Chi è che avuto ha troppa fretta?
Il ceto sociale e affaristico che sta già pagando la stretta imposta dall’Europa sugli “sprechi”, la corruzione, gli appalti, la spesa “non ordinaria” fuori controllo. E’ vero che sono i lavoratori dipendenti, i precari e i pensionati a essere il bersaglio privilegiato del governo. Ma la massa di risorse da reperire per “far quadrare i conti” dello Stato va ben al di là delle briciole che si possono strappare a settori di classe con i redditi già ridotti all’osso. Tutta la riforma delle pensioni vale pochi miliardi spalmati su più anni. All’immenso “sacrificio” imposto a milioni di persone, abbassandone il reddito fino alla soglia di povertà, non corrisponde infatti alcuna cifra risolutiva.
Una “grande opera” inutile ciuccia miliardi come noccioline, l’evasione fiscale trattiene cifre da poterci fare tre o quattro finanziarie l’anno, persino secondo i criteri omicidi del fiscal compact. Anche qui, dunque, il bisturi montiano deve cominciare a incidere. Sgradevolmente.
L’insofferenza di Napolitano e Monti per una parte – quella attiva e “che non guarda in faccia a nessuno” – della magistratura è sembrata l’occasione per arrivare “finalmente” a fare piazza pulita. Restituendo al potere quella “riservatezza intangibile” che è poi il cuore della gestione di ogni potere.
Ma Napolitano e Monti non hanno tradotto rapidamente quell’insofferenza in atti. E quindi a qualcuno è venuto in testa di far vedere quali disastri poterbbero accadere – a chiunque – se non si procede di corsa. Subito.
Ma lo ha fatto decisamente male. Al punto da mettere se stesso, invece che i magistrati, sulla graticola. Aprendo, per di più, una partita dall’esito incerto che rischia di lacerare quella “strana maggioranza” che ha fin qui sostenuto Monti e che, soprattutto, deve garantire la continuità di politiche “europee” anche nella prossima legislatura.
E’ proprio vero, i reazionari sollevano le pietre al cielo per poi lasciarle cadere sui propri piedi…
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LUCIANO
Riportare una così lunga citazione di Napolitano che cerca di sviare le critiche proclamandosi difensore della Costituzione ecc. senza chiosare che si tratta dello stesso Presidente che più di tutti ha violato la Costituzione costringendo il Parlamento a votare per la guerra alla Libia ed è pronto a rifarlo per la Siria, mi pare troppo generoso da parte di chi scrive.
Condivido Staffo sul fatto che non bisogna illudersi “che con gli attuali rapporti di forza una quache parte delle istituzioni possa fare scelte condivisibili”.