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La Nuit Debut e il populismo di sinistra

Sabato 9 aprile 200 cortei di protesta hanno invaso le strade francesi, mentre i manifestanti si sono scontrati con la polizia a Parigi; Nantes e Rennes. Come annota il manifesto è stata la sesta mobilitazione nel corso di un mese contro la legge El Khomri (la versione francese del Jobs Act di Renzi). Ove si consideri l’imbelle comportamento delle nostre organizzazioni sindacali (ad eccezione dei sindacati di base), non si può che provare un senso di invidia nei confronti della capacità di resistenza del proletariato francese nei confronti dell’aggressione neoliberista. E l’invidia cresce ulteriormente perché, assieme a queste grandi manifestazioni, è nato e rapidamente cresciuto un altro movimento, che si autodefinisce La Nuit Debout e presenta evidenti analogie con le esperienze di Occupy Wall Street negli Stati Uniti e degli Indignados spagnoli.

Il tutto è iniziato il 31 marzo, come racconta il Guardian, quando un gruppo di qualche centinaio di persone che avevano partecipato alla manifestazione di quel giorno, invece di andarsene a casa, si son dati appuntamento in Place de la République, dove si sono riuniti in assemblea per discutere di lavoro, diritto alla casa, repressione poliziesca, leggi speciali (quelle del dopo Bataclan che Hollande vorrebbe rendere permanenti), diritti dei migranti e molto altro ancora. Da quel giorno l’appuntamento si ripete ogni sera, mentre il numero dei partecipanti aumenta e l’iniziativa si estende ad altre città francesi e si internazionalizza, “contagiando” Belgio e Spagna.

Secondo Le Monde a motivare i partecipanti è soprattutto la possibilità di prendere finalmente la parola, di esprimersi liberamente contro tutto ciò che li fa arrabbiare e peggiora le loro condizioni di vita, ma anche l’occasione di socializzare, di condividere rapporti paritari e solidali, di costruire comunità in un mondo sempre più anomizzato e individualizzato. Un popolo di sinistra incazzato, frustrato e deluso, che si sente tradito da chi dovrebbe rappresentarlo e in cui si ritrovano persone di ogni età, professione ed etnia: studenti, professori, pensionati, operai, impiegati, artigiani, migranti.

L’iniziativa non è stata del tutto spontanea ma è subito andata al di là delle intenzioni dei promotori (pare che a idearla siano stati gli attivisti di una rivista di sinistra, assieme al team che ha realizzato un documentario sulle lotte operaie) ed è cresciuta autonomamente, dandosi regole già sperimentate da analoghi eventi: c’è una moderatrice che raccoglie le iscrizioni a parlare, gli interventi non devono durare più di tre minuti, hanno inventato un codice di gesti per esprimere approvazione o dissenso nei confronti di quanto viene detto, si sono create commissioni tematiche, ecc. Ma probabilmente ciò che più accomuna questa esperienza a quella di Occupy Wall Street e degli Indignados è l’orizzontalismo (niente leader o portavoce, ognuno rappresenta solo sé stesso), la sfiducia radicale nei confronti di qualsiasi forma politica organizzata (partiti, movimenti e sindacati), per cui i leader di sinistra si fanno vedere ma non prendono la parola, né sono gradite bandiere e altri simboli.

Si tratta, assieme alle manifestazioni di cui sopra, di un potente sintomo della crisi di un sistema politico che non riesce più a gestire/mediare il conflitto, ma si tratta anche della conferma della necessità di inventare forme organizzative che sappiano tenere insieme l’asse orizzontale e l’asse verticale dei movimenti. La Nuit Debout è una sorta di “grado zero” del populismo che, se resterà tale, è destinato a refluire, come è capitato a Occupy Wall Street (pur senza dimenticare che, in sua assenza, non avremmo probabilmente assistito a un fenomeno politico come Bernie Sanders), e come sarebbe capitato agli Indignados se la loro esperienza non avesse trovato sbocco nella struttura organizzativa (ancorché innovativa) di Podemos. Insomma: per ottenere risultati politici, il populismo di sinistra deve andare oltre sé stesso, ma a loro volta le sinistre non possono rigenerarsi se non attraversando l’esperienza populista.

da http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/

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