Franco Astengo
Infine Matteo Renzi ha pronunciato la frase storica del populismo: vedremo con chi starà il popolo.
Si tratta dell’idioma tipico dei leader che vogliono essere plebiscitari, ricevere cioè l’unzione senza intermediazioni di sorta, né dal diritto divino, né da quello terreno.
Una situazione molto pericolosa quella che si profila, in Italia, alla vigilia del referendum confermativo riguardanti le modifiche costituzionali: un referendum che, tra l’altro, nel merito – com’è spiegato benissimo nel documento redatto da 55 costituzionalisti – non contiene certo la carica eversiva che dall’alto della Presidenza del Consiglio si vorrebbe imporre.
E’ il caso però di riflettere su questa frase pronunciata da Renzi che contiene in verità l’essenza di quel populismo tanto invocato e anche deprecato in altri.
Sicuramente è molto più “populista” pronunciare una frase del genere che non i “vaffa” di Grillo o i proclami comizianti di De Magistris.
Per quanto riguarda la parola populismo, bisogna ricordare prima di tutto che questa parola è arrivata nella lingua italiana dalla lingua inglese, da populism. Ma la parola era nata in realtà in Russia e la parola originaria, poi tradotta nella lingua inglese, era la parola russa narodnicestvo. Ricordo che narod in russo significa popolo. Quella parola indicava un movimento di giovani intellettuali che, alla fine dell’Ottocento, aspiravano a una sorta di socialismo e di uguaglianza soprattutto da estendere ai contadini russi in opposizione allo strapotere degli zar. La parola venne tradotta nel 1891 dal russo col termine populism negli Stati Uniti, dove era nato il People’s Party, un partito di ispirazione popolareggiante che in parte riprendeva le idee dell’analogo movimento russo. Ai primi del Novecento la parola populism e anche l’aggettivo sostantivo populist venne trasferito in un certo senso e nella lingua francese e nella lingua italiana. Da allora in poi nella lingua italiana il termine populismo, il termine populista hanno sempre avuto una sfumatura spregiativa, evocando un atteggiamento, un tipo di potere che si basa su un facile demagogismo. A dare una sfumatura negativa al termine populismo ha contribuito il fatto che questa parola è stata usata ormai da lungo tempo per indicare il tipo di politica attuata da Juan Domingo Perón in Argentina tra il 1946 e il 1955. In un certo senso d’allora la parola populismo evoca immediatamente questo tipo di atteggiamento di tendenza e di potere. La parola populismo si è diffusa ormai nella lingua italiana da molto tempo. Sicuramente ha contribuito alla sua diffusione, al suo successo, anche il titolo di un libro pubblicato nel 1965. Il libro era Scrittori e popolo. Il populismo nella letteratura italiana contemporanea. E l’autore è Alberto Asor Rosa. Grazie anche al successo di quel libro, oggi usiamo tutti, ormai da molto tempo, la parola populismo.
Il fenomeno del populismo è stato, nel tempo, caratterizzato da alcuni elementi quali l’esistenza di una situazione socio-economica in rapido mutamento come è considerata l’attuale nella transizione dal post – industriale alla comunicazione globalizzata e individualistica e dall’emergere di un leader carismatico, che si presenta come portavoce delle esigenze del popolo; la mobilitazione delle masse da parte del leader attraverso l’esaltazione dei valori nazionali (tipica in Renzi, aiutato in questo da un servilismo evidente da parte del sistema dei media) e l’instaurazione con esse di un rapporto diretto, non mediato dalle istituzioni tradizionali (dispregio del Parlamento e dei corpi sociali intermedi: anche questo tratto tipico in Renzi). Spesso tali regimi furono sostituiti al potere dalle forze armate l’unica istituzione consolidata in grado di mantenere un elevato controllo sociale.
Corriamo in Italia questo pericolo?
Certo che il nazionalismo bellicista di cui il PD si è fatto portatore non induce a formulare pensieri positivi.
Altro elemento tipico del regime populista instaurato in Italia è quello della “questione morale” fondata su di una corruzione diffusa da parte delle diverse cordate locali che reggono il partito e le amministrazioni decentrate: accadde così anche con il fascismo (che pure non era un regime populista, ma totalitario di massa).
In questo caso accostare il PD a Berlinguer come hanno fatto esponenti del M5S (totalmente incapaci di sviluppare analisi politica e portatori di un vero provincialismo di maniera) è davvero “absit iniuria verbis”.
E’ questo il quadro che si presenta, all’interno del sistema politico italiano, alla vigilia di scadenze importanti al riguardo delle quali fanno da contorno provvedimenti pericolosi come l’adozione del “modello Marchionne” sul piano delle relazioni industriali, i regali fatti a un proditorio e presunto “sistema delle imprese” con il job act, lo scontro diretto con la magistratura, la vocazione guerrafondaia.
Sarebbe necessaria un’opposizione non fondata, però come avviene adesso, su similitudini molto forti con il modello offerto dal governo in carica.
Un sistema ridotto a semplice lotta nel potere per il potere: pericolosi apprendisti stregoni.
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