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Legge Boschi. Chi dà del fascista a chi?

Dunque secondo la ministra Boschi chi vota No alla controriforma della Costituzione è contiguo a Casapound, cioè per dirla come lei vuole che noi capiamo, è un fascista. Quindi il referendum di ottobre è un nuovo capitolo della lotta partigiana, o Renzi ciao ciao ciao.

L’ANPI si è schierata per il NO, basterebbe questo per qualificare l’affermazione della ministra come una stupidaggine. Ma le stupidaggini politiche non vanno mai sottovalutate, soprattutto in un paese come il nostro, sottoposto da decenni al progressivo degrado della democrazia e con un sistema informativo che ci vede all’ottantesimo posto nel mondo per libertà di stampa.

La ministra Boschi è colei che dà il proprio nome alla controriforma della Costituzione, non è quindi uno di quei cialtroncelli che sparano dichiarazioni assurde per compiacere Renzi, è la costituzionalista ufficiale del Partito Democratico e come tale parla. Se ha lanciato un messaggio così brutale e insultante lo deve aver fatto per un preciso calcolo. Lo scopo della sua affermazione non è tanto quello di colpire chi non la pensa come lei, ma soprattutto quello di convincere l’elettorato del suo partito che si può serenamente sostenere un progetto autoritario e pericoloso, perché i fascisti si oppongono ad esso.

Questi dirigenti del PD renziano sono fatti così. Cancellano l’articolo 18, applicano le politiche liberiste sulle pensioni volute da banche e Troika, tagliano i servizi pubblici e privatizzano, esaltano il mercato e le multinazionali, vantano l’amicizia con gli imprenditori che colpiscono i diritti dei lavoratori, passano il tempo ad insultare i sindacati. E se qualcuno obietta che una forza di sinistra non dovrebbe fare propri i comportamenti e le categorie dello spirito della destra liberale, allora rispondono che costui è vecchio, ideologico, attaccato ai miti del passato. Poi arrivano le elezioni e i referendum e questi nuovi leader piddini riscoprono improvvisamente le più antiche bandiere della sinistra. Preoccupati che il loro stesso elettorato trovi un pò troppo moderno stravolgere la Costituzione antifascista assieme a Verdini, ecco che Renzi e Boschi lo chiamano a raccolta contro la minaccia di Casapound.

Quando nel 1953 la Democrazia Cristiana volle la cosiddetta legge truffa, quella che avrebbe assegnato allo schieramento che avesse raccolto il cinquanta per cento più uno dei voti i due terzi dei seggi in parlamento, si opposero ad essa sia le sinistre, sia i liberali, sia i fascisti ed i monarchici. La somma dei voti popolari di tutte queste forze fu superiore a quella della DC e dei suoi alleati, che così non raggiunsero la maggioranza. La legge truffa non entrò in funzione e fu una vittoria della democrazia, come commentò allora Ferruccio Parri. Colui che era stato leader dell’antifascismo e capo del governo italiano dopo il 25 aprile 1945 si era schierato contro quella legge, senza preoccuparsi che anche i neofascisti votassero come lui.

Nel 1953 la Democrazia Cristiana voleva i due terzi dei seggi in parlamento, che avrebbero permesso radicali cambiamenti alla Costituzione, senza avere i voti corrispondenti. Però allora sarebbe stata comunque necessaria la maggioranza assoluta dei suffragi popolari per raggiungere quello scopo. Oggi Renzi e i suoi hanno fatto molto peggio. Hanno cambiato la Costituzione a colpi di voto di fiducia in un parlamento di nominati, delegittimato dalla Corte Costituzionale e con una maggioranza che rappresenta poco più del trenta per cento dei voti raccolti. La DC degli anni cinquanta chiedeva i voti prima di cambiare la Costituzione, Renzi ha demolito la Costituzione antifascista prima di chiedere i voti. E per maggiore sicurezza si è fatto una legge elettorale, l’Italicum, che assegnerà un potere quasi assoluto a chi vince le elezioni anche solo con il venticinque per cento dei voti.

I rischi concreti per la democrazia sono contenuti nella legge Boschi e vengono ora confermati dalla campagna a suo sostegno avviata dal presidente del consiglio. Quando si insultano coloro che non sono d’accordo, quando li si deride, archeologi è l’ultima battuta, quando si vanta il nuovo contro i passatisti e soprattutto quando un referendum sulla costituzione diventa un plebiscito per il capo, si è già fuori dai canoni della democrazia. È persino troppo facile ricordare che la storia italiana ha un solo precedente di questo tipo: il plebiscito del 1929 indetto da Mussolini. Ma non si può pretendere certo che gli attuali governanti conoscano la storia. Altrimenti sarebbe più cauta la ministra Boschi, che recentemente si è vantata di ispirarsi a Fanfani. Il leader della DC che nel 1974 assieme ad Almirante tentò con un referendum di abolire la legge sul divorzio. Per fortuna vinse il No e l’Italia divenne un paese più civile.

Contrariamente a quanto sostiene il presidente del consiglio, non sempre il Si è costruttivo e il No distruttivo. A volte nella storia d’Italia sono stati proprio i No a costruire, mentre il Si distruggeva. Di fronte alla distruzione della Costituzione nata dalla lotta di liberazione, gli accostamenti della ministra Boschi fanno venire in mente il vecchio adagio popolare del bue che dava del cornuto all’asino. Chi dà del fascista a chi? Ma vergognatevi…

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