Pubblichiamo questo intervento del compagno professore Giuseppe Aragno di Napoli, che ha chiesto al nostro giornale di rendere nota queste sue note di amara riflessione.
Redazione Contropiano Napoli
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Salute mentale: sinistra e sinistri
Caro Daniele, so che sul piano umano ci legano stima, rispetto ed esperienze di lotta lontane di qualche anno, ma vissute assieme, quando ero praticamente l’unico prof. e l’unico vecchio che stava con gli studenti nelle assemblee e nelle piazze. Di quei ragazzi, oggi più o meno adulti, tu, Viola, Giovanni, Diana, Mauro, Eddy, Federica, Luca, Salvatore e Roberto, per me eravate e siete i migliori. Ho seguito le scelte di tutti, senza schierarmi con nessuno. Ai miei occhi siete tutti uguali. Scrivo a te come farei con loro. A voi mi sento unito da sentimenti profondi e credo che, se non altro, anche voi mi riconosciate lealtà e onestà intellettuale.
Non sarò breve, ma non ti annoierò. Esco dal Comitato di lotta per la salute mentale. Ci passerò davanti per il tempo che ho da vivere, ma tirerò diritto. Poche decine di metri e m’infilerò nell’Archivio di Stato, come faccio da sempre. Qualche volta, passando, ricorderò che lì dentro un tempo aveva sede la fascistissima Opera Nazionale Maternità e Infanzia e un “Consultorio”: promesse di farmaci e cure che non aveva e donne ridotte a sguattere di padri e mariti, buone per soddisfare bisogni sessuali e produrre carne da cannone. Come le persone, anche i luoghi si portano dentro il meglio e il peggio della loro vicenda ed è un conflitto perenne.
Lì, in questi ultimi mesi, la bella storia dei disoccupati organizzati mi è sembrata scontrarsi con i fantasmi di un passato atroce, ma i disoccupati non c’entrano nulla con il Comitato. Me ne sono andato, quando ho capito che lì non si combatte la violenza assassina della psichiatria securitaria, ma si replicano meccanismi di esclusione che producono disagio. Il dissenso e ogni rifiuto di stupide verità di fede, lì diventano “tradimento” e il colpevole è trattato secondo modalità impregnate di esclusione: un atto di guerra, che genera sofferenza e si traduce in una maggiore e più grave esclusione. E’ un pericoloso paradosso: chi affonda il coltello è quello che pretende di curare il dolore della ferita.
Io penso che tutto ci insegni qualcosa e oggi capisco meglio il senso di una storia che nessuno racconta più: quella dei primi socialisti napoletani che ruppero con la liturgia del “muro contro muro” e con la bibbia rivoluzionaria e per la prima volta nella storia della città portarono militanti operai a Palazzo San Giacomo. Anche allora i “puri e duri” gridarono allo scandalo; qualcuno passò per “traditore” e qualche altro fu minacciato o aggredito da chi è sempre più rivoluzionario di tutti e sta nell’ombra, in attesa di un passo falso, pronto a sputare sentenze: io ve l’avevo detto! Quei socialisti aprirono una stagione di crescita collettiva; sindacato, partito, coscienza di classe e sciopero contro il nemico di sempre: la disoccupazione. Fino a qualche decennio fa, al cimitero degli uomini illustri, ogni tanto qualche vecchio operaio lasciava sulla tomba di Arturo Labriola, pro sindaco di Napoli per una breve stagione e Ministro del Lavoro con Giolitti, un piccolo foglio con su scritto: “Grazie”. Il “traditore” Labriola, il figlio di quella stagione felice in cui capimmo che la politica è soprattutto costruzione di alternative che ci chiedono di sporcarci le mani, metterci la faccia, l’anima e il corpo per spostare tutto dalla nostra parte, Labriola assicurò una pensione agli invalidi di guerra. Erano più di mezzo milione. Certo, talvolta sbagliò, ma tu lo sai bene: chi fa può sbagliare, ma chi se ne sta fuori, tanto sa già come finisce, chi tace quando va bene e si prende i vantaggi, però se va male punta il dito, quello sbaglia di certo. E sbaglia più di tutti.
Me ne sono andato dal Comitato di lotta con l’etichetta del “traditore” e poiché non sto al gioco, rompo con consuetudini omertosa e porto fuori dal Comitato calunnie, menzogne e minacce. C’è un treno che passa. Porta con sé speranze di cambiamento e non voglio prenderlo. Voglio stare con voi, ragazze e ragazzi, che siete cresciuti e state dando una grande prova di maturità, tutti, nessuno escluso. Io non credo che voi siate “ignari della vostra triste ignoranza”, come pensa il Comitato che lascio.
A Napoli da un po’ c’è un Osservatorio sulla Salute Mentale, preziosa risorsa per la difesa di diritti negati e la tutela di gente che soffre. Finora non ha funzionato; lo hanno impedito alcuni sedicenti rivoluzionari, per ragioni che non hanno nulla da spartire con la rivoluzione. Abbi pazienza e stammi a sentire.
Alla fine del 2014, il Comitato di lotta per la salute mentale mi chiese di parlare con il sindaco, per ricordargli una pratica aperta: quella dell’Osservatorio per la salute mentale di cui s’erano perse le tracce. A me questi problemi stanno a cuore, perché mia madre ha subito elettrochoc e ricoveri coatti e anche io ho avuto problemi, perciò accettai e mi sembrò chiaro: se ti rivolgi a un sindaco, sai di parlare con un esponente delle Istituzioni. Potrai avere il massimo dell’autonomia, ma questo la sai. Si può fare in altro modo? Certo. C’è sempre una via alternativa, ma è chiaro che nessuno avrebbe riconosciuto un organismo senza un ruolo istituzionale. Ne parlai più volte con De Magistris e con me sono venuti anche componenti del Comitato; il sindaco riconobbe l’utilità dell’iniziativa e fece la sua parte. Nacque così un organismo composto da militanti designati dal Comitato, che sono però nominati formalmente dal sindaco. Non ci sono mai entrato, ma lo ritengo patrimonio di tutti, prezioso per aiutare chi soffre: può chiedere dati sui ricoveri, entrare nelle strutture dove si bada – o si dovrebbe badare – alla salute mentale, osservare e denunciare irregolarità e maltrattamenti. Un organismo istituzionale, certo, ma autonomo, perché la controparte non è il Comune. Il sindaco, infatti è garante della salute dei cittadini, ma le scelte politiche e la gestione delle strutture sono competenza della Regione e delle ASL.
Ottenuta la delibera, sono cominciate le polemiche perché l’Amministrazione non ha ancora provveduto per una sede. Il Comune ha offerto un locale a Sant’Eligio, ma ci vogliono parecchi soldi per ristrutturarlo. Una sistemazione dignitosa in un centro sociale non interessa al Comitato che, però, a ridosso delle elezioni, ha manifestato all’esterno della sede di Sant’Eligio, attaccando il sindaco. Sono mesi che un’arma aguzza, forte del lasciapassare necessariamente istituzionale, invece di mirare alla Regione e all’ASL, è puntata contro il Comune che l’ha fatta nascere e si perde in chiacchiere e polemiche senza capo né coda. Durante la campagna elettorale, un membro del Comitato ha fatto circolare feroci attacchi al sindaco. La guerriglia in atto, che ufficialmente si fa in difesa di un’autonomia mai negata, non ha senso.
Lo scontro frontale è nato per un protocollo d’intesa tra Comune, Tribunale dei minori e Vigili Urbani, che riguardava i ricoveri coatti. Era un pessimo protocollo e l’Osservatorio lo ha contestato. Anche stavolta mi è stato chiesto di contattare il sindaco per una riunione con lui e con l’Assessore Gaeta. L’Amministrazione è stata chiara: avete ragione, ma noi non siamo psichiatri e non sappiamo farne uno migliore: fatelo voi un testo che Tribunale e Vigili possano firmare. Si è scelto di fare così. Il Comitato si è impegnato, nessuno ha fatto obiezioni, nessuno ha contestato, ma nessuno ha riscritto il protocollo. Purtroppo la contraddizione non si risolve: o stai fuori delle Istituzioni – e sai di non poterlo fare – o stai dentro e fai un lavoro politico, come hai concordato. Tertium non datur. Viene la volta nella vita che devi decidere cosa vuoi fare da grande. Poiché la contraddizione è di quelle paralizzanti, tutto si è fermato. Questo comportamento irresponsabile avrà una sola conseguenza: il protocollo passerà com’è e i pazienti pagheranno i capricci di un Comitato che non sa cosa vuole. Da un po’ i colpevoli di questo immobilismo sono stati individuati: siamo due, chi scrive e Raffaele Di Francia, i «complici» di De Magistris.
Credo che ora tu possa capire il senso delle lettere che potrai leggere qui, dopo questa premessa. La prima è di Adriano Coluccia che se la prende con chi non va più al Comitato, poi ce n’è una di De Notaris che è lunghissima. Ne ho estratto il cuore fangoso. Il resto è degno di un rivoluzionario universitario che non vuole avere a che fare con nessuna Istituzione, tranne l’università. Quella più istituzionalizzante. Se vuoi, la trovi cliccando su un link in coda a questa lettera. Io lo ringrazio per l’inatteso regalo: non mi considera “compagno”. Mi preoccuperei del contrario, e poiché mi chiede di uscire da un’ombra che lui solo conosce, porto alla sola luce possibile ciò che finora è stato chiuso in un circuito chiuso. Ognuno ha la sua storia. La mia la tengo per me, ma per quanto riguarda il presente, che manda su tutte le furie un rivoluzionario da operetta che mi definisce “agente del partito De Magistris”, dico solo che ho rifiutato candidature e un ruolo. Era presente Michele Franco e può confermare. Da due anni non ho tempo per me stesso; di tempo me ne resta poco e non riesco a terminare un libro che sto scrivendo. Credo che Napoli sia di fronte a un’occasione storica di cambiamento e ho fatto quanto potevo per aprire un dialogo tra sindaco e movimenti, ma ho agito alla luce del sole. Se ho sbagliato, sarò il primo a dolermene, ma non ho chiesto nulla a nessuno, come sempre nella mia vita.
Ora sì, ora puoi leggere le lettere che seguono. Poiché tieni alla dignità, capirai di che si parla.
Un abbraccio.
Geppino Aragno
From: Adriano Coluccia
To:
Sent: Tuesday, June 21, 2016 11:58 AM
Subject: convocazione assemblea osservatorio
Anche io sono perfettamente d’accordo. Ma c’è solo un dubbio: perché nessuno si è espresso subito sulla mia di martedì 14 giugno e su quella di enrico immediatamente dopo. Credo della fine del comitato di lotta per la salute mentale non se ne fotti nessuno (in generale….)!!
Adriano Coluccia
From: Giuseppe Aragno
To:
Sent: Tuesday, June 21, 2016 6:11 PM
Subject: Re: convocazione assemblea osservatorio
Non sono entrato per caso nel Comitato: mia madre era “pazza” e per ben due volte, nonostante le mie convinzioni, ho voluto il suo ricovero coatto. Sono scelte dolorose, forse sbagliate, ma ero stremato e temevo di essere travolto. Voi però lo sapete: queste cose ti segnano e se capitano in momenti di particolare difficoltà non reggi. E’ toccato così anche a me stare male. Nessun ricovero, per fortuna, ma un piccolo calvario sì. La mia salute mentale non è di ferro, i momenti difficili ogni tanto tornano e li devo affrontare.
Nel Comitato pensavo di poter aiutare chi soffre, invece paradossalmente mi sono fatto male e ho sofferto io; anche questa mail non mi fa bene scriverla, ma vi dico quello che penso: se la lotta smette di essere strumento e diventa inconsapevole fine, c’è il rischio che a volte il “nemico” uno se lo inventa. Quando si scrive che del Comitato di lotta non se ne fotte nessuno, un nemico alla fine si è trovato. Qualcuno dirà che non è vero, qualche altro, come sto facendo io, risponderà per spiegare le sue ragioni, ci si dividerà – sei stato tu, no, è stato lui – e il Comitato “lotterà”. Anche quella che da mesi si fa tra compagni del Comitato è una lotta. Sorda, nascosta, negata, ma lotta.
Sono tra quelli che non si esprimono da tempo. La data non me la ricordo, ma il momento in cui ho deciso di stare zitto, quello sì, quello me lo ricordo bene. Era una sera di alcuni mesi fa a Piazza Municipio, dopo un confronto col sindaco e la Gaeta. Durante la riunione, avevo proposto che fosse l’Osservatorio a scrivere un protocollo che a noi non andava giù e l’assessore ammetteva di non saper scrivere. Quando ce ne andammo, i compagni avevano tanta fretta, che mi piantarono in asso nella piazza e se ne andarono senza salutare. Furono generosi, no? E’ il minimo che dei rivoluzionari possano fare a chi contratta con le Istituzioni. Questo peccato io l’ho commesso, lo confesso, ma non mi presento a Canossa con la testa cosparsa di cenere, non chiedo l’assoluzione e non faccio penitenza. Quella sera a me venne in mente il momento della mia vita in cui sono finito al tappeto, quando i lavoratori andavano al macello e, per vincere le lotte – non le loro, di quelle non s’interessava quasi più nessuno – per vincere le lotte interne alla CGIL, non si trovava di meglio che isolate dirigenti e distruggere rapporti umani. Oggi uno dei miei limiti è questo: se si tratta di lottare contro qualcuno che considero davvero un nemico, le mie paure non resuscitano. Una incomprensibile battaglia tra compagni, invece, le richiama in vita, soprattutto se prima è condotta nell’ombra e fatalmente divide, poi, quando non c’è più rimedio, si sceglie di mettere sulle spalle degli altri la responsabilità delle inevitabili conseguenze.
Volete leggere i silenzi come disinteresse? Va bene. Non nego, non fuggo, non rimando. Più semplicemente lo dico chiaro: non m’interessa, anzi, me ne fotto di un Comitato di lotta che, per quanto mi riguarda, ha lottato solo contro la mia salute mentale. Mi spiace, non è eroico, ma è l’unico modo che ho per difendermi dai miei fantasmi che tornano. Ve l’ho detto e ve lo ripeto: a me le azioni scelte in ambito non assembleare fanno male, perché mi dicono che c’è chi ha ridotto il nostro sforzo collettivo a strumento di lotta di gruppi interni al Comitato. Non finisce mai bene. E’ un’esperienza che ho già fatto, mi è costata molto, l’ho pagata cara e non intendo ripeterla.
Mi sono “pronunciato”. Questa è la mia decisione. Unilaterale? Sbagliata? Infondata? Pazienza. Ognuno ha i suoi limiti. Io riconosco i miei e li dichiaro apertamente, perciò sono certo che capirete, se vi chiedo di tenermi fuori dalle vostre discussioni.
Se e quando capiterà, ci vedremo a un presidio o a una manifestazione.
Cari saluti.
Geppino
From: Enrico De Notaris
To:
Sent: Wednesday, June 22, 2016 3:56 PM
Subject: Re: convocazione urgente assemblea
Ho letto con amara compassione la mail di Aragno e ne sono rimasto spiacevolmente colpito, oltre che allarmato […]; ritengo che nessuno dei “nemici” sia pagato dalla CIA […] purtroppo temo si tratti di vicende umane di altra natura. E ben più misera.[…] Aragno […] non ti è mai stato chiesto di contattare a nome nostro l’istituzione, se lo hai fatto come ammetti nella tua mail, ritengo per esclusione che tu l’abbia fatto per tua scelta, non so ovviamente a quale scopo ma questa volta “me ne fotto” altamente io dei tuoi scopi nella circostanza.
E siccome però mi dicono che sei un “compagno” ti ribadisco che, per l’importanza che attribuisco a questa parola (perdonami ma non mi sento di considerarti tale) per me, poiché come te non amo le decisioni prese nell’ombra della non conoscenza ed ignorandone lo scopo, tu hai agito nell’ombra.
[…] Rassicurati Aragno, non ti tiri fuori dalle nostre discussioni per il semplice fatto che, con tutta evidenza, non ci sei mai entrato; ma queste mie riflessioni non le considerare come il volerti tener dentro a qualche cosa, non ti angustiare, anche noi, dopo questa mail, ti terremo fuori dalle nostre discussioni, siine certo.
Enrico De Notaris.
From: Teresa Capacchione
To:
Sent: Friday, June 24, 2016 3:51 PM
Subject: Re: [Nuovamente-listainterna] convocazione urgente assemblea
Caro Enrico,
condivido molte delle cose che hai scritto nella tua mail. […] Su una cosa però dissento. Giuseppe Aragno si offrì di contattare De Magistris, quando della delibera dell’osservatorio si erano perse le tracce, su nostra richiesta. E questo è avvenuto più di una volta. Non ritengo che egli abbia interessi personali in questa vicenda, tant’è che non ha mai chiesto di entrare nell’osservatorio, e fummo noi piuttosto a pensare che potesse divenirne parte attiva. Non voglio entrare nel merito di questioni che dovrebbe essere lo stesso Aragno a chiarire, ma per amore di verità sentivo di dover intervenire su questo punto.
Teresa
From: Adriano Coluccia
To:
Sent: Friday, June 24, 2016 11:50 PM
Subject: [Nuovamente-listainterna] FINITELA DI FARE GLI STRONZI!!!
Adesso basta. è il colmo. finitela voi AGENTI DEL PARTITO DE MAGISTRIS. ve la volete vedere con me? sono ADRIANO COLUCCIA militante comunista rivoluzionario. non ho mai, dico mai parteggiato per le istituzioni. voi rinnegati di classe sotto mentite spoglie di un sociale antagonista meriterete la fine che farete solo quando finalmente LA CLASSE PROLETARIA farà il suo bagno di sangue. tu professore non nasconderti dietro i giovani ignari della loro triste ignoranza…e tu falso familiare in sofferenza ricordati solo del “DOPO DI NOI” e cioè di tuo figlio!!!
La nostra crisi finalmente svela il ruolo di chi non sta dalla parte delle masse anche se esse sono dormienti, drogate proprio da voi AGENTI DEL PARTITO DE MAGISTRIS. la cosa finirà, siamo alla stretta finale: il movimento anche se contraddittoriamente verrà finalmente sotto i palazzi del potere: e voi da che parte starete in quel momento? finitela…il COMITATO è BANCHI NUOVI: MISURATEVI CON NOI allora e poi si vedrà. INTESI? siete merda e come merda sarete spiaccicati. nell’ora in cui le cambiali e i nodi verranno al pettine, la vostra FALSA UMILTA’, la vostra tracotanza assetata di potere avrà la giusta risposta!!!
NON CI FATE RIDERE. IATEVENNE. ANDATE ALLA MENSA DEL VOSTRO PADRONE: siete cani e qualche avanzo lo mangerete!!!
ADRIANO COLUCCIA
membro del “Collettivo Banchi Nuovi”.
From: Giuseppe Aragno
To:
Sent: Saturday, June 25, 2016 12:53 AM
Subject: Re: convocazione urgente assemblea
Vi invio, per conoscenza, la mail che oggi ho scritto a Teresa Capacchione.
Due parole al fascista Coluccia: non mi nascondo dietro nessuno. Se uno vuole, mi trova. Se è più grosso e più giovane di me, mi farà male. Pazienza. Coluccia, non mi fai paura.
Ora è tardi e voglio riposare. Domani decido se rendere pubblici i capolavori epistolari tuoi e del tuo amico Enrico, che in ogni caso manderò a tutti i compagni che conosco. Io lo so. Voi siete tre, ma il terzo, quello che manovra gli altri due, se ne sta zitto. E’ il più coraggioso.
Un’ultima cosa: visto che non volete togliermi dalla mailing list, vi metto nello spam, la posta indesiderata, che non leggo.
Da questo momento non esistete più.
Giuseppe Aragno
Cara Teresa,
ti ringrazio per l’intervento. Infine giunge. Doveroso e incredibilmente solo.
Scrivi ciò che tutti sappiamo e nessuno ha avuto il coraggio di dire: “Giuseppe Aragno si offrì di contattare De Magistris, quando della delibera dell’osservatorio si erano perse le tracce, su nostra richiesta. E questo è avvenuto più di una volta“.
C’è una piccola sbavatura: Aragno non si offrì, accettò il vostro ripetuto invito e conserva ancora molti messaggi. Sono dettagli, però. La verità l’hai detta e non c’è altro da chiarire.
Scusami, ma non leggerò nemmeno stavolta la mail di Enrico, che mi fai avere in coda al tuo intervento. A me non interessa ciò che ha scritto. Tu confermi che ha mentito, io aggiungo che sapeva di farlo. Il resto vale quanto la sua credibilità: zero. Questo dovrebbe disgustarti.
Ti lascio due domande:
1) Perché Enrico mente?
2) Perché sta distruggendo il Comitato e l’Osservatorio?
La risposta è scritta chiara nelle mail del Comitato, ma è Enrico che deve dartela. Enrico, sì, prima di fare le valigie, come chiunque al suo posto. In quanto a me, lascio perdere le considerazioni, che pure mi sembrano necessarie, su provocatori e violenza di psichiatri.
Cari saluti.
Geppino
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Francesco Casuccio
Non condivido i toni di questa disputa e in generale non condivido il metodo delle offese, delle allusioni ecc ecc.
Ma, caro Geppino, Adriano Coluccia non è un fascista, ma persona che conosco e che ha tutta la mia stima.
Ho scritto persona perchè è evidente che la parola magica ‘compagno’ ha perso il suo significato semantico, storico e persino pratico.
Francesco Casuccio – Caserta.