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Referendum e diritto alla resistenza

Siamo ormai in piena campagna referendaria.

I fronti del si e del no si organizzano , nel quadro di una crisi internazionale che vede sempre più emergere l'Italia come prossimo bersaglio delle tecno-burocrazie di Bruxelles e all'interno di una vera e propria guerra, combattuta in modo non tradizionale , ma che dura da almeno 30 anni e ha come epicentri da una parte tutto il medio-oriente e il nordafrica, dall'altra il confine con la federazione russa ma occasionalmente colpisce anche le metropoli europee.

In questo quadro il governo del granducato di Toscana, abusivamente imposto dal peggiore presidente della Repubblica che si ricordi, è in evidente difficoltà: le frottole e le narrazioni, per quanto sostenute da un apparato mass-mediatico che farebbe vergognare anche Berlusconi , non reggono e non possono reggere di fronte all'evidenza dei fatti.

E i fatti, si sa, hanno la testa dura.

Non bisogna però sottovalutare le risorse del pagliaccio toscano.

Il tema del referendum, diciamolo con chiarezza, non coinvolge immediatamente gli strati, numericamente crescenti, colpiti in modo selvaggio dalla crisi e dalla sua gestione autoritaria e neoliberista.

Chiediamoci per quale motivo un disoccupato, un precario, un lavoratore ormai privo di diritti (dopo il jobs act si prepara l'abolizione del contratto nazionale di lavoro), una donna oppressa anche più di prima , gli abitanti delle periferie degradate e selvagge delle metropoli, dovrebbero interessarsi alle fumisterie costituzionali.

Renzi non è un genio, lo sappiamo.

Ma è furbo, molto furbo.

La carta che si giocherà sarà basata sull'astensionismo (non c'e' il quorum), magari con qualche 'regalino' contrattato nello squallido incontro di Ventotene.

Proprio per questo motivo il movimento antagonista non deve commettere l'errore di intrupparsi in modo codista nel fronte del NO, fronte che include tutta la destra reazionaria e emeriti politicanti di sinistra (e non so chi è peggio), ma deve sviluppare in modo indipendente una propria campagna..

Una posizione che si basi sulla retorica della 'costituzione più bella del mondo' (come se la costituzione fosse un quadro o un'opera d'arte) , che ignori la vigenza di trattati europei che sopravanzano le costituzioni nazionali, l'eventuale codismo nei confronti di giuristi e costituzionalisti che non hanno detto una parola quando è stato introdotto il fiscal compact in costituzione, sarebbe quasi sicuramente perdente, proprio perchè non riuscirebbe a coinvolgere un fronte sociale e di massa.

Sarebbe, detto fuori dai denti, una battaglia tra 'addetti ai lavori'.

E il SI avrebbe molte possibilità di vittoria.

Anche il concetto della intangibilità della Costituzione va superato: noi non siamo conservatori e in linea di principio la Costituzione non è intoccabile, anzi…

Bisogna, secondo me, sviluppare, articolare, rilanciare su tutto il territorio nazionale, le suggestioni dell'assemblea di luglio di massa critica a Napoli, assemblea che è scaturita dalla virtuosa combinazione, nel corso della campagna elettorale di giugno, tra istanze sociali sostenute dall'antagonismo di classe e ipotesi di governo delle metropoli, contraddittorie sicuramente, ma coerentemente schierate contro il nemico principale di questa fase: il Partito Democratico.

Con questa impostazione si è ottenuta una prima , timida vittoria, ovviamente da verificare.

Si tratta di continuare su questa impostazione, senza fare sconti a nessuno.

Non amo particolarmente i centri sociali del N-E, ma ammetto volentieri che in questa congiuntura, l'area che fa riferimento a questi compagni, ha elaborato la proposta di intervento nella campagna referendaria che mi pare la più bilanciata: sia questa l'occasione per iniziare un percorso costituente, costruendo virtuose connessioni, a livello territoriale, nella prospettiva di un dualismo di potere, basato appunto sull'antagonismo sociale e sui governi metropolitani che non accettano e contrastano, e non a parole, la gabbia delle compatibilità imposte dalla troika.

E' una occasione, questa, per fare uno sforzo ulteriore, nei termini di programma e di organizzazione, rinunciando, per una volta alle logiche settarie e di microfrazione.

Il diritto alla resistenza contro l'autoritarismo tecnocratico della Troika, contro la guerra, contro il razzismo, contro la rapina dei beni pubblici e la devastazione dei territori, per il diritto al lavoro, a una vita degna, alla casa, alla salute, all'istruzione: è questa la modifica costituzionale che ci interessa.

E se sapremo praticarla, non c'è storia: mandiamo a casa il pupazzo, i suoi ispiratori e , finalmente, iniziamo un nuovo percorso.

Una risicata vittoria del NO, magari rivendicata dai d'Alema o dagli Zagrebelski, conserverebbe la 'costituzione piu' bella del mondo' (con tanto di fiscal compact) ma non smuoverebbe di un millimetro i rapporti di forza.

Il terreno è scivoloso, le tentazioni di far fronte coi nemici quasi inevitabili.

Ma credo che il percorso di indipendenza e di autonomia iniziato abbia ormai metabolizzato positivamente e superato criticamente le esperienze di un recente passato (ulivista-bertinottiano).

Lo sciopero nazionale indetto dall'USB (magari coinvolgendo TUTTI i sindacati conflittuali), la ripresa delle rivendicazioni sociali nelle metropoli liberate dalle cricche mafiose e affaristiche del PD, possono essere i primi, importanti, passaggi.
Bisogna fare uno sforzo ulteriore, sul programma, con l'obiettivo di costruire una coalizione sociale forte, radicata, consapevole.

Ce la possiamo fare.

 

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