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Olimpiadi di Rio, fuori dalle inquadrature tv

Dedicato a Linda Bimbi, educatrice cristiana, responsabile della sezione internazionale della Fondazione Basso, grande amica missionaria del Brasile, morta il 12 agosto, ad Olimpiadi in corso, e ricordata al contempo da Luciana Castellina sul Manifesto e dall’Osservatore Romano: ogni volta che Lula veniva a Roma, passava a trovarla, anche da Presidente del Brasile nella sede della Fondazione. Diceva: «È il futuro che m’innamora anche a quest’età, penso sempre al dopo… È il fascino del futuro»

Il 21 agosto, con la cerimonia di chiusura, si sono conclusi i Giochi Olimpici di Rio, 31. Edizione dell’era moderna. In questa cerimonia di chiusura delle Olimpiadi era assente il Presidente ad interim, considerato illegittimo a livello popolare, Temer, che era il vice della Roussef, il quale è indagato a tutto tondo negli scandali sulla gestione del petrolio brasiliano, che guida un piccolo partito alleato, alla Alfano, determinante nel Parlamento brasiliano, del Partito dei Lavoratori, e che, sulla base della procedura di messa in stato di accusa della legittima, fino a prova contraria, Presidenta del Brasile, ha assunto un ruolo che il Paese non gli riconosce. Durante la gran parte degli eventi olimpici, e lo abbiamo visto in Tv durante l'appassionante finale della pallavolo maschile, non vi era pubblico di tifosi inquadrati, nel quale non spiccasse una maglietta o più con la scritta Fora Temer, nonostante che le forze dell'ordine brasiliane avessero avuto incarico di perquisire ed impedire l'ingresso di tali magliette durante le gare; nonostante il tentativo del Comitato Olimpico Internazionale (d’ora in avanti CIO, NdA) di utilizzare, in combutta col governo locale, l’art. 28 della Carta olimpica, che invece vieta messaggi a carattere razzista e xenofobo, per vietare tali manifestazioni durante lo svolgersi degli eventi olimpici. Alla fine la decisione del Giudice Federale João Augusto Carneiro Araújo a favore del diritto costituzionale di libertà di espressione e di manifestazione, ha impedito tale repressione del dissenso.

Tanti brasiliani, con rischi anche personali, visti gli atteggiamenti della polizia e delle forze dell’ordine,infischiandosene del politically correct, hanno espresso in maniera mediatica e meditata la loro protesta planetaria, che ha poi avuto un picco nel tifo contro la squadra Usa nella partita di calcio Usa Francia, del torneo femminile, con una protesta che additava lo Stato Nordamericano, come mandante della violazione delle corrette procedure democratiche della sovranità popolare in Brasile.Anche durante altri eventi con la presenza dei pur bravissimi atleti ed atlete degli Usa, era evidente la corrente di simpatia del pubblico per i loro avversari, come in Cina-Usa di basket maschile o nella semifinale del volley maschile, proprio in favore dei nostri colori. Quindi in chiusura vi era al Maracanà il Presidente del CIO, il Sindaco di Rio, la Governatrice di Tokyo, che è la prossima Città ospitante le Olimpiadi, poi anche ShinzoAbe, furbescamente apparso come un personaggio dei cartoni giapponesi, ma non vi erano i vertici politici dello Stato ospitante, per il quale ha fatto gli onori di casa il presidente del locale comitato organizzatore, che, ironia della sorte, fu pallavolista olimpico a Tokyo 1964, prima apparizione del volley alle Olimpiadi, in omaggio al Paese ospitante, che usciva dall'incubo della Seconda Guerra Mondiale.

Una protesta di massa, pacifica ed antirepressiva, che si è anche scontrata, all’inizio delle Olimpiadi con la violenza repressiva dello Stato, e che si è unita alle polemiche agitazioni popolari, di molti abitanti delle favelas durante l'attraversamento della torcia olimpica nell’area di Rio in una Olimpiade, che, in ogni caso, nel bene e nel male, è stata il frutto, anche nei risultati sportivi brasiliani, dell'opera ultradecennale di governo del Partito dei lavoratori. Era il 2009, quando, al congresso del CIO di Copenaghen, veniva scelta Rio, sostenuta, come testimonials, da Pelè e da Lula, allora Presidente del Paese, vincendo la competizione con Chicago, direttamente sostenuta da Obama, e Madrid. Fu salutata, tale scelta, da Lula, come l’ingresso del Brasile tra i Paesi di I Fascia del mondo, con il progetto, poi rivelatosi rapidamente illusorio, di abbattere le profonde disuguaglianze sociali del Paese senza andare ad uno scontro con la classe ricca, possidente e ristretta dello stesso. Mentre si rivelava vera l’altra verità proclamata dalla politica di Lula e del suo Partito dei lavoratori, P.T. in Brasile: l’inserimento del Paese in una coalizione internazionale trasnscontinentale, a guida economica cinese, con rapporti su base di parità Sud Sud con Africa ed America Latina, riconoscimento dello Stato di Palestina, sostegno ai processi di sviluppo e di antimperialismo della Russia e dell’Iran, questi ultimi Paesi alleati nella politica petrolifera, e con i quali scambi di conoscenze tecnico scientifiche hanno arricchito il Brasile nella sua rimessa in campo, nel corso degli ultimi 15 anni, così come, sul piano della medicina di base, decisivo è stato il rapporto colle missioni dei medici cubani.

LA SERA DELLA CONCLUSIONE OLIMPICA LA MAGGIORANZA DISSENZIENTE HA DETTO AL MONDO CHE IN BRASILE IL POPOLO DOVRA' DECIDERE CHI LO GUIDERA’ IN FUTURO.

A mio avviso, nella cerimonia conclusiva vi è stato lo specchio di tutto ciò che le Olimpiadi hanno rappresentato, in questo anno, essendo sempre, i Giochi Olimpici, un segno dei tempi importante.

Essa è stata una bellissima festa di atlete ed atleti, le prime spesso portate a cavalcioni dai loro compagni di squadra, con mescolanza di colori e bandiere e tra medagliati e non medagliati, al suono di una dolce bossa nova che una cantante intonava.  Poi si è passati prima a rendere nuovamente omaggio al Brasile profondo, questa volta a quello del Nordeste (all'inaugurazione a quello indio dell'Amazzonia) e ciò è avvenuto con uno struggente ballo di massa, che unì, al suo apparire, i ritmi africani e la sensualita' che cercavano i coloni bianchi del Brasile , e che già l'avevano trovata nella nudità edenica delle donne indie; poi alla cerimonia, con l'inno keniano, della vittoria in MARATONA del keniano favorito Kipchoge e sul podio il maratoneta etiope Lilessa, che, arrivando secondo al traguardo, aveva mostrato i polsi in immaginarie manette, per denunciare la repressione politica della sua gente nella regione dell’Oromia, ed al terzo lo statunitense Ropp, già quinto nei diecimila metri, qui sul podio, quasi a simboleggiare plasticamente il duello tra le due prime squadre in atletica: gli Usa, con 13 ori, 10 argenti, 9 bronzi, il Kenya, nel giorno anniversario della morte del fondatore dello Stato autonomo, Kenyatta, con 6 ori 6 argenti, 1 bronzo, con ribaltamento del medagliere degli ultimi mondiali atletici di Pechino 2015. Poi il saluto ai quattro atleti eletti nella Commissione atletica del CIO, dall'immenso seggio elettorale, ovviamente orientato dai rispettivi Comitati Olimpici, costituito per quindici giorni, dagli atleti presenti alle Olimpiadi: assieme alla spadista tedesca Heidemann, al giocatore di pingpong coreano Son, al ranista ungherese Gyurta, tra le elette la grandissima saltatrice con l'asta Isynbaeva, che però, a causa del bando della Federazione Russa dall'atletica, è rimasta esclusa dalle Olimpiadi, e l'assenza dei russi in atletica ha contato; ella è stata applauditissima dal pubblico che ovviamente ha visto questa punizione collettiva degli atleti russi, in assenza di capi di accusa specifici, molto simile alla condanna pregiudiziale della sua Presidenta a non governare il Paese, che è arrivato ad avere le Olimpiadi nel suo periodo di governo, come in quello del compagno di partito, Lula; infine al passaggio di consegne a Tokyo, con un focus tematico sul Giappone ipertecnologico di oggi, con l'intrusione del primo ministro Abe, tanto discusso, per il suo militarismo e conservatorismo, ma presentatosi lì con la figura di Supermario, ma con spazio anche alla tragedia di Fukushima. Ed al passaggio della bandiera olimpica dal Sindaco di Rio alla neoeletta Governatrice dell' Area Metropolitana di Tokyo, un bel segno verso le Donne nipponiche, indipendentemente dall'appartenenza politica, che non conosco, vestita in un elegante kimono, ed in mezzo, Thomas Bach, l'olimpionico ora Presidente del Cio, che, dopo il discorso del presidente del comitato organizzatore locale, ha fatto la dichiarazione di chiusura delle Olimpiadi. Poi si è scatenata la samba, durata, in tutto il Maracanà, fino a notte fonda.

Ecco tutte le questioni chiave olimpiche erano presenti nella cerimonia di chiusura, alcune ripartendo dai temi e dai problemi di quella di apertura. Concentriamoci qui su quelle relative al Brasile:

a) il tema della triplice identità del Brasile: 1) india, come a guardia del polmone verde, sempre più squassato, del Pianeta, tema sottolineato in apertura, ma non affrontato con coerenza dai governi P.T. 2) Bianca degli ex colonizzatori, ma anche degli europei poveri venuti lungo tutti i secoli contemporanei a cambiare vita in Brasile, vicenda quest’ultima che ha anche riguardato una emigrazione dal Giappone al Brasile, avvenuta a partire dal il 18 giugno 1908,quando sulla nave giapponese Kasato Maru, partita da Kobe tre mesi prima, attraccavano al molo del porto di Santos (Brasile, 60 chilometri a sud di Sao Paulo) 791 contadini giapponesi: erano il primo gruppo di emigranti che si recavano in Brasile in seguito a un accordo tra i due governi. Quello sparuto gruppetto ha messo buone radici. Secondo le statistiche curate dall’Associazione Nikkei (giapponesi naturalizzati in nazioni straniere) nel 2008 in Brasile c’erano 1 milione e 600.000 giapponesi-brasiliani, cioè il 62% di tutti i giapponesi naturalizzati all’estero; 3) africana, dei discendenti degli schiavi, che qui, come negli Usa hanno modificato in profondità le altre due culture ed appartenenze. Emblematico, nella sua casualità, il fatto che nelle due cerimonie olimpiche siano stati presenti due campioni keniani- alla fine il vincitore della maratona, all’inizio il grande campione olimpico Keino, vincitore a Messico “68 e Monaco “72, il capostipite della grande generazione dei mezzofondisti, poi fondisti di quel Paese, che ha ricevuto l’alloro olimpico, istituito dal CIO, premio assegnato da una commissione esterna di dirigenti sportivi, politici ed intellettuali, tra cui Paolo Coelho, datogli durante la cerimonia inaugurale; egli si era commosso nel parlare, al contempo da interprete sia dello spirito olimpico, nella migliore accezione, che dell’eredità africana del Paese in cui parlava.

b) il tema caldissimo che il Brasile è arrivato all’appuntamento olimpico con in corso un vero e proprio colpo di stato legalizzato dalle “ inchieste” della magistratura locale, che non ha dato finora miglior prova di sé, nella vicenda, almeno nella fase inquirente.

c) come Rio ha accolto le olimpiadi e le trasformazioni urbane legate ad esse:

Le Olimpiadi, nel bene e nel male, spesso hanno segnato una svolta sociale, urbanistica ed economica per le città o i paesi che le ospitano. Nel nostro caso, le Olimpiadi si sono tenute in una fase di arretramento nella crescita economica brasiliana e di riacutizzarsi delle disuguaglianze sociali, a causa delle scelte neoliberiste di taglio da parte dei governanti ad interim, che hanno sostituito Dilma.In questo clima i Giochi non sono stati una distrazione dalla lotta politica e sociale, pur nella grande confusione che ha colpito la maggioranza della popolazione brasiliana, a seguito del castello di accuse costruito, da parte della stampa tutta filo padronale contro Dilma ed il suo predecessore Lula, soprattutto nei confronti di quest’ultimo esponente politico, il leader della svolta brasiliana: a San Paolo sono continuate, fino alla vigilia delle Olimpiadi continue manifestazioni di protesta, con tanto di barriere di protezione apposte dalla polizia davanti agli edifici oggetto delle proteste.

Ma il Brasile ha una Costituzione che rende il Paese difficilmente governabile ed a rischio corruzione: la vera colpa di Dilma, spesso finita anche come capro espiatorio, è proprio non esser riuscita a svincolarsi da questo sistema.

A Rio, per le Olimpiadi di è stata, in particolare, fatta un’operazione di recupero di aree in precedenza abbandonate ed anche pericolose, dal punto di vista della sicurezza, restituite alla popolazione creando musei e aree pedonali

Per una città come Rio de Janeiro, così legata al mare che la modella e la rende unica, le Olimpiadi del 2016 hanno innanzitutto fatto ripensare al rapporto che gli spazi urbani allacciano con le onde che modellano le sue spiagge, all’apertura verso l’infinito terrestre rappresentato dagli spazi immensi del mare.

Il progetto del Parco Olimpico, in cui si sono svolte quindici specialità olimpiche, è legato alla riqualificazione urbana dello storico circuito automobilistico di Barra Tjuca affacciato sul mare, pronto a diventare un nuovo spazio simbolico per tutti i brasiliani. Lo storico circuito è legato infatti indissolubilmente alla memoria di due grandi eroi sportivi brasiliani, Nelson Piquet ed Ayrton Senna: alle loro imprese si aggiungeranno quelle degli atleti che si esibiranno nelle discipline olimpiche guadagnandosi un pezzo di memoria ed una parte nella storia: questo sperone di roccia continuerà negli anni a simboleggiare lo sport e la sfida a superare i propri limiti. Si dovrà verificare se queste strutture continueranno per davvero utilizzate dagli sportivi, anche di base, come, ad es., non è avvenuto per alcune costose strutture delle Olimpiadi di Torino 2006, ma è da dire che alcune installazioni saranno smontate e già questo è un buon segno di contenimento dei costi, come pure di lotta allo spreco.

Ma l’intervento socialmente più interessante riguarda il Porto Olimpico: nuova vita ad un quartiere degradato.Il cosiddetto Porto Olimpico è un progetto che intende restituire a nuova vita, per tutta la città, uno spazio degradato e abbandonato da anni.In questa zona portuale, vecchi depositi e antichi palazzi saranno riconvertiti ad uso culturale. Il più simbolico fra tutti sarà sicuramente il Museu do Amanhã (Museo del Domani), progettato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava: il programma di questo nuovo spazio metterà insieme il tradizionale museo di storia naturale con tecnologie d’avanguardia, a partire dallo stesso aspetto esteriore del museo, come una navicella atterrata sulla Terra.Un progetto che simbolicamente si lega al Museo di Arte Contemporanea a Niteròi, città di fronte a Rio de Janeiro, realizzazione simbolo di uno dei più grandi architetti del XX secolo, Oscar Niemeyer, padre dell’architettura modernista brasiliana ed uno degli artefici della nostra visione del futuro: pensato da Niemeyer come un fiore che sboccia dal suo vaso, in quest’opera l’architetto brasiliano ha tenuto fede ai suoi principi ispiratori nell’architettura: ”Fare architettura è creare bellezza”, diceva.Molti spunti cardine del MAC si ritrovano anche nel Museu do Amanhã: linee curve e colore bianco, solarità del cielo brasiliano e sensualità di un passo di samba. Altra caratteristica ricercata negli interventi è quella di una Architettura sostenibile per un gigante di foreste, le foreste rappresentate anche nella cerimonia d’apertura

Una sfida che pone al centro l’esigenza di progettare in maniera sostenibile.Lo studio di Architettura RAFAA ha accettato la sfida, e pare l’abbia vinta: il progetto Solar City Tower, una cascata alimentata da energia solare, ha partecipato al concorso internazionale di architettura per i Giochi del 2016, presentandosi con due requisiti fondamentali: la bellezza e la sostenibilità.

Altro tentativo di utilizzare Olimpiadi e Paralimpiadi per potenziare la presenza turistica globale a Rio è il decreto pubblicato dal governo brasiliano che dispensa il visto turistico dal 1 giugno al 18 Settembre di quest’anno ai cittadini di Australia, Canada, Stati Uniti e Giappone, paesi con una forte tradizione olimpica. La Casa Brasil, spazio dedicato alle azioni multisettoriali durante le Olimpiadi e Paralimpadi, ha rappresentato una vetrina del Brasile rivolta al mondo, anche gli altri Paesi hanno presentato installazioni simili, tra le quali si sono segnalate quella giapponese, anche per la bellezza artistica della costruzione che la ospitava, quella russa, per l’accoglienza e la illustrazione di tanti aspetti della cd. Anima russa, quella italiana, che, se ha fatto anche da antemurale alla candidatura di Roma 2024, con la presenza promozionale di numerosi grandi atleti del recente passato, tipo Yuri Chechi, si è anche impegnata in progetti di promozione sportiva nella favela di Rocinha, esclusa dagli interventi olimpici, con il contributo della Rai, del campione mondiale del passato nel volley, Andrea Lucchetta, ed il finanziamento di strutture sportive e sanitarie, da parte dei mainsponsors del CONI, tra i quali Unipol Sai.

E tornando al Brasile, che attraverso queste Olimpiadi ha cercato invano la conferma dell’essere tra le prime cinque economie del mondo globalizzato, il sito www.visitbrasil.com/mice è stato riformulato. L’utente ha ora informazioni dettagliate sulla città brasiliane che ospiteranno i Giochi. La piattaforma fornisce informazioni su eventi, centri di ricerca correlati, l’accessibilità, le infrastrutture e il clima. Infine, vale la pena notare che la svalutazione del real (moneta locale) aumenta la possibilità per i visitatori di conoscere la diversità dell’offerta di turismo brasiliano e svolgere attività culturali, di avventura, spiaggia e sport in molte altre destinazioni in Brasile. Questo fino a tutto settembre 2016 (le Paralimpiadi ci saranno dal 7 al 18 settembre)

Il problema del costo dei biglietti elevato è invece rimasto, ed è la ragione strutturale del fatto che numerosi impianti non siano stati integralmente riempiti durante gli eventi olimpici, molto più della disabitudine carioca a vedere alcune competizioni sportive- d’altra parte, questo non è un tema nuovo nelle grandi, troppo patinate manifestazioni sportive internazionali, ed alimenta il mercato parallelo del bagarinaggio, per il quale è stato arrestato, diciamo in flagranza di reato, secondo l’accusa, il coordinatore dei comitati olimpici europei, un ex atleta irlandese, che è apparso il principale organizzatore della diffusione illegale di biglietti.

I biglietti omaggio distribuiti dal Comune ai meno abbienti spesso davano diritto a vedere sport in cui non erano presenti atlete/i brasiliani, quindi non vi è stata piena adesione popolare a tale iniziativa.

Il Brasile ha ricevuto molti complimenti per l’organizzazione dei Mondiali 2014. Lo stesso si può dire per le Olimpiadi, a parte alcuni episodi, come un parziale crollo della pista ciclistica, causato dalle onde del vicino Oceano Atlantico e la vicenda della piscina verde dei tuffi, per un errato calcolo della salinità necessaria, che ha fatto attecchire le alghe. Però entrambi gli episodi hanno visto una solerte e concreta risposta degli organizzatori, che hanno ovviato ai problemi, smentendo il pregiudizio, molto eurocentrico, che in Brasile, come in generale nel Sud del mondo, domini sempre la disorganizzazione- meglio pensare a quella di casa nostra, ai Mondiali di nuoto romani del 2009, od alla polizia franco-belga agilmente dribblata dagli jiadisti…- La stessa vicenda delle acque sporche del golfo di Rio, che ospitava le gare di nuoto di fondo, segnalata un anno fa durante i test event preparatori delle Olimpiadi, ha trovato soluzione, nell’intervento su quell’Oceano sempre in movimento in quella Baia. Assieme agli allarmi, ed a qualche espulsione, sul terrorismo internazionale, si è spento l’allarme per la febbre da virus Zika, e lo ha fatto rilevare un vecchio campione 80.Ne di golf sudafricano arrivato a Rio,Player, proprio per tirare le orecchie ai suoi colleghi più giovani e famosi, che non hanno partecipato al torneo di golf, adducendo il pretesto di tale rischio, ma in realtà forse per l’assenza di lauti premi in denaro.Egli, icona sudafricana del golf, va fiero dei suoi 80 anni e della sua vita in cui ha volato più di un’aquila, dice. Ti parla diretto al cuore. Ti ricorda che la vitalità è frutto di una scelta, di una dieta, di uno stile di vita. È felice di gustare l’esperienza olimpica anche dall’interno. Ha trascorso i primi giorni nel Villaggio Olimpico: "La scusa della paura della Zika è davvero ridicola. Dei giocatori che vanno in Africa, dove c’è la malaria o in Paesi dove è facile ammalarsi, perché ricevono un ricco ingaggio, qui non vengono con questa scusa. O sostengono che avevano impegni precedenti, che non è facile conciliare i viaggi, gli spostamenti. Quante sciocchezze, hanno jet privati e possono muoversi quando vogliono! Il problema è anche quello dei manager, che guardano solo ai soldi. Io ho avuto McCormack come agente, ma lui non è mai stato affamato di denaro. Capiva i problemi, le logiche dello sport. Oggi invece si dimenticano i concetti elementari. Diciamo che questi giovanotti che non sono venuti qui, visto che la Zika è in Florida e in altri paesi, ormai possono accettare di andare a giocare solo in Alaska".

Per la prima volta il Sud America ha ospitato i Giochi Olimpici, il che ha un significato storico per il continente, nel Paese che ne è la guida economica, anche per le sue dimensioni

A parte le ricadute sulla creazione di posti di lavoro stabili, legati all’evento, dato sempre poco verificabile dopo eventi come questi, ed incerto, vi è invece il dato certo della crescita della partecipazione della popolazione brasiliana alla pratica sportiva, ed anche all’ottenimento di risultati di vertice.Il Brasile negli ultimi anni, con l’aiuto del Programma Nazionale Bolsa Atleta ha fatto passi da gigante e ha vinto molti titoli. Il programma Bolsa Atleta, borsa atletica, ha compiuto nel 2015, 10 anni di attività, con oltre 17.000 atleti sponsorizzati, ed un investimento di 600 milioni di reais. Oggi è considerato il più grande programma di sponsorizzazione sportiva individuale e diretto al mondo; è stato possibile misurarne preventivamente l’impatto ai Giochi Panamericani di Toronto 2015,. Degli 860 atleti invitati al Pan American e Paralimpici Panamericani American di Toronto, 675 sono stati supportati dai programmi del Governo Federale, che corrispondeva al 78,4% della delegazione.

Nella città canadese di Toronto, si sono svolti l’anno scorso, dal 10 al 26 luglio, i Giochi Panamericani 2015, con in palio trecentosessantaquattro titoli in quaranta sport ai migliori atleti del continente americano. Alla manifestazione hanno preso parte oltre seimila atleti provenienti da quarantuno Paesi.

Come previsto, il primato nel medagliere è stato ottenuto dagli Stati Uniti. Il Canada padrone di casa ha approfittato di quella edizione per classificarsi al secondo posto, mentre il Brasile, ad un anno dalle Olimpiadi di Rio 2016, ha confermato la sua grande crescita chiudendo in terza posizione. Cuba, che storicamente è la seconda potenza sportiva del continente, si è così dovuta accontentare della quarta posizione.Per avere un’idea, delle 141 medaglie vinte dal Brasile nella Pan American, 121 sono state vinte dagli atleti contemplati dal Programma. Nella omologa competizione paraolimpica, Parapan, il Brasile si è consolidato come la prima potenza delle Americhe, segnale di un sicuro avanzamento sociosanitario del Paese e si avvia ad entrare tra i primi cinque nella classifica per le Paraolimpiadi. Per la terza volta di seguito, i brasiliani erano al 1° posto nel medagliere generale, e, di 257 medaglie, il 98% sono state vinte dagli sportivi inseriti nel Programma. La judoka Silva Cresciuta in una delle favela più famose della città, quella che ha fatto da scenario a City of God, che racconta la vita in quel pezzo di Rio che fatica a stare al mondo e allora si crea un mondo a sé, Rafaela Silva lì dentro, in quelle case di cartapesta, ci è cresciuta fino a trovare una strada che l'ha portata all'Instituto Reacao. Lì il judo era nelle mani nobili e capaci di Flavio Canto, bronzo olimpico nel 2004. «Il judo mi ha cambiato la vita – ha aggiunto – Non avevo sogni, non avevo obiettivi. Il mio unico desiderio era di avere una bicicletta e alcuni vestiti carini, tutto qui. Ho dato sempre tutto perché volevo aiutare la mia famiglia». Però la politica del governo nazionale e di quello locale verso le favelas non ha favorito affatto la loro integrazione emancipativa nella “Cidademaravilhosa”, come è definita Rio, in occasione delle Olimpiadi. Andiamo a vedere questo aspetto della vicenda olimpica locale.

Sulla sicurezza un episodio violento, di una camionetta di polizia, che si è ribaltata dopo un attacco da parte di gangster di una favela, dove era entrata per sbaglio, ha portato alla morte di un agente, ed alla conseguente risposta armata delle Forze dell’ordine, che hanno attaccato la favela, anche con l’elicottero causando alcuni morti tra i presunti assalitori e questo ha messo in evidenza la vera piaga del Brasile: il mix tra diseguaglianza, violenza criminale e violenza di Stato, che ha caratterizzato tutta la fase di avvicinamento alle Olimpiadi

I 200.000 uomini delle forze dell’ordine e militari che tutelavano l’ordine pubblico, a partire dalla polizia ambientale, che emblematicamente ha effettuato gli alzabandiera della cerimonia di apertura e chiusura delle bandiera greca, del CIO, e brasiliana, hanno assicurato un’adeguata protezione ai visitatori ed agli spettatori dei luoghi olimpici, che hanno potuto, al di là delle vendite ufficiali, imposte dagli sponsor del Comitato Olimpico Internazionale, anche usufruire delle vendite a costi accessibili, su bancarelle, nei pressi del cd. Viale Olimpico, di bevande, monili, cianfrusaglie varie, le quali sono state un’occasione di lavoro e di reddito per quei venditori ambulanti, senza eccessivi problemi, dopo le tensioni e le cacciate dei primi giorni da parte della polizia. Il tentativo del nuotatore Usa Lochte, e di altri suoi colleghi, di nascondere una loro “notte brava” con una presunta rapina subita nella notte di Rio è stato facilmente scoperto, proprio perché il pregiudizio razzista è facilmente disvelabile in aree come quella centrale di Rio, tutto sommato ben organizzata.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha confermato la validità delle iniziative assunte dal governo brasiliano, che ha mobilitato 19 enti per attuare congiuntamente in tutto il territorio nazionale un’attività atta ad eliminare la zanzara Aedes Aegypti, agente trasmettitore della Dengue, del Zika virus e della Febbre Chikungunya.

I lavori al villaggio olimpico sono proceduti con ritardo, ma alla fine le linee di trasporto promesse dal governo sono state completate, ivi compresa la linea 4 della metropolitana.; da domenica 31 luglio infatti sono in vigore le corsie olimpiche, riservate ai mezzi dei Giochi, precluse anche ai taxi, mentre dal 5 agosto è stato completamente chiuso al passaggio dei mezzi privati, a parte auto “olimpiche” e navette, il tratto finale del lungo viale che porta alle strutture olimpiche. All’associazione tassisti carioca che chiedeva spiegazioni per un provvedimento così severo è stato risposto che la decisione è stata presa per il rischio attentati. “Anche un’auto gialla può trasformarsi in bomba”, è stato fatto presente, e le discussioni a quel punto sono magicamente finite; la corsia olimpica ha consentito agli atleti ed al personale addetto alle gare di arrivare sempre puntualmente alle gare. Nel traffico di Rio, ahimè, è morto Stefan Henze, uno degli allenatori della squadra tedesca di canoa slalom,coinvolto in un incidente stradale a Rio De Janeiro. Dal comunicato del Comitato olimpico tedesco (Dosb). “Noi siamo immensamente tristi in questo giorno”, ha dichiarato il presidente di Dosb, Alfons Hoermann, “le parole non riescono a descrivere quello che sentiamo nella squadra olimpica dopo questa terribile perdita” e del CIO : “Il Comitato olimpico internazionale piange un vero sportivo olimpico. Le nostre condoglianze vanno alla famiglia di Stefan Henze, ai suoi amici come a tutta la delegazione olimpica tedesca”, ha dichiarato il presidente del Cio, il tedesco Thomas Bach.Dopo l’incidente mentre era a bordo di un taxi e le gravi lesioni riportate alla testa a causa del violento urto contro una barriera di cemento nei pressi del Parco Olimpico, Stefan Henze è deceduto all’ospedale Miguel Cuoto di Rio, a soli 35 anni. Nell’auto assieme a Stefan Henze, argento ad Atene 2004, anche il fisiatra Christian Käding uscito però illeso dall’incidente come il tassista”.

Ma la “medaglia d’oro della sfortuna” va alla delegazione australiana, che ha anche protestato formalmente per alcuni furti subiti al villaggio: laptop e un’ingente quantità di polo e magliette del team, in particolare “tutte quelle a maniche lunghe che ci eravamo portati per via del virus Zika” , come ha precisato la capo missione Kitty Chiller. Da alcune fonti sembrerebbe però che i furti alla delegazione australiana siano stati commessi dagli operai che hanno lavorato alla costruzione del villaggio olimpico e che non sono stati pagati dall’organizzazione. E’ da far rilevare che una parte grande degli appalti per i lavori delle strutture olimpiche, tra il Villaggio, gli impianti, la rete di trasporto, è finita nelle mani di quella parte delle imprese brasiliane coinvolte proprio nell’inchiesta Lava Jato, quella sui fondi neri ed il riciclaggio, che ha messo in crisi l’assetto istituzionale e politico del Paese. Fu creato un consorzio misto, pubblico-privato, tra lo Stato, l’Autorita’ Metropolitana e le grandi imprese costruttrici, come Oas ed Odebrecht. Forse sono le stesse persone che hanno lesinato a questi muratori la loro giusta mercede.Ciò facapire anche il clima in cui si trova tutta la struttura organizzativa e che si innesta in quello dell’intera città. Nell’ambito della sicurezza la situazione è in effetti drammatica. A Rio da inizio anno fino al giorno di inaugurazione olimpica ci sono stati 2.083 omicidi, 56 poliziotti uccisi, 1.469 feriti a colpi d’arma da fuoco, 80.061 rapine e 16.339 furti d’auto. Il tutto dovuto anche al fallimento del piano di pacificazione (dal punto di vista militare, politico, strategico ed economico) che ha portato a una nuova recrudescenza di violenza tra fazione di trafficanti nelle favelas. Il clima, dunque, è terribile. E anche fuori dalle favelas non va meglio. Tanto per capire, alcuni battaglioni della guardia nazionale al loro arrivo in città per occuparsi di sicurezza nelle strutture sportive sono stati accolti a colpi di fucile in autostrada. Altri trafficanti hanno fatto irruzione armi in pugno in un ospedale in pieno centro a Rio per far evadere il loro capo che era stato poco prima ferito ed arrestato dalla polizia. Il Cio ovviamente aveva provato a sminuire le problematiche esistenti attorno a questi giochi olimpici: “Riconosciamo di avere problemi in attesa di vedere svolgersi le Olimpiadi, Rio de Janeiro tra povertà e inquinamento, più controlli più stretti sugli accessi delle persone, viste le dimensioni della struttura” ha replicato il portavoce del comitato organizzatore di Rio 2016 “Sono cose che capitano sempre nei giorni precedenti l’inizio dei Giochi», hanno commentato invece all’unisono il presidente del Cio Thomas Bach e quello del comitato organizzatore Carlos Arthur Nuzman, secondo il quale “in certi casi, ovvero i problemi causati dalla forza della natura, si può fare poco”.

Ma i problemi che Rio ha vissuto, le vere e proprie tragedie, che fanno a pugni con lo spirito olimpico, e quello che dovrebbe rappresentare, sono quelli di cui ora parliamo

Secondo Amnesty_International “Il Brasile ha perso la più importante medaglia di Rio 2016: diventare campione dei diritti umani”, ha dichiarato Atila Roque, direttore generale di Amnesty International Brasile.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani, a Rio de Janeiro durante lo svolgimento delle Olimpiadi sono state uccise almeno otto persone nel corso di operazioni di polizia e manifestazioni pacifiche sono state duramente represse.

“Le autorità brasiliane hanno perso un’occasione d’oro per dare seguito alla promessa di adottare politiche in materia di sicurezza che avrebbero reso Rio una città sicura per tutti. L’unico modo per rimediare ai molti errori commessi durante le Olimpiadi è quello di assicurare indagini efficaci sulle uccisioni e sulle altre violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia e assicurare i responsabili alla giustizia” – ha aggiunto Roque.Nel 2016 le uccisioni ad opera della polizia sono aumentate di mese in mese mentre Rio si preparava a dare il benvenuto al mondo.

Secondo l’Istituto per la pubblica sicurezza dello stato di Rio de Janeiro, in città la polizia ha ucciso 35 persone ad aprile, 40 a maggio e 49 a giugno, con una media sempre superiore a un omicidio al giorno.

Operazioni di polizia segnate dalla violenza si sono svolte per tutta la durata delle Olimpiadi in diverse parti di Rio, tra cui Acari, Cidade de Deus, Borel, Manguinhos, Alemão, Maré, Del Castilho e Cantagalo. Tre persone sono state uccise a Del Castilho, quattro a Maré e una a Cantagalo. Il bilancio potrebbe aumentare se arriverà la conferma di ulteriori morti in due altre favelas, Acari e Manguinhos.

Gli abitanti di queste zone hanno denunciato altre violazioni dei diritti umani da parte della polizia, come irruzioni nelle abitazioni, minacce di morte e aggressioni fisiche e verbali.

La “guerra alla droga” e l’uso di armi pesanti nel corso delle operazioni di sicurezza hanno posto a rischio la vita degli stessi agenti di polizia, almeno due dei quali sono stati uccisi nei primi 10 giorni delle Olimpiadi.

Nella prima settimana di svolgimento dei Giochi (5-12 agosto), nella regione metropolitana di Rio hanno avuto luogo 59 scontri a fuoco (in media, quasi otto e mezzo al giorno), rispetto ai 32 della settimana precedente. Nello stesso periodo, la violenza armata ha causato almeno 12 morti e 32 feriti, secondo Cross-Fire, una app lanciata a luglio da Amnesty International per segnalare episodi di violenza nelle favelas.

Le manifestazioni di protesta sono state durante represse dalle forze di polizia, sia all’interno che all’esterno degli impianti sportivi. Dal 5 al 12 agosto, proteste pacifiche sono state sciolte con violenza, anche mediante l’uso di gas lacrimogeni e granate stordenti. Diverse persone sono state arrestate mentre altre sono state allontanate dagli impianti sportivi per il mero fatto d’indossare magliette su cui erano scritti messaggi di protesta, in violazione del diritto alla libertà d’espressione.

A San Paolo, il 5 agosto, la polizia ha represso una manifestazione con estrema violenza arrestando 100 persone, tra cui almeno 15 minorenni.

Al termine dei Giochi olimpici ci ritroviamo con politiche di pubblica sicurezza ancora più militarizzate, basate su una repressione molto selettiva, sull’uso eccessivo della forza e sull’impiego di agenti di polizia nelle favelas come se fossero in azione da combattimento. Il risultato già si è visto: l’aumento del numero delle uccisioni e di altre violazioni dei diritti umani, soprattutto ai danni di giovani neri” – ha commentato Roque.

“Ancora una volta, l’eredità di un grande evento sportivo svolto in Brasile è stata macchiata dalle uccisioni di polizia e dalle violazioni dei diritti umani ai danni di manifestanti pacifici. Il Comitato olimpico internazionale e altri organismi che si occupano di organizzazione di eventi sportivi non devono permettere che questi si svolgano a scapito dei diritti umani delle persone” – ha concluso Roque.

Il direttore generale di Amnesty international Brasile, Atila Pereira Roque, aveva già duramente criticato l’organizzazione delle Olimpiadi, che secondo lui è stata accompagnata da “una guerra contro i poveri, una guerra contro le favelas”. L’ong ha infatti denunciato i numerosi sfratti e le operazioni compiute nei quartieri più poveri, in particolare per la costruzione degli stadi. Si parla di 77.000 sgomberi, tra spostamenti e compensazioni economiche

Le imprese che sono riuscite ad accaparrarsi gli appalti per la costruzione delle arene sportive e delle infrastrutture olimpiche a detta di molti sono le uniche che hanno fatto affari milionari. Il problema maggiore sarà capire quanto dei fondi stanziati siano finiti in corruzione. Le varie imprese investigate nel maxi giro di tangenti intorno alla Petrobras svelato dall’inchiesta Lava-Jato (Operação Lava Jato o in italiano: Operazione Autolavaggio è un'operazione della polizia federale del Brasile iniziatasi il 17 marzo 2014 e ancora in corso per portare alla luce un sistema di tangenti all'interno dell'azienda petrolifera statale Petrobras grazie alla dichiarazioni del pentito Alberto Youssef. Un giro di tangenti del valore di 10.000 milioni di real brasiliani. Secondo le forze dell'ordine è la più grande operazione anti-corruzione nella storia del Brasile)hanno intercettato il 73% degli investimenti stanziati per le opere legate all’Olimpiade).

Insomma un giro di corruzione spaventoso per il quale è stata invocata l’apertura di una commissione d’inchiesta alla Camera, ma finora è stato impossibile aprire i lavori.

E vediamo lo schema organizzativo e finanziario, che ha gestito i Giochi a Rio.

Esso è diviso in tre branche:

Comitato Organizzatore di Rio 2016

Il Comitato ha un budget di 7,4 miliardi (1,7 mld di euro) fornito al 100% da fondi privati: un 52% di grandi sponsor (Bradesco, Coca Cola, Mc Donald ecc.), un 25% dato direttamente dal Comitato Olimpico Internazionale e un 23% costituito da biglietti e prodotti destinati alla vendita. Tale quantità di denaro è interamente destinata al corretto svolgimento dello spettacolo sportivo: finanzierà la cerimonia d’apertura, pagherà gli stipendi dei lavoratori, fornirà strutture di pronto soccorso, oltre che a garantire sicurezza, alimentazione, alloggi, trasporti e la copertura dei mezzi di comunicazione. Questa parte del budget non ha fini lucrativi ma ogni spesa è coperta da vendite o da enti patrocinatori, come mostrato nel grafico sottostante. QUI LA VENDITA DEI BIGLIETTI NON HA DATO L’ESITO SPERATO

Autorità Pubblica Olimpica (APO)

Budget previsto di 7,0 miliardi di reais (1,6 mld di euro) destinato alle strutture che ospiteranno le gare e gli atleti. L’utilizzazione di tali fondi, la pianificazione e la consegna delle opere è sotto la supervisione del consorzio pubblico APO, un ente che prevede la collaborazione di Stato Federale, Regione e Comune (Prefeitura). Anche in questo caso la maggior parte dei finanziamenti viene perlopiù dal settore privato per circa il 60% con un 40% di fondi pubblici.

Qual è dunque l’interesse di quel settore privato perlopiù edile coinvolto in varie inchieste nell’aver investito in Rio 2016? L’interesse consiste nella rivalorizzazione delle strutture a giochi finiti. Basti pensare alla Vila dos Atletas situata in Barra de Tijuca: un opera da 2,9 miliardi di reais (700 milioni di euro), costituita da 31 palazzi in cui alloggeranno 15.000 atleti durante Rio 2016, al termine della quale l’intero complesso sarà un condominio residenziale privato, dunque fonte di profitto non indifferente. Altro esempio ci viene fornito dall’Arena do futuro, destinata alle gare di palla a mano e che diverrà sede di ben 4 scuole municipali.

L’APO, per evitare ogni facile accusa di corruzione, ha redatto un documento di trasparenza disponibile online, detto Matriz de Responsabilidades, nel quale sono esposti spese, scadenze e i responsabili per la sostenibilità dei costi e la realizzazione dell’opera. Va detto che anche questa fetta di budget è stata costantemente aumentata al rialzo dal 2009 ad oggi.

Piano di Politiche Pubbliche

Fissato per 24,6 miliardi di reais (5,8 miliardi di euro), i fondi di tale programma di interventi pubblici infrastrutturali e di investimenti sono destinati alle opere da lasciare in eredità alla città di Rio de Janeiro. Si tratta perlopiù di lavori riguardanti la mobilità urbana, come la famosa linea Amarelha della metropolitana che dovrà spostare milioni di turisti, atleti e cittadini brasiliani da un lato all’altro della città; sempre in questo ultimo ambito sono previsti lavori per la linee tram VLT e BRT e la rivalorizzazione del porto. Per quanto riguarda il PPP il 57% degli investimenti provengono dal settore pubblico, a differenza degli altri due enti.

Il fatto che quasi il 60% delle spese nella loro totalità venissero dai privati senza pesare sull’erario statale era stato ribadito più volte come motivo d’orgoglio dal sindaco di Rio, Eduardo Paes (del PMDB), evidenziando che in tal modo si sarebbero evitati sprechi e corruzione. Ed invece, con lavori che, lungo tutto il 2015, procedevano in ritardo, ritocchi al rialzo della spesa prevista, siamo arrivati alla dichiarazione di calamità finanziaria da parte dello Stato di Rio, con conseguenti scelte di privatizzazione della rete idrica.

Infatti il governo “ad interim” del Brasile, guidato da Michel Temer, ha firmato per lo stato di Rio de Janeiro, poche settimane prima dell’inizio dell’evento, un prestito di emergenza per contribuire al finanziamento delle infrastrutture per le Olimpiadi del 2016, in particolare per una linea della metropolitana che collega le varie location toccate dall’evento. Il piano di salvataggio si è basato sulla vendita della società pubblica di approvvigionamento idrico e dei servizi igienico-sanitari di Rio, la Companhiaestadual de aguas e esgotos (Cedae).

L’interesse dei privati è tutto politico

Parte delle rete idrica di Rio era già stata privatizzata nel 2012 quando, con una concessione trentennale, era entrata nella gestione dell’acqua la compagnia Fozagua 5, azienda partner della più grande Odebrecht. Odebrecht è un colosso brasiliano dell’ingegneria: infrastrutture, energia, sviluppo locale sono solo alcuni dei settori in cui opera. Tanto per citare un caso di privatizzazione, nel 2013 il famoso stadio Maracanà è passato in mano privata proprio a Odebrecht, dopo una ristrutturazione però a spese dello Stato;per garantire l’acqua ai privati il governo ha dichiarato lo stato d’emergenza idrica

Secondo l’osservatorio Corporate Europe – organizzazione che si occupa di documentare gli effetti delle lobby sulla politica – la cessione dell’acqua pubblica a un gigante privato andrebbe letta in chiave politica. In un’intervista al capo della commissione speciale sulla crisi idrica di Rio de Janeiro Renato Cinco, realizzata nel dicembre 2015, si denunciava “l’intenzione del partito di maggioranza in Rio (Pmdb) di vendere le compagnie pubbliche per finanziare la propria attività politica“. La scelta è caduta su Odebrecth non a caso: infatti, secondo il giornale brasiliano Estadao, la compagnia avrebbe contribuito nel 2013 ai due terzi dei ricavi del partito (mentre la parte restante è stata coperta da società di bevande).

Per cedere l’acqua ai privati, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza idrica. Secondo il Guardian la tattica ha seguito un chiaro schema politico dal momento che in emergenza uno stato federale è in grado di chiedere prestiti in deroga alla legislatura nazionale. Attraverso lo stato d’emergenza, dunque, si è potuto finanziare un piano di salvataggio- privatizzazione di risorse pubbliche, come sta avvenendo, su scala nazionale, colla presidenza ad interim, rispetto alla privatizzazione del petrolio nel pre-sal della compagnia petrolifera di Stato, Petrobras, e col progetto di legge per la vendita dei fondi agricoli agli investitori internazionali, contro la quale la massima mobilitazione, fino allo sciopero generale politico, annuncia Joao Pedro Stedile, a nome del Movimento dei Sem Terra.

Tutto ciò è reso più difficile dal vistoso arretramento economico brasiliano, a sua volta determinato dal rallentare della domanda cinese di materie prime. L’anno scorso il Pil brasiliano è crollato del 3,8 per cento, la più forte contrazione da 25 anni (nel 2010 il tasso di crescita era stato del 7,5 per cento).

Nonostante le scelte del governo, che hanno ridotto ad una quota di minoranza lo sforzo finanziario pubblico per le Olimpiadi, si è arrivati, come dicevamo, alla dichiarazione da parte del governatore ad interim dello stato di Rio de Janeiro, Francisco Dornelles del Pp, il Partito Progressista – ma solo di nome, essendo conservatore – dello stato di «calamità finanziaria», cioè di non essere in grado di garantire i servizi essenziali, sanitari, di sicurezza fino ai trasporti pubblici, in occasione dei Giochi olimpici. Lo stato di Rio è, insieme a quello di Rio Grande do Sul, il più indebitato e non ha perciò ricevuto da maggio i contributi del governo federale. La votazione del Senato brasiliano, ad Olimpiadi in corso, il 10 agosto, che ha confermato l’impeachment ha fatto sì che i movimenti e le azioni di lotta per la democrazia in Brasile siano rimasti in piedi lungo tutto il periodo olimpico, unendo lotte sociali e politiche.

Concludiamo con una nota, riguardante la presenza alla cerimonia inaugurale di Gilberto Gil, già Ministro con Lula, per la cultura, e di Caetano Veloso, che si sono esibiti col loro dolcissimo canto.

Vi è un filo rosso che lega Rio 2016 a Londra 2012, come ha fatto rilevare il Presidente di Antigone,

Patrizio Gonnella. E questo filo rosso ha i nomi di Caetano Veloso e Gilberto Gil. La loro performance alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi è un tributo alla loro arte, alla loro poesia e al loro impegno politico. Quarantotto anni fa, se mai le Olimpiadi si fossero tenute a Rio, ci sarebbero andati sì, ma in catene. Fortunatamente la storia non si fa con i se e con i ma. Gilberto Gil e Cateano Veloso sono da sempre uniti nelle avventure e nelle disavventure. Se oggi cantano insieme davanti a centinaia di milioni di telespettatori in occasione della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi allo stadio Maracanà, qualche decennio fa insieme furono costretti all’esilio in quel di Londra da un regime dispotico. Nati entrambi nell’estate del 1942 nello Stato di Bahia, sono stati sempre amici fraterni. Nel 1967 Caetano Veloso pubblica il suo primo album Domingo. Lo stesso fa Gilberto Gil che, anche lui nel 1967, esordisce con Louvação.Le Olimpiadi messicane si conclusero il 27 ottobre del 1968. Il successivo 13 dicembre il dittatore militare del Brasile Artur da Costa e Silva emanò il famigerato Ato Institucional Número Cinco. Era il quinto di diciassette decreti che suggellarono la dittatura fascista che aveva preso il potere nel 1964 con un colpo di stato. Il 28 marzo ’68 a Rio de Janeiro la polizia aveva ucciso un giovane studente durante una manifestazione. Dopo quattro mesi agli arresti domiciliari, se ne andarono in esilio a Londra, nel quartiere di Chelsea. Lì c’è una stradina che si chiama Redesdale Street. Al civico 16 nell’estate del 1969 si trasferirono Caetano Veloso e Gilberto Gil. Rimasero a Londra circa tre anni e poi tornarono in Brasile. Seguiranno tante altre morti. Ci furono proteste dure da parte degli studenti. La reazione dei militari fu l’Ato Institucional Número Cinco. Un colpo mortale alla libertà e ai diritti umani. Si toglieva di mezzo il parlamento, si negava l’habeas corpus per reati di origine politica, si censuravano le opinioni e le arti. Nel frattempo si andò consolidando il Tropicalismo, un movimento culturale di avanguardia musicale che abbracciava anche poesia, teatro, letteratura, cinema, arti visive. I tropicalisti erano artisti politicamente impegnati contro il regime fascista. Gilberto Gil e Caetano Veloso erano tra i fondatori del movimento.

Se questo è vero, se con la cerimonia inaugurale e la tenuta delle Olimpiadi, il Brasile non ha avuto paura di affrontare il suo recente passato di dittatura militare politica e sociale da parte di ristrette oligarchie, resta oggi, davanti alla sinistra di classe, al Partito dei lavoratori, ai progressisti brasiliani, la necessità di fare un bilancio di verità sui grandi eventi sportivi ospitati, sulle lotte politiche e sociali che li hanno contrassegnati, ma anche sulle contraddittorie scelte urbanistiche e sociali, che li hanno segnati.

Concludiamo con questa riflessione, che viene dall’Agenzia cattolica Adista, impegnata, come gran parte della Chiesa brasiliana, ad un intervento critico attivo, dalla parte del popolo, lungo lo svolgersi della vicenda sociopolitica del Brasile dai Forum di Porto Alegre in avanti:

RIO DE JANEIRO-ADISTA. Leonardo Boff le ha definite come «metafora di un'umanità umanizzata»: le Olimpiadi, che in quest'ultima edizione hanno registrato la partecipazione di 206 delegazioni (più dei 193 Paesi rappresentati all'Onu), sarebbero, secondo il celebre ecoteologo brasiliano, «uno dei pochi spazi in cui l'umanità si incontra con se stessa, come un'unica famiglia»: «l'assaggio di un'umanizzazione sempre perseguita ma mai definitivamente conquistata, perché ancora non abbiamo abbastanza maturato la consapevolezza di condividere un unico destino con la nostra Casa comune, la Terra» (www.servicioskoinonia.org, 13/8). Tuttavia, al di là della cerimonia di apertura di uno «splendore ineguagliabile» (e in cui c'è stato anche spazio per l'allarme sul riscaldamento globale) e al di là delle emozioni a cui hanno dato vita gli atleti di tutto il mondo – sufficienti a riportare in secondo piano aspetti non proprio esaltanti come l'inquinamento della baia di Guanabara, l'inquietante acqua verde della piscina dei tuffi, i tanti spalti vuoti, gli episodi di criminalità, le polemiche sugli alloggi degli atleti, qualche inopportuno fischio del pubblico – le Olimpiadi di Rio de Janeiro, presidiate da 68mila agenti di sicurezza (sette per atleta), hanno evidenziato tuttavia anche aspetti nient'affatto in linea con la direzione indicata da Boff. Come «Giochi dell'esclusione e della militarizzazione» li ha per esempio definiti il sociologo RaúlZibechi (www.naiz.eus, 9/8), il quale, citando il rapporto dell'ong Giustiça Global sulle "violazioni dei diritti nella città olimpica", ha posto l'accento sull'inasprimento dei «processi di segregazione socio-spaziale, di controllo e privatizzazione dello spazio pubblico, di sterminio della popolazione nera e povera».

Le cifre parlano chiaro: per realizzare gli impianti olimpici sono state sgomberate 77mila persone, in quella che il rapporto definisce come «la maggiore politica di rimozioni forzate della storia della città», a cui bisogna aggiungere l'espulsione dei venditori ambulanti e del popolo della strada (contro cui gli atti di violenza sono cresciuti del 60% nei mesi da marzo a luglio), arresti di massa e il massiccio impiego di militari nelle favelas, il vertiginoso aumento del numero di civili morti a causa di interventi della polizia (più di un caso al giorno da aprile e giugno, con un aumento del 103% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente).. Né è un caso che, dal 2013 al 2016, le spese per la pubblica sicurezza abbiano registrato un'impennata, passando dal 10 al 15% del bilancio dello Stato di Rio de Janeiro, a fronte della caduta degli investimenti nell'educazione, passati dal 12 al 10%. Cosicché non può affatto sorprendere il dato secondo cui, per il 63% dei brasiliani, le Olimpiadi porteranno più danni che benefici al Paese.

Ma ai Giochi di Rio è andato in scena anche il dramma che sta vivendo il Paese, dove si è ormai quasi consumato il colpo di Stato parlamentare-giudiziario-mediatico contro la presidente Dilma Rousseff, sospesa temporaneamente dalle sue funzioni (ma la sua destituzione è ormai certa, dopo il via libera del Senato, lo scorso 10 agosto, alla procedura di impeachment) e sostituita dall'attuale presidente ad interim Michel Temer, la cui enorme impopolarità (sarebbe addirittura il 79% dei brasiliani, secondo i sondaggi, a non volerlo alla guida del Paese) è emersa in maniera imbarazzante proprio durante la cerimonia iniziale, quando, malgrado tutte le precauzioni impiegate per nasconderne il più possibile la presenza, è stato letteralmente sommerso dai fischi al momento della sua rapidissima dichiarazione di apertura dei Giochi (motivo per cui si è ben guardato dal farsi vedere alla cerimonia di chiusura), in assenza di quasi tutti i Capi di Stato e di governo esteri. Ma il "Fora Temer" (Fuori Temer) – risuonato già nella manifestazione di protesta contro la “Calamità olimpica” promossa, simultaneamente alla cerimonia iniziale, dal Fronte Brasile Popolare, dal Fronte Popolo senza paura e dal Fronte di sinistra – ha accompagnato praticamente tutta la durata delle Olimpiadi, occupando per esempio il percorso della maratona femminile del 14 agosto,vinta dalla keniana Sumsong, lungo il quale si sono succeduti cartelli e manifesti contro il presidente golpista e le sue misure politiche (dallo smantellamento dei programmi sociali alla privatizzazione della Petrobras).

Il fatto è che, come hanno evidenziato molti osservatori, tanta acqua è passata sotto i ponti dalla scelta di Rio de Janeiro come sede delle Olimpiadi (le prime in terra latinoamericana). All'epoca, era il 2009, il Paese viveva una crescita che sembrava inarrestabile, avviandosi a diventare – così si credeva – la quinta potenza più industrializzata del pianeta. E l'allora presidente Lula, adorato da una popolazione che salutava il proprio ingresso nel paradiso dei consumi, poteva contare sull'appoggio di quasi tutta la classe politica, governando praticamente senza opposizione. Il «grande conciliatore», colui che – come ha evidenziato la scrittrice e documentarista Eliane Brum (ElPaís, 1/8) – era convinto di poter combattere la povertà senza toccare i privilegi dei ricchi, attraverso un incremento nell'esportazione di materie prime «promosso come se potesse durare per sempre» (e «senza includere nel conto l'enorme costo socio-ambientale»)così commentava:«Nessuno ha ora più dubbi sulla grandezza economica del Brasile, sulla sua grandezza sociale ». Le Olimpiadi, così come i Mondiali di calcio, prosegue Eliane Brum, «erano state immaginate come l'apoteosi dell'eterno Paese del futuro finalmente giunto a un presente glorioso». La crisi del Brasile e gli stadi vuoti hanno mandato in passivo l’organizzazione. E il buco – previsto in circa 100 milioni – sarà tappato con soldi pubblici dello Stato. Un salasso per un paese in gravissima crisi. Quattro tornate di tagli (a numero volontari, infrastrutture, fringe benefits come le tv per gli atleti e le zanzariere) non sono bastati a compensare le entrate inferiori al previsto.

Le cifre ufficiali parlano di 5 milioni di biglietti venduti, l’82% di quelli disponibili. Ma gli stadi sono apparsi quasi sempre tristemente vuoti. «Colpa di quelli venduti in blocco a grandi aziende e non usati», spiegano a Rio 2016. I costi per la sola organizzazione dei Giochi sono stati pari a 4,8 miliardi di dollari, il 56% più del budget secondo uno studio della Oxford University. La media dello sforamento nella storia delle Olimpiadi dal 1960 è del 151%.

E invece è sopraggiunta la crisi, riportando bruscamente il Brasile con i piedi per terra, facendolo piombare in una realtà di recessione economica e di caduta del potere d'acquisto e, con ciò, di voltafaccia e tradimenti politici, fino all'apertura di un impeachment senza alcun fondamento giuridico, che avrà il suo scontato finale a partire dal 29 agosto prossimo. E, con ciò, l'esplosione di contraddizioni irriducibili, come quella, conclude Eliane Brum, «di un governo di sinistra che aveva già da molto tempo smesso di esserlo» o quella «del sostegno dei movimenti sociali al mandato di una presidente che ha autorizzato una legge che criminalizza i movimenti sociali» o, ancora, quella «di fingere che chi è oggi al potere non fosse l'alleato di ieri».

Cosa resta dopo Rio2016: la città ritorna povera, ma non per gli speculatori

Le infrastrutture costruite quasi solo nelle aree agiate da due grandi imprese che si sono arricchite. Mentre le casse comunali sono in profondo rosso

Le Olimpiadi a Rio de Janeiro sono finite e si pensa a cosa lasceranno alla città e ai cittadini. Rimarranno parecchie opere pubbliche, certo. Ma secondo alcuni critici, soprattutto, aumenteranno le disuguaglianze sociali, perché i soldi sono stati investiti nelle zone più ricche della città.

Le Olimpiadi?

Sono giochi d’azzardo e questo è il motivo principale per non azzardare ROMA 2024-

I costi dell’evento sono raddoppiati da 10 a 20 miliardi di dollari. Ecco perché il Brasile rischia di trovarsi ancora più povero dopo Rio 2016

I Giochi sono costati circa 20 miliardi di euro. Una cifra decisamente inferiore 40 miliardi di euro spesi per l’edizione del 2008 a Pechino. Del totale, 7 miliardi di euro sono stati spesi per i lavori pubblici con particolare attenzione ai trasporti urbani. Non v’è dubbio che tali investimenti abbiano portato delle migliorie. Ma quali? E chi ne beneficerà?

Sandra Quintela, economista e ricercatrice dell’Instituto di Políticas Alternativas para o Cone Sul, ha dichiarato che «queste Olimpiadi sono i giochi dell’esclusione, i giochi ai quali il popolo non è stato invitato ma, al contrario, è stato completamente escluso dal processo decisionale sulla città che si voleva costruire». Quello che si è visto durante tutto il processo di lavoro, che ha rimodellato molte parti della città, sono state le violazioni dei diritti e lo sviluppo di un progetto finalizzato a soddisfare gli interessi di affaristi e speculatori.

I critici puntano il dito sull’interesse economico del mercato immobiliare che ha dirottato le opere di infrastruttura verso le zone più agiate a detrimento di quelle periferiche. Gran parte dei lavori pubblici sono stati affidati a due grosse società di costruzione: la CarvalhoHosken e la Odebrecht. Quest’ultima è stata coinvolta nell’inchiesta su Petrobras, la compagnia petrolifera statale. I procuratori del Paraná, a capo dell’indagine, hanno scoperto che il 73 per cento dei fondi destinati ai lavori per i Giochi è andato ad arricchire le aziende private. Tutto ciò ha portato a escludere un gran numero di soggetti. Qualcosa di molto diverso da quello spirito di unione dei popoli che dovrebbe essere un fondamento delle Olimpiadi moderne.

Nonostante la città abbia ricevuto una somma importante per la costruzione delle infrastrutture, il governatore ad interim dello Stato di Rio de Janeiro, Francisco Dornelles, ha dichiarato lo scorso luglio il collasso dei conti pubblici. Per avere un’idea del problema, il Tribunal de Contas do Estado (Tcu) ha rilevato, tra gli anni 2008 al 2013, perdite per 39,4 miliardi di euro per la concessione di esenzioni fiscali alle aziende coinvolte nel business olimpico. Con l’emissione del decreto di emergenza pubblica, il governo federale ha stanziato 828 milioni di euro a favore dello Stato carioca. Soldi che sono stati spesi esclusivamente per le opere legate alle Olimpiadi, a discapito degli stipendi, pagati in ritardo e con il già richiamato intervento di privatizzazione di rete idrica e fognature.

D’ altro canto Sergio Besserman, economista ed ex presidente dell’Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística (Ibge, l’Istat brasiliano, ritiene che, alla luce del travagliato momento economico e politico in cui il Brasile si trova, la cosa più importante che resterà dopo le Olimpiadi saranno le pressioni popolari sulla classe politica: «Sono tornati d’attualità temi come l’uguaglianza e la lotta per i diritti. Ora tutto dipenderà da come verrà gestita una situazione di conflitto sociale», spiega.

Pur partendo da una visione critica, Besserman non nega che la città oggi sia migliorata: «È stata recuperata la zona portuale, la culla della città, dove il popolo carioca ha le sue radici».Si riferisce al piano di riqualificazione di cui ha beneficiato il Porto Maravilha. Abbandonato per anni al degrado, il quartiere ora può vantare un boulevard in stilo europeo, pista ciclabile, passeggiate, il Museu de Arte do Rio (Mar) e il Museu do Amanhã (Museo del Domani). Quest’ultimo è il simbolo più eloquente della rinascita della zona. «Ci sono stati dei cambiamenti» prosegue Besserman, «e ora bisogna vedere come il governo opererà per continuare su questa strada. È inutile creare nuovi percorsi per gli autobus veloci se poi si sopprimono le linee dei bus che servono le zone periferiche. Col risultato che chi vi abita deve fare chilometri a piedi per arrivare alle fermate. Ancora una volta si è creato un progetto che non tiene conto delle esigenze di chi si sposta con i mezzi pubblici per andare a lavorare».

Olimpiadi per chi? «Non avevamo bisogno di un mega evento per rinnovare la città, tanto meno avevamo bisogno di distruggere le case», dice VirgíniaFontes, docente dell’ Università Federa Fluminense, riferendosi agli sgomberi che, a partire dal 2009, hanno coinvolto oltre 77mila persone, cacciate via delle loro abitazioni per fare spazio alle infrastrutture.

Alcuni casi sono diventati simboli di resistenza. Come la favela Metro Mangueira, a meno di un chilometro dal mitico stadio Maracanã, smantellata senza alcuna motivazione ufficiale. O la Vila Autodromo, abitata da oltre 600 famiglie, troppo vicina alla Vila Olimpica – una zona di intenso apprezzamento immobiliare – ora ridotta a 20 case.

O come la storia di Anazir Maria de Oliveira, “Dona Zica” per gli amici. Ha subito tre sgomberi nella sua vita. Tutti durissimi da affrontare, specie il secondo, quando lei aveva 18 anni ed era incinta. Ricorda di come martellava le pareti, nonostante il peso del pancione, per smontare le poche cose che aveva e che voleva tenere con sé. «Il comune non ti offre nulla, se non il camion, così puoi portarti via il prima possibile la tua roba da quella casa che non è più tua», racconta Dona. Anni dopo arriva il terzo sgombero e lei ricorda che era anche felice perché stava andando a vivere in una casa vera. «Ma il governo ha costruito le case popolari in mezzo al nulla e ti butta lì come se tu non valessi nulla. Ti dà la casa, ma mancano l’acqua, la luce, i trasporti, la scuola. Solo in seguito ho capito dove ero andata a finire», commenta. I rapporti di amicizia e il senso di appartenenza maturati nel corso degli anni vengono calpestati. «Ci dividono, ci mandano un po’ di qua e un po’ di là” aggiunge.

«Ancora una volta si è persa l’occasione di cambiare la vita di chi abita in periferia”, dice Alessandro Couto, professore e membro del “ComitêPopular da Copa e Olimpìadas do Rio de Janeiro”. Secondo lui esiste un debito enorme con la periferia. «Dal 2007, quando Rio ospitò i Giochi Panamericani, sentiamo parlare dei cambiamenti che dovrebbero migliorare la qualità di vita delle persona ma, a quanto pare, per gli organizzatori di questi grandi eventi solo una parte della società merita attenzione. Ciò che queste Olimpiadi lasceranno, sostiene Couto, «sarà la certezza di una città ancora più divisa ed elitaria, che volta lo sguardo dall’altra parte di fronte alla povertà. Che passa sopra ai diritti dei cittadini e non cura l’interesse generale».

La percezione collettiva sarebbe stata molto più positiva se le opere pubbliche fossero state completate per tempo e se non avessero causato disagi alla collettività. Clarisse Linke, direttrice dell’ Instituto de Políticas de Transporte e Desenvolvimento (Itdp), si domanda se le infrastrutture soddisferanno i bisogni collettivi.«Una città più giusta, equa, a prezzi accessibili e collegata alla rete? Mi dispiace, ma penso di no», commenta. Secondo lei, i problemi di mobilità non si risolvono semplicemente espandendo le infrastrutture, ma con una pianificazione integrata alle politiche di uso e occupazione del suolo: «Il centro di Rio è un’area che continua ad avere bisogno di investimenti. Fare le Olimpiadi alla Barra significa perseverare in una politica che favorisce la urbansprawl (città diffusa)». E aggiunge: «I tre territori di Rio de Janeiro che storicamente hanno più bisogno di investimenti e di attenzionesono la zona centrale, quella settentrionale e la regione della Baixada Fluminense. Al di là del grande investimento sul Porto Maravilha, che nonostante gli aspetti positivi è debole per quanto riguarda la politica degli alloggi, il nord e la Baixada Fluminense non hanno tratto alcun beneficio dall’organizzazione dei Giochi».

Il Comune si difende dalle critiche sostenendo che, dei 160 quartieri di Rio, 107 sono coperti da investimenti e che, se nel 2009 solo 18 per cento della popolazione era servita dal trasporto pubblico, dal 2017, la cifra salirà al 63.

Se la mobilità ha suscitato polemiche, la questione ambientale non è da meno. Tutti gli impegni a favore dell’ecosostenibilità dei Giochi sono stati violati. Il rifacimento delle fognature che cadono nelle acque della Baia de Guanabara non ha toccato nemmeno il 50 per cento del totale, a fronte della promessa che si sarebbe arrivati all’80. La Lagoa di Jacarepagua, che confina con il Parco Olimpico, è una cloaca a cielo aperto. Il sogno di aprire la Lagoa Rodrigo de Freitas al pubblico è stato abbandonato.

Ecco i numeri dei costi della rassegna olimpica:

20 miliardi di euro spesi per i Giochi (quelli di Pechino 2008 costarono, per fare un paragone, circa 40 miliardi)

7 miliardi di euro spesi per opere pubbliche di cui 4 a carico delle casse pubbliche e 3 sborsati da investitori privati

Solo 8,9 milioni di euro spesi per le politiche sociali (Mentre per la mobilità urbana si sono investiti 3,9 miliardi di euro, 513,9 i milioni a favore dell’ambiente)

L’interesse verso le Olimpiadi c’è, quindi, ma è assai limitato, non fosse altro per il fatto che lo stipendio minimo in Brasile si aggira sui mille reais (circa 300 euro) e il biglietto per vedere un evento costa in media 2mila reais. Rio2016, promosso come evento sportivo mondiale fondato sul tema dell’inclusione sociale e dei valori universali si rivela invece un evento a cui solo i turisti e le persone con disponibilità economiche ben al di sopra della media brasiliana possono accedere.

Emblematica, in questo contesto, la vicenda della judoka, figlia della favela, che ha conseguito il primo oro brasiliano nella rassegna olimpica, dove alla fine il Brasile ha concluso al 13. Posto nel medagliere, di gran lunga il primo Paese latinoamericano ( Cuba 18., Colombia 23., Argentina 27.):

Rafaela Silva piange, trema per la felicità e, abbracciato il suo allenatore, si tuffa in un irrefrenabile ed emozionatissimo stage diving sul pubblico carioca, a cui si avvinghia per ricevere tutto il calore di chi l’ha acclamata fin dall’inizio della finale di judo, categoria 57 chili, di cui ora è campionessa olimpica. È questa la prima medaglia d’oro vinta dal Brasile alle Olimpiadi di Rio 2016 ma, sfortunatamente, la comunità di Cidade De Deus, dove è nata e vissuta Rafaela, non ha molte ragioni per festeggiare. Il motivo? La notte dell’8 agosto, il giorno in cui Rafaela ha vinto la medaglia d’oro, Cidade De Deus è stata al centro di un’operazione di polizia. Una notte costellata da sparatorie terribili.

È una triste contraddizione quella di Dona Zenilda e Luiz Carlos, i genitori di Rafaela, che al mattino del lunedì si recano al Carioca Arena 2 per assistere alla vittoria della propria figlia e poi si trovano la sera una sparatoria davanti alla porta di casa.

“Come si può parlare di spirito olimpico in queste condizioni? Cidade De Deus è una favela dove la guerra ha carta bianca, queste Olimpiadi sono una truffa per gli abitanti delle favelas e la ragione è la disuguaglianza, la povertà. Qui, nella City of God, è come se Dio sparasse a se stesso tutti i giorni”. Parola di Juliana Portella, attivista impegnata a favore della popolazione che vive nella favela di Cidade de Deus, resa famosa dal film City of God del regista Fernando Mereilles, autore della regia spettacolare serata di inaugurazione delle Olimpiadi allo stadio Maracanã. Mereilles non ha dimenticato le favelas: erano raffigurate dai display e variopinti sullo sfondo della scenografia. E vi era anche un richiamo, poi soppresso, perché poco chiaro nella parte di esibizione riservata alla modella Gisele Bundchen.

Rio On Watch, il canale dedicato alle Olimpiadi 2016 creato da Catalytic Communities, l’Ong che da 16 anni si occupa di dare una voce e una dignità alle favelas, ha commentato in modo negativo questa scelta: “I toni apertamente gioiosi con cui sono state rappresentate le favelas sono stati percepiti da molti come minacciosi. Questa rappresentazione mistificava la paura e la radicata sofferenza delle comunità delle favelas, causate da oltre un secolo di stigmatizzazione e marginalizzazione da parte dello Stato”. Ha colpito, soprattutto, il contrasto tra le scatole multicolor sovrapposte con l’alto numero di espropriazioni forzate (77mila) in vista dell’evento olimpico. Quale sarebbe il messaggio di questa scenografia? RioOnWatch pone una giusta provocazione:“Le colline delle favelas sono interessanti finché si tratta di darne una rappresentazione artistica, ma si ritiene forse non abbiano abbastanza valore da meritare un intervento che aiuti e tuteli i diritti dei suoi abitanti?”.

Ecco, le contraddizioni tra universalismo olimpico dell’unica famiglia umana e taglienti, come rasoio, divisioni di classe che, con questo modo di produzione, affliggono anche gli sforzi generosi del più progressista governo di un Paese del Sud del Mondo, che non vuole guardare al Nord col cappello in mano, sono tutti in questa domanda, ineludibile ed allo stato inevasa, non solo in Brasile.

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1 Commento


  • gabriella ghilarducci

    Bellissimo articolo!

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