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Il NO al referendum sarà più sociale che tecnico

Mi è capitato, in questi giorni, di assistere ad alcuni dibattiti televisivi aventi ad oggetto il  tema del referendum sulle modifiche costituzionali. Ne ho tratto una sensazione di spaesamento e, al contempo, un timore: che la limpidezza e la chiarezza delle ragioni del No possano finire avvolte nella nebbia dei tecnicismi e  delle discussioni un pò troppo leziose, facendo perdere di vista il senso politico dell'operazione che il duo Renzi Boschi sta provando a mettere in campo.

Pur nella consapevolezza che trattasi di materia non semplice, il pericolo di attestarsi su un piano della discussione troppo tecnico va scongiurato per evitare al comunicatore/imbonitore Renzi di giocarsi la carta, truffaldina ma potenzialmente vincente, del superamento del bicameralismo e del taglio dei costi, anche se sappiamo bene che nessuna di queste argomentazioni corrispondono al vero.

In fondo, per un disoccupato, per un precario, per chi assiste alla mercificazione del proprio lavoro attraverso i voucher  o per tutti quei lavoratori che subiscono il ricatto infame del job act, potrebbe anche risultare poco rilevante se le leggi siano fatte da una Camera sola, da due o, come nel caso delle modifiche proposte dal duo Renzi Boschi, da una Camera alla quale si aggiunge un Senato ibrido e pasticciato.

E allora la domanda da porsi è la seguente: come trasformare una materia che rischia di essere percepita distante e appannaggio degli addetti ai lavori in un ragionamento "attrattivo", capace di risultare comprensibile e quindi mobilitare quei settori sociali sui quali oggi maggiormente si abbatte la crisi e il cui orientamento di voto determinerà la vittoria del si o del no? O ancora come rendere comprensibile il nesso esistente tra il fine perseguito (perseverare nello smantellamento dei  diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione) ed il mezzo utilizzato (modifica dei meccanismi decisionali)?

Per rendere manifesto e comprensibile la posta in gioco e il senso politico del disegno eversivo che si vuol compiere occorre partire da una premessa.

La Costituzione non è una qualsiasi legge ordinaria, per quanto terribili possano essere leggi come  il job act o la buona scuola, ma è l'impalcatura di uno Stato sia per quanto attiene la direzione che le politiche sociali ed economiche devono seguire (la c.d. prima parte della Costituzione), sia per ciò che concerne l'organizzazione dello Stato e quindi anche le modalità di formazione dei processi decisionali (la c.d. seconda parte della Costituzione).

E non vi è dubbio che i padri costituenti avevano immaginato un sistema nel quale la Carta Costituzionale fosse vista nella sua organicità, un unicum nel quale vi fosse una stretta connessione tra la prima parte della Costituzione e la seconda.

E allora cosa cercano di nascondere il duo Renzi Boschi dietro la favoletta della semplificazione, del taglio dei costi e del superamento del bicameralismo?

Indubbiamente le parole pronunciate da JP Morgan tanto inquietanti quanto chiare, ci danno una mano sia per esplicitare i veri mandanti di questa riforma (le elitè oligarchico finanziarie), sia per individuare il vero obbiettivo cui tende la riforma costituzionale unitamente alla legge elettorale Italicum: eliminare del tutto le tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori attraverso processi decisionali che concentrino tutte le decisioni nell'esecutivo, sostituendo il principio della rappresentanza con quello della  governabilità.

La verticalizzazione del potere e la sua concentrazione intorno alla figura del premier, lo svilimento

del ruolo del Parlamento a vantaggio di un premierato assoluto, contenuti nel  combinato disposto Italicum e riforma del Senato, sono quindi funzionali ad eliminare ogni ostacolo al recepimento veloce e senza complicazioni  delle decisioni economiche sociali e politiche che oramai appartengono alla governance sovranazionale europea.

Ecco a cosa allude il premier Renzi quando parla di semplificazione : è' il famoso pilota automatico tanto caro alle istituzioni europee!

In questo percorso, quindi, la Costituzione italiana deve allinearsi alle finalità programmatiche dei trattati europei: al bando ogni tensione verso la giustizia sociale contenuta nella Costituzione, il mantra è il raggiungimento di quella stabilità dei prezzi che preclude qualsiasi politica anti ciclica e il cui perseguimento genera necessariamente disoccupazione, diseguaglianza sociale e smantellamento dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta costituzionale.

Il governo ha schierato in campo per vincere il referendum l'artiglieria pesante: la stampa internazionale, le dichiarazioni dell'ambasciatore Usa, i parallelismi tra la vittoria del no al referendum e la Brexit

La sfida va raccolta fino in fondo e giocata a quel livello puntando senz'altro a fare prevalere il no attraverso la caratterizzazione sociale dell'opposizione alle modifiche costituzionali e all'Italicum, ma anche mirando al bersaglio grosso: mettere in crisi quell'elite europeista oligarchico finanziaria autoproclamatasi al governo dell'Europa e che rappresenta la fonte di innesco di tutte le politiche che stanno martoriando le popolazioni, in particolar modo del Sud Europa

In questa ottica la vittoria del no potrebbe contenere la prospettiva e l'ambizione di contribuire ad una presa di coscienza collettiva sul vero significato del progetto europeista.

Lo sciopero del 21 ottobre indetto dall'Usb e da altre organizzazioni sindacali di base e la manifestazione nazionale del 22 ottobre per un No sociale alle modifiche controcostituzionali, costituiscono, da questo punto di vista, un'occasione e una opportunità da non perdere.

* Usb

 

#ottobrerosso2016

 

 

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