Una breve premessa
L’esperienza dell’Azienda Speciale Acqua Bene Comune, come sappiamo, è quella più avanzata a livello nazionale e, quindi, nessuna forza antiliberista può ritenersi indifferente di fronte alle contraddizioni verificatesi nell’ultimo periodo, da ciò la convinzione che anche un giornale comunista come il nostro, da sempre favorevole alle lotte per l’Acqua Pubblica, non possa evitare di fare il tentativo di dare un proprio contributo.
Quindi le presenti considerazioni, pur riprendendo dei punti che hanno provocato alcune divisioni, non hanno lo scopo di fermarsi ad esse ma di andare oltre pensando a come organizzarsi di fronte alle prossime scadenze.
Perciò, riprendere una larga discussione alla luce di quanto accade significa, per la nostra area di riferimento della sinistra alternativa e del Movimento napoletano, evitare di delegare il peso di questa cruciale lotta ai soli Comitati per l’Acqua.
In sintesi, affrontare le contraddizioni in maniera dinamica per noi è l’unico modo corretto per non scadere in polemiche e “scomuniche” sterili da qualsiasi parte esse provengano.
- Una scadenza su cui discutere: le elezioni dei Consigli di Distretto
Una delle occasioni per ricostruire un confronto ed un’iniziativa ampia c’è data da un passaggio importante nell’attuazione della legge regionale campana n. 15/2015 sul riordino del servizio idrico integrato che, tra l’altro, prevede, per il prossimo mese di dicembre, le elezioni dei Consigli di distretto, ossia del primo anello di una struttura gerarchizzante mirante ad espropriare Comuni e cittadini da forme incisive di partecipazione secondo i dettami del famigerato “Sblocca-Italia”.
Non a caso riteniamo che il profilo partecipativo con l’istituzione e l’avvio del Consiglio Civico da parte della cessata Presidenza Montalto sia stato un tratto positivo di tale esperienza e vada rafforzato.
In tal senso, potrebbe essere importante anche un’apposita modifica dello statuto aziendale mirante a coinvolgere pure le Municipalità, ma il Consiglio non andrebbe identificato – come, invece, è accaduto nei fatti – col Movimento per l’Acqua Pubblica che dovrebbe essere soltanto una delle componenti. Questo dipenderà anche dalla scelta di investirvi, con una partecipazione diretta, da parte delle altre realtà, associative, o di movimento, interessate alla promozione del “bene comune”.
Filosofia diametralmente opposta è quella contenuta nella citata legge regionale ove la partecipazione degli utenti è confinata in un Comitato Consultivo e, quindi, senza presenze né nei Consigli di distretto né tantomeno nel Comitato esecutivo.
I Consigli distrettuali, infatti, coinvolgono appena 150 dei 551 Comuni campani, rappresentano un classico esempio di elezioni di secondo livello e saranno seguite da elezioni ancora più ristrette – di terzo livello – con la costituzione del Comitato Esecutivo dell’Ente Idrico Campano di soli 20 componenti, con i Consigli distrettuali e il Comitato esecutivo, infine, vengono coinvolti soltanto una parte dei Sindaci dando un pesante colpo alle competenze consiliari in materia di scelta dei modelli gestionali pur formalmente previste dal Testo Unico sugli Enti Locali.
La struttura a cerchi concentrici della legge regionale avrà anche l’effetto di costruire una vera e propria gabbia intorno all’ Azienda Speciale napoletana perché, in conseguenza di quanto affermato in precedenza, i Consigli di Distretto decideranno anche sui modelli gestionali del Servizio Idrico Integrato e l’E.I.C. acquisirà il controllo delle gestioni in house.
- Sintetiche considerazioni sulle posizioni del Comitato per l’Acqua Pubblica e su quelle dell’ Amministrazione Comunale.
A questo punto, però, pur sostenendo una ripresa in avanti della discussione, elementari esigenze di chiarezza c’impongono di analizzare brevemente il ruolo del Movimento per l’Acqua nell’ultimo periodo perché, a nostro avviso, con la Presidenza Montalto s’è eccessivamente identificato con l’Azienda Speciale perdendo, così, buona parte della sua autonomia.
Ciò, in parte, è stata anche la conseguenza della storia di Montalto proveniente proprio da quel Movimento e questa circostanza – per alcuni aspetti sicuramente positiva – per l’ autonomia del Movimento è diventata progressivamente negativa e ciò, ad esempio, s’è visto nella vicenda dell’ assorbimento in ABC dei lavoratori del depuratore di San Giovanni – abbondantemente precedente alla passata presidenza Montalto – dove il peso delle pur esistenti questioni di copertura finanziaria ha portato, oggettivamente, sia alla scarsa ricerca di soluzioni improntate a maggior flessibilità, sia ad una sottovalutazione di fatto dell’obiettivo di costruzione del servizio idrico integrato su cui siamo tutti d’accordo.
Insomma posizioni che possono essere comprensibili nell’ottica di un responsabile aziendale, lo diventano di meno quando vengono piattamente recepite a livello di Movimento.
A tal proposito, la riflessione sul neo-municipalismo può sicuramente aiutarci a non ripetere errori simili.
Infatti: se si guarda all’esperienza di “Barcelona en Comù” la Ada Colau, già leader riconosciuta della Pah (Piattaforma delle vittime dei mutui) come Sindaco non s’è identificata col Movimento e quest’ultimo, a sua volta, è stato ben attento a non confondersi con “Barcelona en Comù”.
D’altro canto, per il ruolo dell’Amministrazione, pensiamo che essa, pur partendo da una corretta visione non ragionieristica dei problemi gestionali, non possa limitarsi ad enunciazioni generali che, per quanto importanti, poi si scontrano con gli aspetti operativi (qualcosa di simile sta accadendo con le politiche sociali).
Più nello specifico, il ciclo idrico integrato, nell’attuale normativa, prevede anche delle “contabilità separate” per i diversi segmenti e, quindi, l’assorbimento dei lavoratori del Consorzio di San Giovanni a Teduccio non è soltanto un problema di copertura finanziaria del personale ma richiede una più generale trasformazione di ABC per rafforzarne la candidatura a gestore unico del ciclo integrato.
Ciò significa che la questione del piano industriale è ineludibile e avrebbe dovuto precedere o, tuttalpiù, essere contestuale a quella dell’assorbimento dei lavoratori.
Comunque sull’ “atto fondamentale” del piano economico-finanziario importante sarà il ruolo del Consiglio Comunale e, in quella sede, dovrà riprendere con molta attenzione la discussione.
- Una possibile strada per superare nella chiarezza le contrapposizioni
Oltre alle elezioni dei Consigli di distretto con cui abbiamo aperto la presente nota, indispensabile è una ripresa del confronto sul Decreto Madia:
sembra che l’ultima versione del Testo Unico in materia di servizi pubblici locali, in seguito al parere delle competenti commissioni parlamentari, abbia eliminato quella forma di gerarchizzazione dei modelli gestionali che avrebbe relegato l’Azienda Speciale soltanto nei servizi non a rete privilegiando Spa e Srl per quelli a rete.
Questo spiraglio può essere importante se si ripropone, come auspichiamo, la battaglia per l’Azienda Speciale consortile.
Tuttavia occorrerà aspettare la pubblicazione del citato decreto perché, allo stato, non sappiamo con certezza se il Governo si adeguerà o meno al parere parlamentare, comunque anche nell’ipotesi in cui il Governo non volesse adeguarsi, sotto il profilo normativo, sono sempre possibili altre forme associative come i Consorzi o le Unioni dei Comuni.
Inoltre, per gli affidamenti in house di un servizio pubblico, altre insidie provengono dal nuovo codice degli appalti che impone un “onere motivazionale rafforzato” per giustificare la scelta rispetto al ricorso al mercato.
Una delle preoccupazioni emerse nel dibattito in questione è stata quella che un’eventuale partecipazione a gare per l’affidamento del servizio idrico integrato presupporrebbe, per forza di cose, la trasformazione di ABC in Spa.
Questo tipo di “obbligo” pensiamo che non sia per nulla scontato sia perché esiste una disposizione statutaria che permette di “promuovere e stipulare accordi e convenzioni” sia con soggetti privati che pubblici (art. 55, co. 8, statuto ABC) sia perché anche la giurisprudenza in materia prevede simile possibilità; in questo modo l’Azienda Speciale manterrebbe in pieno la sua autonomia.
Però, a nostro avviso, l’aspetto più importante è che occorre meglio collegare la battaglia per l’acqua pubblica alla riorganizzazione su scala metropolitana dei servizi pubblici.
Ciò, per quanto riguarda l’acqua, anche in ossequio ad una disposizione statutaria della Città Metropolitana di Napoli (“La Città Metropolitana si impegna a realizzare il governo dell’acqua, risorsa pubblica, su scala metropolitana…”).
Del resto, uno dei problemi maggiori che si ha difronte è che la legge regionale campana sul riordino del servizio idrico integrato cerca di stroncare sul nascere una possibilità del genere dividendo i Comuni appartenenti all’ex-Provincia in due diversi ambiti distrettuali mentre in altre Città metropolitane (si veda Milano) si va in direzione esattamente opposta istituendo un unico Ambito metropolitano per il S.I.I.
Una battaglia contro l’impostazione regionale potrebbe aprire anche nuovi spazi finanziari che permetterebbero l’assunzione dei 108 lavoratori del Consorzio di San Giovanni a Teduccio adoperando, ad esempio, una parte dell’avanzo non vincolato dei circa 470 milioni della Città Metropolitana contro la linea liberista del pareggio di bilancio superando l’attuale soluzione-tampone della delibera di giunta n. 596.
Tuttavia su quest’ ultimo aspetto i tempi stringono perché la vigente normativa prevede la possibilità di apportare variazioni al bilancio di previsione non oltre il 30 novembre mentre occorrerebbe da subito una grossa mobilitazione per violare i vincoli liberisti sull’atto contabile in questione.
Infatti proposte del genere dipendono molto dai rapporti di forza che si riescono a creare e sotto quest’aspetto importante sarebbe la costruzione di un’Assemblea Metropolitana di Movimento che potrebbe mettere a frutto sul piano locale anche quanto di buono è emerso dalle giornate del 21 (Sciopero Generale) e 22 ottobre (NO Renzi day) a livello nazionale.
Qui non possiamo evitare di richiamare problematiche più generali riguardanti il riflesso nei servizi pubblici locali dei processi di concentrazione/centralizzazione capitalistica miranti ad una forte de-territorializzazione dei servizi pubblici in questione e sotto questo aspetto anche un livello d’aggregazione metropolitano non è sufficiente, tuttavia ci sembra una strada che, comunque, va percorsa perché, com’è ovvio, il nostro punto di vista è ben lontano da quello delle lobby oligopolistiche e perché una forma di legame col territorio è fondamentale per evitare la definitiva mercificazione del bene acqua.
E’ noto che anche al Sud si mira ad una gestione interregionale dell’acqua già presente, nei fatti, al Nord intorno ai Gruppi IREN, A2A, HERA. Nel Meridione, secondo i primi progetti, dovrebbe trattarsi di una Società Partecipata con la presenza del Ministero dell’ Economia e delle Finanze nell’azionariato.
Le “macrogestioni” dei servizi pubblici locali serviranno a preparare il terreno alle “Macro-Regioni” che saranno il prossimo obiettivo “riformistico” per piegare i livelli istituzionali alle esigenze dell’accumulazione capitalistica.
Pure lo stravolgimento della proposta di legge d’iniziativa popolare avvenuta in queste settimane nelle Aule Parlamentari cerca di assecondare i richiamati processi di concentrazione/centralizzazione trasformando il “distretto idrografico” – che ha un ambito interregionale – nella “dimensione ottimale di governo, di tutela e di pianificazione delle acque” (la Campania, com’è noto, fa parte del distretto dell’Appennino meridionale insieme ad altre sette Regioni).
Di fronte a queste non lontane prospettive pensiamo che non sia più sufficiente il solo richiamo all’esito del pur importante referendum del 2011 ma occorrerà aprire un dibattito sulla rinazionalizzazione dei servizi pubblici essenziali anche alla luce dell’ art. 43 della Costituzione (“A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire…allo Stato, ad Enti pubblici ….determinate imprese o categorie d’imprese che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti d’energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”).
Per concludere, riteniamo che di argomenti su cui riprendere un confronto costruttivo sia nei movimenti di lotta napoletani e con l’Amministrazione Comunale e Metropolitana, pur nella reciproca ed indispensabile autonomia, ce ne siano, noi non possiamo che riconfermare la nostra disponibilità a mettere a disposizione anche lo strumento del quotidiano Contropiano.org.
Redazione Contropiano – Napoli
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