Per un 1 MAGGIO che veda come protagonisti lavoratori migranti, e di tutte le nazionalità.
Da febbraio lo spazio “Noi ci siamo! Con Abd el Salam”, sgomberato da via Fortezza, si è trasferito in uno dei quartieri a maggiore concentrazione di lavoratori migranti. Proprio da qui vorremmo organizzare un Primo Maggio di mobilitazione e di lotta, che sappia esprimere le esigenze e le rivendicazioni che accomunano i lavoratori di tutte le etnie e di tutte le nazionalità, autoctoni o immigranti che siano.
La giornata del Primo Maggio possiede in tal senso una valenza particolare: più di 100 anni fa, organizzazioni di lavoratori e sindacati si ponevano l’obiettivo della limitazione ad 8 ore della giornata lavorativa: in tutto il mondo i lavoratori, gli operai, i salariati, scendevano in strada con questa comune rivendicazione. Oggi, le loro parole d’ordine risuonano più attuali che mai: dopo quasi un secolo da questa grande conquista, lo sfruttamento sui luoghi di lavoro non conosce ormai più limiti di sorta. Il lavoro, quello delle 8 ore del secolo sorso, non è più una garanzia per nessuno. La precarietà, a vario grado, ne è divenuta il tratto distintivo.
La crisi ha poi accelerato questo processo, e alla minaccia di chiusure, licenziamenti e delocalizzazioni, si è aggiunto il ricatto esercitato sulla forza lavoro migrante, costretta a subire il livello più infimo dello sfruttamento, e direttamente utilizzata per abbassare i salari di tutti, ed eliminarne i diritti.
Ma gli attacchi hanno anche generato delle risposte, e quasi tutti i settori, dai metalmeccanici alla logistica, dagli autoferrotranvieri agli impiegati dei call center, sono oggi attraversati da un grande numero di mobilitazioni. E la stessa crisi crisi ha generato poi un processo di livellamento delle nostre condizioni verso il basso, rendendo la nostra classe molto più omogenea che in passato. Per questo è di vitale importanza, per il padronato, fomentare una guerra tra poveri che mantenga divisi i vari comparti, sfruttando differenze salariali, contrattuali, territoriali, o ancora meglio, differenze etniche e di nazionalità.
Proprio a partire da quest’ultimo elemento vorremmo costruire il Primo Maggio: contro il ricatto politico che grava direttamente sulla forza lavoro migrante, ma che si ripercuote poi, in maniera generalizzata, sulle condizioni di tutti i lavoratori. Una giornata nella quale prendano parola gli operai della logistica, i braccianti, le badanti impiegate nella cura degli anziani, gli sfruttati dalle cooperative della lega coop e dei mercati rionali.
Vogliamo costruire il Primo Maggio di coloro che scappano dalle guerre militari e di coloro che si ribellano alle guerre economiche e ai tagli alla sanità, alla scuola e ai salari, politiche da macelleria sociale i cui effetti, senza distinzione alcuna, ricadono sui lavoratori e le lavoratrici di qualunque provenienza e nazionalità. Un Primo Maggio di lotta contro le politiche di espulsione, che rivendichi il permesso di soggiorno sganciato dal contratto di lavoro, contro una condizione di clandestinità che obbliga il migrante al silenzio e lo riduce nel più totale anonimato, presupposti che lo costringono ad accettare qualunque condizione di lavoro e di vita, e a marcire, senza alcuna tutela, tra disoccupazione e lavoro nero.
Denunciamo il sistema affaristico dell’accoglienza, finalizzata alla speculazione e al profitto, pienamente determinata dalle politiche e dai trattati europei (Dublino III ed affini) che regolano i flussi migratori in base alla necessità di manodopera a basso costo. Politiche dell’Unione Europea che si traducono come accoglienza per qualcuno, respingimento per molti, e sfruttamento per tutti, indistintamente.
Vogliamo costruire un Primo Maggio con le associazioni, i Sindacati di Base, la cittadinanza solidale, i comitati di lotta per la casa e con tutte quelle realtà che sviluppano strumenti mutualistici e solidaristici sul territorio, dagli ambulatori popolari alle scuole di italiano delle comunità migranti, alle reti di solidarietà.
Una giornata contro il lavoro schiavile, e non soltanto quello dei braccianti del sud della penisola, ma quello che accomuna ormai tutti i giovani (e meno giovani) salariati, che a fatica cercano un lavoro decente. Si tratta ormai di una condizione strutturale e generalizzata, risultato di 20 anni di ristrutturazioni. Sin dalla fine degli anni ’90, con vari passaggi legislativi, dal pacchetto Treu alla legge 30/2003, si è legalizzato il caporalato, con l’introduzione delle agenzie interinali, e si sono introdotte le più svariate tipologie contrattuali precarie e a tempo determinato. Sino ad arrivare al Jobs Act, ultimo e definitivo attacco alla rigidità del rapporto di lavoro con l’eliminazione del reintegro in caso di ingiusto licenziamento e l’introduzione del cosiddetto “contratto a tutele crescenti”.
Siamo i nuovi schiavi del lavoro, e vogliamo lottare insieme a tutti coloro che vivono una condizione di vita lavorativa precaria, a coloro che non hanno né casa né reddito, contro la logica della guerra tra poveri, attraverso la ricomposizione della classe di cui siamo parte. A chi grida “all’invasione” e “prima gli italiani”, rispondiamo che, oggi più che mai, i lavoratori devono essere uniti, e che le “razze”, in un sistema basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sono soltanto due: chi sfrutta e chi è sfruttato.
Oggi, l’unico confine che non conosce muri e frontiere è quello dello sfruttamento: per questo abbiamo bisogno di organizzarci, contro il lavoro gratuito, lo smart working e la gig economy che, sfuggendo a qualsiasi logica contrattuale, nascondono sottoccupazione, salari da fame e sfruttamento ottocentesco. Contesti che vedono lo sviluppo di una nuova forma di caporalato digitale, assolutamente funzionale ad un modello che vede scaricare costi, spese vive, e rischio d’impresa, sempre e solo sul soggetto debole: il lavoratore precario e iper-sfruttato.
Vogliamo un Primo Maggio che, partendo dalla nostra condizione materiale, di lavoratori immigrati o italiani, abbracci tutta la classe di cui siamo parte, quella parte che continua a lottare per difendere il proprio posto di lavoro, proprio come sta avvenendo in queste settimane per gli operai della INNSE di via Rubattino, e per quelli delle tante fabbriche che resistono e si organizzano.
Un Primo Maggio che ricordi le circa 30.000 persone uccise negli ultimi 10 anni alle frontiere dell'Europa, che ricordi il compagno Abd el Salam ucciso in nome del profitto, che ricordi le vittime del rogo di Rignano e tutte le lavoratrici e i lavoratori migranti schiavizzati nelle campagne del sud.
Ci rivolgiamo a Milano e non solo, e a tutte le realtà di lotta che fanno della solidarietà una pratica concreta; il nostro obiettivo è quello di iniziare un percorso di ricomposizione, che sappia mettere in relazione le diverse forme di conflitto presenti sul territorio.
ORGANIZZIAMO INSIEME IL PRIMO MAGGIO DI TUTTI GLI SFRUTTATI!
DOMENICA 9 APRILE, ORE 18, spazio “Noi Ci Siamo! Con Abd el Salam”
ASSEMBLEA PUBBLICA
In preparazione al percorso e alla giornata del Primo Maggio
Rete Solidale
Noi ci siamo! Con Abd el Salam
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