Un odioso fatto di cronaca criminale, gli abusi sessuali di un imprenditore brianzolo su studentesse minorenni a lui affidate per l’alternanza scuola lavoro, ha di nuovo per un momento acceso i riflettori su questo strumento cardine de La buona scuola.
Naturalmente tutti i benpensanti si sono affrettati a chiarire la eccezionalità del delitto, accusando di bieche speculazioni populiste chiunque abbia accostato la violenza sessuale al meccanismo stesso dell’alternanza scuola lavoro.
Certo, speriamo questo sia un caso limite e unico, ma resta il fatto che grazie alla controriforma scolastica di Renzi centinaia di migliaia di studenti sono gettati nel lavoro senza alcuna tutela e senza alcuna retribuzione. Già questo è criminale in sé, che poi a questo abuso di fondo se ne aggiungano altri, assai più gravi, non cambia la sostanza.
L’alternanza scuola lavoro fotografa, esalta, accresce il degrado della scuola pubblica e del mercato e delle condizioni del lavoro nell’Italia di oggi.
Non sono contrario al principio che gli studenti facciano esperienze lavorative, ma sono ferocemente avverso a che le facciano da schiavi.
Una seria alternanza scuola lavoro richiederebbe una specifica formazione dal lato della scuola, con docenti addetti a seguire tutto il percorso degli studenti. La formazione dovrebbe naturalmente riguardare anche tutte le leggi ed i contratti che dovrebbero essere applicati là dove si va a lavorare. E per le ore di lavoro si dovrebbe ricevere la retribuzione prevista per i lavoratori appena assunti. La scuola cioè dovrebbe seguire l’aspetto educativo e formativo dell’esperienza di lavoro e l’impresa dovrebbe garantire il suo carattere di apprendimento, riconoscendo piena dignità alla prestazione offerta dallo studente.
Nulla di tutto questo è minimamente previsto dalla legge attuale. Per un numero molto alto di ore, da 200 a 400, gli studenti sono appaltati ad istituti pubblici o aziende private e lasciati lì a lavorare gratis. Solo in casi estremi l’autorità scolastica interviene, come ha documentato La Stampa su un caso di supersfruttamento di ragazzi nella provincia di Torino.
Cosa imparano allora gli studenti? Che il lavoro è ubbidire, lavorare senza essere pagati, non avere diritti, eseguire mansioni stupide o faticose senza lamentarsi. E che la scuola rispetto al mondo del lavoro non serve a niente e non conta nulla. Questa è la sola funzione formativa dell’alternanza scuola lavoro prevista da La buona scuola: abituare i giovani a non avere diritti e ad arrangiarsi nel peggio della società. In perfetta coerenza con il jobsact, con la privatizzazione dell’istruzione, con la sottomissione alle leggi del mercato di tutti i principi della nostra Costituzione.
Quella dell’alternanza scuola lavoro è quindi una educazione alla rovescio; e i governi e i ministri che la sostengono dovrebbero essere condannati come diseducatori e corruttori morali. Cancellare questo crimine sociale, fonte di altri crimini, è un puro atto di civiltà democratica.
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