Sono mesi che apro facebook e mi trovo davanti sempre la stessa situazione: una serie di giornalisti, pseudointellettuali e “compagni” da tastiera che passano il tempo a dire quanto stiamo messi male, quanto fa schifo la sinistra, e che nessuno vuole lottare, e giù a piangersi addosso (versione sinistra istituzionale), a dire quello che si dovrebbe fare nel mondo dei sogni (versione gruppetto “marxista”), a esaltare l’antagonismo al sistema di 5 stelle e leghisti (sinistra “sovranista”), a perculare tutti perché sono tutti troppo scemi, vecchi o pavidi (sinistra di movimento)…
Ovviamente, anche quando il ragionamento si presenta sotto forma autocritica, il problema son sempre gli altri, perché almeno io che faccio l’autocritica sono più intelligente di te e mi sono salvato. Mai uno che partisse da sé e dicesse: stiamo inguaiati perché io non faccio un cazzo, non metto a disposizione risorse, non sono un bell’esempio per il mondo e via dicendo…
Poi succedono cose come i cortei del 18-19 maggio a Napoli e Caserta, con in piazza 15.000 migranti e italiani (numeri veri perché per motivi di vertenza sono state prese le presenze), e nessuno dei tizi sunnominati dice nulla.
Se ne accorge Salvini, che da nemico coerente se ne preoccupa e minaccia di distruggerci. Se ne accorge la stampa borghese, che non può ignorare un fatto così grosso. Ma non un commento, un repost, una brillante analisi da parte dei soliti commentatori.
Il corteo più grande degli ultimi mesi, il fatto politico più rilevante – vagiti di un nuovo antirazzismo basato su un’alleanza di classe fra italiani e stranieri – completamente ignorato.
D’altronde lo stesso accade quando annunciamo l’apertura delle case del popolo, quando facciamo una vertenza sul lavoro nero, quando il sindacalismo conflittuale riporta delle vittorie… Il silenzio. Per i sapientoni questi non sono motivi di speranza, non contano nulla. Lo sbattimento di compagni veri, la povera gente che mette a rischio la propria vita, non conta nulla. Conta più ripetere vecchi cliché.
Julio Velasco ha studiato bene il meccanismo delle squadre perdenti. In una squadra che perde, i singoli tendono a lamentarsi, dare la colpa ad altri, elaborare una cultura degli alibi. Non serve a nulla, ma così si parano individualmente il culo. In una squadra che invece vuol vincere si fa come sempre hanno fatto i rivoluzionari: si prende atto dei rapporti di forza, si identificano nella realtà quegli elementi e quelle qualità che giocano a nostro favore, i punti deboli dell’avversario, e a partire da questo, con santa pazienza, si costruiscono vittorie, organizzazione, riscossa.
Certo, ci vuole tempo, ma per fortuna non siamo a zero. C’è bella roba in giro per l’Italia. E c’è Potere al Popolo che in questi pochi mesi ha fatto un miracolo: esistere senza mezzi, qualificarsi senza tentennamenti, andare avanti dopo le elezioni, radicarsi attraverso le lotte e l’attività sociale. Per migliorare tutto questo ci vedremo il 26 e 27 maggio a Napoli in una grande assemblea nazionale!
Nel frattempo rifatevi gli occhi. La voce dal microfono è di Chiara Capretti, dell’ Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo, candidata per Potere al Popolo!
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