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“Prima gli sfruttati”. Il 16 giugno in piazza a Roma

Si è concluso da poco il travagliato processo di formazione dell’attuale governo targato Lega e Movimento 5 Stelle. Un’amministrazione statale che si dichiara votata al “cambiamento”, ma che si candida al contrario a essere in perfetta continuità con le ricette di austerità e tagli alla spesa pubblica di Bruxelles – che hanno di fatto segnato la fine dell’era PD. Il vero cambiamento, la vera inversione di rotta, sarebbe segnata soltanto dalla rottura della morsa dei trattati europei, non di certo chiedendo qualche misero sforamento ai vincoli economici “sbattendo i pugni sul tavolo”, ben nota espressione di Renziana memoria.

La mossa di Mattarella, applaudita da buona parte del sedicente “popolo della sinistra”, presuntamente votata a garantire la tenuta istituzionale, è stato un atto ai limiti dell’eversione legalizzata, intenzionato a irrigidire ulteriormente le strutture statali purché la componente meno compatibile dei sentimenti mossi dalla propaganda gialloverde non acquisisse un centimetro di terreno in più nello spazio politico nazionale. Il ministero dell’Economia e la figura di Savona sono stati il campo e il personaggio su cui si è giocata una partita simbolica ben più importante del peso specifico rappresentato dalle circostanze particolari. Questo accade a prescindere dal colore e dal posizionamento delle formazioni al governo, tant’è che Mattarella non si è lasciato certo condizionare invece dal tono dei discorsi xenofobi e razzisti di Salvini o del ministro Fontana. La cedevolezza dei pentaleghisti ha confermato le intenzioni del Presidente: salvare sin dalla prima ora solo il portato reazionario dei due partiti oggi alla guida del paese, normalizzando qualsiasi velleità di cambiamento reale, a costo di incupire ulteriormente l’orizzonte.
Se prima ne eravamo già convinti, oggi abbiamo quindi la prova che non saranno le finte promesse della campagna elettorale a tirarci fuori dall’attuale crisi sociale. Niente rimane nel contratto di governo in merito ai temi che sarebbero realmente incisivi per i destini delle fasce popolari e delle giovani generazioni, caratterizzate da uno dei tassi di disoccupazione più alti d’Europa e da uno spopolamento dei giovani, non solo del Sud, ma anche delle ricche regioni del Nord.

L’emigrazione è per noi uno dei problemi principali che colpiscono i settori giovanili dei popoli della costa mediterranea dell’Unione Europea.
È una scelta obbligata, non data dalla volontà di spostarsi per andare a vivere in un luogo prescelto, ma determinata dalle condizioni del mercato del lavoro. È un problema strutturale, che ricalca la richiesta di manodopera altamente qualificata di quel capitalismo del centro-nord europeo, ad alta produzione tecnologica e specializzazione, funzionale alla costruzione del polo dell’Unione Europea a due velocità.
Parliamo dell’Italia, ma si potrebbe benissimo fare il medesimo discorso con Spagna, Portogallo, Grecia. I giovani emigrati, che sperano di trovare condizioni di vita migliori altrove, sono raddoppiati negli ultimi 10 anni, più del 30% di loro ha una laurea e ha completato la propria formazione in Italia, senza poi incontrare sbocchi lavorativi dignitosi. Se poi guardiamo al saldo migratorio – la differenza fra persone in entrata e in uscita – ecco che ci troviamo di fronte a un ribaltamento delle narrazioni tossiche, dato importantissimo da tenere in considerazione, se vogliamo contrastare la vulgata razzista e xenofoba di una presunta “invasione” dei migranti agitata in campagna elettorale.
Scappiamo dal Job’s Act, dalla precarietà e dal ricatto, dal 32% di disoccupazione giovanile, dall’altissimo numero di NEET, dai finti aiuti come la Garanzia Giovani, i tirocini gratuiti e gli stage non pagati, terminati i quali mai nessuno assume, dal pagamento a cottimo, dal lavoro minorile dell’Alternanza Scuola-Lavoro.

Di fronte a questa situazione, rifiutiamo facili (e false) soluzioni individuali non in grado di invertire la rotta, non accetteremo passivamente le ricette di una classe dominante sempre pronta a eseguire celermente le direttive emanate da Bruxelles, o da sindacati complici che hanno contribuito allo smantellamento del mondo del lavoro negli ultimi vent’anni. Dobbiamo essere all’altezza dei tempi, in grado di pensare e organizzare soluzioni collettive che puntino alla ricomposizione di un blocco sociale disgregato, che sappiano unire le diverse forme dello sfruttamento del mondo del lavoro e anche del non lavoro.

Siamo stanchi di morire di austerità.

I due giovani architetti Italiani morti l’anno scorso nel rogo della Grenfell Tower, la baraccopoli verticale del centro di Londra ricoperta da materiale altamente infiammabile per risultare più gradita agli occhi dei benestanti del quartiere, sono il segno di una generazione che scappa in cerca di dignità ma trova solo sfruttamento o peggio ancora la morte.
La ricattabilità, la mancanza di diritti e di tutele è la condizione che accomuna tutti i migranti, a partire proprio da quelli che sbarcano sulle coste del Sud Italia. Il clima di odio e di guerra tra poveri – e ancora più poveri – che si respira oggi è stato sapientemente preparato negli anni, arrivando al suo apice con il decreto Minniti-Orlando, con gli applausi dei fascioleghisti e dai pentastellati. Non per niente, due giorni fa lo stesso Salvini ha definito “
un buon lavoro” l’operato di Minniti in tema di immigrazione.

La “pacchia” dei migranti che arrivano in Italia ha la faccia di baracche-dormitorio e tre euro l’ora per spaccarsi la schiena nei campi di pomodori, dell’omicidio padronale di Abdel Salam a Piacenza, della sparatoria del nazista Traini a Macerata, della pallottola alle spalle di Soumaila Sacko in Calabria.

È necessario ribaltare il presente, costruire un’alternativa qui ed ora, per questo ci vediamo in piazza il 16 giugno a Roma con tutti coloro che stanno rispondendo alla chiamata della Federazione del Sociale dell’USB, fianco a fianco di migranti, precari, disoccupati, senza casa, pensionati, abitanti delle periferie. Insieme a tutte le fasce sociali più deboli, senza differenze di colore della pelle e di paese di provenienza, per batterci per una vera lotta alle diseguaglianze sociali, per invertire le priorità, rimettere al centro gli interessi delle classi subalterne: #primaglisfruttati, un programma di lotta, non un semplice hashtag.

[Siamo organizzati per raggiungere la manifestazione a Roma in pullman, per info e prenotazioni contattaci: Torino – 338 4250701 / Bologna – 338 1582583]

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