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Ponti d’oro

La specie umana ha fatto anche cose buone. Lo dirà probabilmente chi verrà dopo di noi sulla Terra, alieni, intelligenze artificiali, batteri evoluti.

Non lo diranno delle opere d’arte delle quali siamo più fieri, affreschi, poemi, sinfonie che per loro avrebbero poco significato. Lo diranno delle infrastrutture che potranno essere utili, ponti, strade, acquedotti.

Saranno però ponti, strade e acquedotti costruiti dall’Impero Romano, perché quelli della nostra era non solo non ci sopravviveranno, ma probabilmente ci uccideranno, crollandoci addosso.

Come il ponte Morandi di Genova, mal costruito fin dall’inizio, sottoposto da decenni a un traffico quattro volte superiore al previsto, e abbandonato a una manutenzione palesemente insufficiente. La prevenzione non è un’attività redditizia.

Neanche la progettata variante della Gronda, che sarebbe pronta solo nel 2029, avrebbe evitato il crollo, a meno di fantascientifici effetti retroattivi. Chi oggi lo afferma è un cazzaro, o un renziano cioè un cazzaro.

Se un ponte autostradale si sbriciola facendo una strage, la revoca delle concessioni alla Società Autostrade, e ai magliari a cui è stata regalata dall’Ulivo, è atto dovuto innanzitutto in base al principio di precauzione, il fatto è così intuitivo da essere stato intuito persino da Toninelli.

Non dalla stampa mainstream però, finora schierata in difesa dei Benetton e dei loro affari d’oro, e più in lutto per il crollo in Borsa del titolo Atlantia, che per quello del ponte.

Il fatto che il cosiddetto centrosinistra, invece di pretendere giustizia per le vittime, difenda a spada tratta su giornali e social i monopolisti miliardari che avevano assicurato che quel ponte sarebbe durato cent’anni, spiega perfettamente perché gli elettori italiani abbiano preferito votare letteralmente chiunque altro.

Se abbiamo un ministro dell’Interno che si fa i selfie coi fans ai funerali di Stato, è perché abbiamo un PD che, mentre ancora si estraevano cadaveri dalle macerie, chiedeva un’inchiesta alla Consob per tutelare gli interessi degli azionisti di Atlantia.

Il Movimento 5 Stelle ha fatto anche cose buone. Opporsi alle Grandi Opere dei pupi e dei pupari, e alle cementificazioni idrosolubili è una. La nazionalizzazione delle infrastrutture, di cui parla adesso un Di Maio insolitamente condivisibile, potrebbe essere un’altra, se non fosse soltanto l’ennesima promessa irrealizzabile, l’ennesima arma di distrazione di massa. La procedura è partita, vedremo dove arriverà.
E vedremo se anche lo Stato continuerà ad amministrare secondo le stesse logiche capitalistiche omicide dei privati.

Intanto Genova è spezzata a metà da una nuova zona rossa.

I monconi del ponte zombie incombono sui palazzi e sui capannoni sottostanti, evacuati d’urgenza. Più di 560 sfollati, mentre le macerie ancora intasano il greto del torrente, minacciando di farlo esondare alle prossime piogge.

E in Italia ci sono ancora centinaia di strutture sottoposte allo stesso rischio di crollo.

In un Paese che cade a pezzi, l’emergenza non è mai finita.

* ripreso da Carmilla on line

 

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