Storicamente, lo sciopero è un’arma nelle mani dei lavoratori che consiste nell’astensione, collettiva o individuale che sia, dalle proprie mansioni con l’obiettivo di strappare al “datore di lavoro” di turno un miglioramento delle proprie condizioni contrattuali, e magari fare da apripista per colleghi e colleghe della propria categoria.
Il quadro dell’attività-sciopero, dunque, è sempre piuttosto chiaro, almeno nei sui protagonisti principali: c’è l’eroe positivo, i lavoratori; il cattivo della situazione, l’impresa; c’è l’obiettivo che muove la storia, la rivendicazione. Quando si parla di conflitto per uno scopo, non è possibile uscire da questo schema: qualcuno deve voler togliere (o riprendersi) qualcosa a qualcun’altro, e per farlo mette in pratica un’azione.
Se dalla teoria passiamo alla prassi, ci accorgiamo come il Global strike for future, “Sciopero globale per il futuro”, di scena oggi in oltre mille città di ottanta paesi diversi, non rispetti questo semplice schema. Questo non significa che la realtà stia sconfessando la teoria, ma, più semplicemente, che quello che si svolgerà oggi non è uno sciopero, e cioè, non è un’arma messa in campo per il miglioramento della condizioni degli scioperanti – in questo caso non solo dei lavoratori, ma dell’umanità in generale.
Fermandoci solo al caso italiano, come chiarito bene ieri da Cremaschi su queste pagine, non può esserci avanzamento verso una soluzione dei problemi climatico-ecologici che interessano la Terra se dalla parte “buoni” ci sono i più importanti sostenitori del Tav, della cementificazione incontrollata e perciò, in termini generali, della distruzione del già fragilissimo equilibrio in cui naviga il nostro paese.
Con buona pace della giovanissima Greta, mossa, ne siamo convinti, dal migliore dei propositi e dalla più grande delle preoccupazioni nell’assistere allo sventramento del pianeta da un depauperamento che non sembra conoscere soluzione di continuità.
Il “capitalismo” però, su quest’argomento, si gioca una partita decisiva, ossia quella che gli potrebbe permettere, parafrasando una famosa espressione del sociologo Wolfang Streeck, di «comprare altro tempo» – prima della sua dissoluzione – volgendo a suo favore il superamento dei problemi da egli stesso creati, e obliterando, come è sua “natura”, le sue stesse responsabilità.
Ecco spiegato il motivo dell’azione (verrebbe da dire, dopo lo studio) di ieri sera dei compagni di Noi Restiamo e di Osa, il cui obiettivo di reindirizzare la lotta per un “modo di produzione”, tra le altre cose, ecosostenibile, è inseguito mediante la scelta di una parola d’ordine chiara – No Tav – e individuando un nemico concreto – la Cgil –, quest’ultima autrice si una “serrata” (che è arma invece del padrone per fare pressione nei confronti dei lavoratori) che poco ha a che vedere con le buone intenzioni che comunque animeranno gli studenti e le studentesse oggi in piazza.
Perciò, questa “chiamata alla coscienza” non è sterile opposizione, ma piuttosto consapevolezza che oltre la superficie dei movimenti reali, stanno le ragioni materiali che spingono la storia in un verso o nell’altro. Saperli identificare e combattere, è la sola cosa che può fare la differenza.
Di seguito, comunicato e foto rilasciato stamattina sui social.
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L’unica freccia rossa che attraversa la Valsusa è quella della resistenza NO TAV!
Oggi, #15marzo, in tanti paesi si terranno mobilitazioni per l’#ambiente. Ma l’ampiezza della tematica e le parole d’ordine generiche portano inevitabilmente con sé #ambiguità che possono rivelarsi spazi di #agibilità per furbi #opportunisti in cerca di protagonismo.
E infatti accade che mentre studenti e associazioni scendono in piazza il #PD di Zingaretti indica la soluzione all’emergenza ambientale nella costruzione della #TAV.
La #CGIL di Landini condivide e indice uno sciopero del compartimento edile a favore delle “grandi opere”, il tutto con la benedizione di #Confindustria felice dell’intesa ormai conclamata dopo la piazza comune del 9 febbraio e la visibilità garantita dai giornali ultimi baluardi di saggezza ponderata contro l’ignoranza di pancia della plebe.
Non intendiamo rimanere in silenzio difronte a tutto ciò.
Questa notte abbiamo preso posizione sanzionando le sedi della CGIL di #Roma #Siena #Bologna #Milano e #Torino ricordando che l’unica freccia rossa che attraversa, e attraverserà, la Val di Susa è quella della resistenza #NOTAV. Il 23 marzo lo ribadiremo con forza alla manifestazione nazionale: 23M, Marcia per il Clima e Contro le Grandi Opere Inutili. Ci vediamo in piazza, cerca la freccia rossa della resistenza!
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