Il Venezuela è da mesi sotto attacco da parte di varie fazioni della borghesia interna che, con l’evidente appoggio dei Paesi imperialisti (in primo luogo degli USA, in buona compagnia di una gran parte dei Paesi europei), e approfittando di una complessa situazione interna di crisi economica, cerca di dare una spallata al legittimo governo Maduro – democraticamente eletto e più volte confermato dalla maggioranza dei venezuelani.
Non è la prima volta che la rivoluzione bolivariana subisce un attacco frontale da parte dei suoi nemici interni ed esterni, alleati in un blocco comune (si ricordi il celebre tentativo di golpe contro il governo Chavez, fallito del 2002). Questa volta però, sebbene il tentativo dell’ascaro Guaidó sembrerebbe ormai non riuscito, la situazione appare più grave e delicata, in particolare per le critiche condizioni economiche del Paese che minano la stabilità sociale, rischiando di allontanare una parte dei settori popolari dall’appoggio, sinora forte e coriaceo, al processo rivoluzionario.
Oggi non può che essere il tempo dell’espressione schietta e immediata di un’incondizionata solidarietà verso un Paese che da ormai 20 anni sta portando avanti, malgrado tutti i suoi nemici interni e internazionali, un difficile percorso di transizione verso un modo di produzione assai diverso da quel capitalismo parassitario a base neo-coloniale che lo aveva caratterizzato fino alla vittoria dei partiti bolivariani del 1998. Le occasioni per esprimere con determinazione la nostra piena solidarietà al popolo venezuelano e al processo bolivariano non saranno mai abbastanza.
Allo stesso tempo, il miglior modo per rendere concreta la nostra complicità è cercare di entrare meglio nel merito di quanto sta accadendo ed è accaduto negli ultimi anni in Venezuela attraverso l’analisi economica. Questo sforzo ci consente di comprendere le cause effettive dell’attuale iperinflazione che, ci auguriamo, potranno essere affrontate strutturalmente nel corso dei prossimi mesi ed anni al fine di scongiurare che, un domani, si possa riprodurre nuovamente quel terreno di instabilità economica così favorevole ai tentativi reazionari di destabilizzazione del Paese.
Il punto cruciale è la crisi della bilancia dei pagamenti. Ciò va attribuito ai primi movimenti al ribasso del prezzo internazionale del petrolio, risorsa fondamentale del Paese e voce pressoché unica delle esportazioni venezuelane, nonché fattore di sviluppo della rivoluzione bolivariana: proprio grazie alla nazionalizzazione dell’estrazione del greggio e dei correlati profitti, il Venezuela ha infatti avviato quello straordinario processo, ancora parziale e in corso, di redistribuzione del reddito a favore dei più poveri.
L’eccessiva dipendenza dal petrolio, associata al mancato sviluppo di una struttura industriale e agricola interna, si è rivelata l’anello debole nel momento storico in cui il prezzo del greggio è iniziato a cadere inesorabilmente.
Un Paese costretto ad importare pressoché ogni bene di prima necessità ha, per definizione, importazioni rigide che restano costanti anche a seguito di un calo significativo delle esportazioni. Generalmente, alla diminuzione delle esportazioni si ha, ceteris paribus, una pressione sul tasso di cambio che tende a svalutarsi. Una svalutazione comporta, tuttavia, un aumento del prezzo dei beni importati: in un Paese che importa in abbondanza beni di prima necessità, ciò si traduce in un forte aumento dei prezzi dei beni essenziali e, a catena, di tutti i beni. L’inflazione, va ricordato, è sempre e ovunque un fenomeno dovuto all’aumento dei costi di produzione: nel caso del Venezuela, il perpetuarsi di questo fenomeno ha innescato quell’iperinflazione che intacca il potere di acquisto, specialmente dei ceti più deboli.
Il tasso di cambio indica quanti bolivar venezuelani occorrono per comprare un dollaro americano sul mercato ufficiale: la svalutazione della moneta venezuelana è desumibile dal fatto che a fine 2012 occorrevano circa 4.3 bolivar per un dollaro, mentre ad inizio 2013 ne occorrevano circa 6.3.
Per fare un esempio, a cavallo tra il 2012 e il 2013 vi fu una forte svalutazione del tasso di cambio (del 46.5%), che – come si vede dal grafico – ha immediatamente comportato un innalzamento brutale dei prezzi. In quel frangente, il governo decise di rafforzare i controlli sui prezzi e sul tasso di cambio (su quest’ultimo, il controllo era stato intrapreso nel 2003): in particolare, vennero fissati i prezzi di alcuni beni, specialmente alimentari, e il tasso di cambio ufficiale. Tuttavia, si verificò l’esplosione di un mercato nero parallelo della valuta: mentre il governo, per decreto, cercava di contenere la svalutazione nel mercato ufficiale, in quello parallelo il bolivar venezuelano veniva scambiato, nel 2014, ad un prezzo oltre 10 volte più basso. Ciò che stava accadendo sul mercato parallelo stava di fatto condizionando il corso ufficiale della valuta: di fronte a questa situazione, il governo ha tentato a più riprese di trovare una mediazione accettando una certa svalutazione del cambio, assecondando tuttavia l’aumento dei prezzi. La situazione è andata peggiorando dal 2014 fino ad arrivare all’attuale spirale iperinflazionistica.
Se la svalutazione genera un aumento del prezzo dei beni importati, il punto cruciale è quindi la forte dipendenza dalle importazioni che caratterizza il Venezuela: la causa di tale dipendenza è da ricercare nel mancato sviluppo di una vigorosa industria nazionale in grado di favorire quel necessario processo di sostituzione delle importazioni che rende un Paese via via più indipendente dai mercati internazionali, e quindi dai ricatti economici e politici dei Paesi imperialisti (oltre che dei capitalisti locali).
La fortissima dipendenza del Paese dall’esportazione di petrolio, unita alla scarsissima indipendenza alimentare e industriale, ha creato quel mix esplosivo che in tempi di caduta del prezzo del greggio non può far altro che produrre una crisi nella bilancia dei pagamenti e, infine, un’iperinflazione.
Non possiamo che sperare che il governo bolivariano possa trovare, nel futuro prossimo, la strada per uscire da questo circolo vizioso e per rafforzare l’economia interna, rendendo in tal modo il processo rivoluzionario più solido e immune agli inevitabili attacchi che i suoi nemici hanno compiuto e potranno continuare a compiere.
Hasta la victoria siempre, compañeros.
Intervento di sabato 13 aprile in occasione della prima iniziativa pubblica del Forum Venezuela. A questo link un nostro contributo più approfondito sulla situazione economica del Venezuela, pubblicato nel nostro blog nei giorni più caldi del tentato golpe.
* Coniare Rivolta è un collettivo di economisti – https://coniarerivolta.org/
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