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Il liberismo, l’arma che distrusse i popoli

La maggior parte delle persone crede che le armi più potenti siano: i missili, le bombe nucleari, le armi chimiche-biologiche ecc…

In parte è vero, per carità queste armi potrebbero radere al suolo città e paesi, sterminare popoli, distruggere l’ecosistema e si potrebbe dire che l’uomo “ne ha fatta di strada”, dall’ invenzione delle prime schegge per procurarsi della selvaggina, dall’ invenzione dei primi fucili a retrocarica (utilizzati per la 1°volta dai prussiani contro gli austriaci nella guerra del 1866), alla creazione delle armi nucleari dei nostri giorni.

Ma un’arma di cui pochi parlano o meglio non ne sottolineano la pericolosità e le gravi conseguenze a dir poco apocalittiche, è la cosiddetta “finanziarizzazione dell’economia” ebbene sì, in poche parole la disintegrazione dell’economia reale.

Ma ciò come è potuto avvenire? Ovviamente bisogna tornare indietro nel tempo.

In questo ipotetico viaggio a ritroso “andiamo” alla conferenza di Parigi del 1938, per la presentazione del libro di W. Lipmann intitolato “The good society”, lo scopo era discutere la crisi del liberismo avvenuta negli anni 30 per tre motivi:

  • la prima guerra mondiale costringeva i paesi belligeranti a fare importanti interventi pubblici;
  • la rivoluzione russa aveva dato vita allo stato collettivista, un’alternativa al sistema liberista;
  • la crisi del 1929 aveva dimostrato che l’equilibrio non viene raggiunto automaticamente e aveva portato disoccupazione e disequilibrio al centro delle riflessioni economiche.

In quella conferenza venne proposto il termine di “neoliberismo” e fra gli artefici di quel nuovo concetto che avrebbe portato povertà erano presenti: Hayek, Mises e Ropke.

 

I primi ad applicare le riforme furono la M. Tatcher in Gran Bretagna e R. Reagan negli Usa a suon di privatizzazioni, politiche fiscali espansive, politiche monetarie restrittive e quindi tagli alla spesa pubblica e la deregolamentazione dei mercati dove i beni statali furono alienati. Le conseguenze economiche in Inghilterra furono disastrose, il PIL pro capite diminuì di 3,6 punti percentuali (mentre in Germania e in Francia cresceva di 1 punto mentre in Italia di 3 punti) la disoccupazione crebbe dal 5 all’11%, negli USA le politiche furono le stesse e non fece altro che crescere il divario fra la ricca borghesia e la classe operaia. Il culmine di questo pensiero economico perverso lo si raggiunge in Europa ma soprattutto in Italia negli anni 90, che fece record europeo delle privatizzazioni dei beni statali fra cui; Autostrade italiane, Poste italiane, Ferrovie dello stato, Fincantieri, Ciro, l’Iri, ecc…

La lista è ancora lunga purtroppo, ciò è avvenuto per preparare l’Italia al processo d’integrazione europea, a colpi di privatizzazioni, precarietà del lavoro, smantellamento dei diritti sociali, disoccupazione e povertà. Tutto questo in nome dell’Euro, dello spread, dell’inflazione e del debito pubblico. Con la Lira, l’Italia era il primo paese al mondo per risparmio privato, negli anni 80 del “socialismo” di Craxi il PIL cresceva del 13,8%, un miraggio con l’euro. Il neoliberismo si afferma e si consolida  in Italia, dopo che una parte della classe politica viene liquidata da processo di “mani pulite” fra cui; la DC e il PSI rei di opporsi allo smantellamento dell’economia nostrana. Infatti il 7 febbraio 1992 venne firmato il trattato di Maastricht che entrerà in vigore l’anno dopo. In contemporanea alla liquidazione della prima Repubblica, la lira subisce una svalutazione del 30 % dal governo Amato, inoltre l’allora governatore C. A. Ciampi distrusse qualcosa come 15.000 miliardi di vecchie lire a causa del trasferimento della valuta italiana dalla banda larga alla banda stretta del SMW (sistema monetario europeo) ma ciò non bastava, il finanziere G. Soros fece una speculazione sulla lira, guadagnando una cifra enorme, dopo questa impresa, a riconoscimento ricevette la laurea Honoris Causa all’università di Bologna.

Dunque tutto era pronto per la svendita della nostra economia, a portare in porto il progetto fu il centro-sinistra italiano, fra cui: Romano Prodi, allievo di Andreatta (ideatore del divorzio fra banca d’Italia e ministero del tesoro), Giuliano Amato, Visco (attuale governatore della banca d’Italia), Dini, Bassanini, Padoa Schioppa, Scognamiglio, Ciampi, Draghi, Letta e non ultimo Massimo D’Alema. Non è finita qui, nel 93 il governo Ciampi istituisce il Comitato Permanente di Consulenza globale e di Garanzia per le privatizzazioni, privatizzazioni che regalarono alla finanza internazionale la nostra ricchezza; (Eni, Enel, S. Paolo Torino, Banco di Napoli, SEAT, Alitalia, Telecom, IMI, INA, Comit ecc.). Grandi intrighi, grandi avventure dalle quali sono portati molto spesso i gruppi finanziari. Quest’arma si riversa ora su noi cittadini, attraverso la moneta-debito chiamata Euro, moneta che ha distrutto economie prospere come quella della Grecia, Spagna, Portogallo e Italia. Soprattutto l’Italia, un paese da distruggere economicamente, non è bastata la privatizzazione, ora ci si mette un altro mostro partorito dalla scuola neoliberista, l’Euro. Dal 2002 ad oggi l’Italia non ha più sovranità monetaria, il che vuol dire, non spendere più per i cittadini; per le scuole, sanità, pensioni, infrastrutture, ricerca, innovazione ecc.. Anzi ma deve applicare il pareggio di bilancio ovvero spendere per i cittadini 100 e tassare 100, prendendoceli dai nostri risparmi, stipendi, ticket sanitari e così via. Paul Krugman premio Nobel per l’economia afferma al New york Times: “Quello che è successo è che adottando l’Euro l’Italia si è ridotta allo stato delle nazioni del terzo mondo che devono prendere in prestito una moneta straniera”. (John Carney, CNBC.com 2011).

 

 

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