Siamo al “terzo passaggio di fase” della crisi sistemica iniziata nel 2007-2008 per il Belpaese.
Le opzioni politiche sul campo che avevano “sbarrato la strada” alla ripresa del conflitto di classe sono esauirite o fortemente ridimensionate, e si profila all’orizzonte uno scontro epocale con le oligarchie europee, “senza fusibili” per il ceto politico nostrano, e su questioni che pertengono la condizione sociale strictu sensu: l’aumento dell’IVA e delle accise sui carburanti, su cui i giochini contabili da manovra correttiva e le chiacchiere stanno a zero, l’ordine di grandezza della manovra economico finanziaria e il credito di cui gode a Bruxelles la Lega, non lo permettevano.
E torniamo alle fonti: la politica è fatta di scelte, che uno può condire come vuole con le sue narrazioni.
Salvini fin qui è stato un grande bluff ed ora tenta l’all in, ma il suo sporco gioco l’ha fatto incrementento la torsione autoritaria (due decreti sicurezza in un anno), annichilendo il M5S ben disposto al suicidio politico su tutto e messo da subito in un angolo, creando un immaginario politico per cui le difficoltà di questo Paese sono dovute ad una governance troppo “blanda”, occorre delegare tutto ad un decision maker… e Tac.
Questo è l’apice di una crisi senza apparenti via d’uscita – non parlo di escamotages tattici per dare ossigeno ad un ceto politico terminale – ma di un piano, che – diceva già ai tempi Napoleone – è cosa rara. Renzi l’aveva, ma ha fallito, poi l’ha avuto anche la Troika volendo imporre un premier senza consenso e dall’alto nel toto governo post 4 marzo ma è durato da mane a sera, Salvini ha semplicemente condotto la transizione verso un nuovo assetto di potere, bruciando tutti i margini e le strategie discorsive del caso.
Siamo shakerati dalle turbolenze del mondo multipolare ed in fondo questa crisi ne è un prodotto, ma non ce ne parlano, sfornando armi di distrazioni di massa ma stavolta la polpetta avvelenata dentro l’anguria è li, ben visibile, e azzittisce tutti.
Poi ci sono i sondaggi che un efficiente staff di spin doctor può orientare al caso, e tutti allora che ci beviamo una rappresentazione per la realtà e facciamo congetture.
Per tornare alle turbolenze, nessuno di questi mentecatti ha espresso una minima idea che non sia un reiterato masochismo da servi zelanti su tutti i dossier più importanti a livello geo-politico.
Quando i sondaggi contraddicono la narrazione dominante li censurano, non vi preoccupate.
Ed eccoci a noi, ora non abbiamo scuse, o siamo in grado di cogliere l’occasione e rilanciare l’offensiva nel disfacimento del corpo della rappresentanza politica e della governance o, complice lo Stato di polizia, saremo relegati ad un aspetto folklorico ed un poco risibile.
E noi vuol dire chi vuole dare una rappresentanza politica degno di questo nome alle classi subalterne, il sindacalismo conflittuale e il variegato campo dei movimenti e attivisti di ciò che un tempo si chiamava “antagonismo”.
Tocca fare come da bambini, quando si proponeva un gioco, e chi ci stava infilava un dito sotto il palmo della mano del proponente; ed un generico “non mi piace”, senza una valida alternativa, riscuoterebbe lo sguardo che si faceva quando uno voleva dire: “allora è meglio che te ne vai a casa”.
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Jack
Capisco molto bene la proposta ,che non per la prima volta nasce da un’analisi anche condivisibile del presente e della fase. Mettere un dito sotto, invertite la tendenza della frammentazione politica a sinistra é sicuramente una proposta sensata. Ma di fasi congiunturali atte a invertire il corso della politica ce ne sono state tante, per chi ha gli occhi aperti ed é Marxista e conosce il capitalismo sa che produrrà di continuo contraddizioni quindi occssioni. Il punto non mi sembra dunque la chiamata alla lotta, ma aver coscienza, perciò analizzare il perché ha fallito storicamente la nostra prospettiva politica prima di tutto. Ogni processo collettivo di unione di gruppi dirigenti ha prodotto sempre lo stesso risultato non a caso fallimentare. Farsi una bella autoanalisi collettiva, che ha bisogno di lucidità mentale e onestà intellettuale, che a mio modesto avviso i gruppi dirigenti ancora politicamente vivi, se pur moribondi non sono stati in grado nemmeno di ammettere a se stessi. Fallire non è morire (questo é un costrutto del capitalismo), accettare il fallimento, indagare i perché, soffrire e sapersene fare carico é rinascere. Senza questo, senza aggiornare i nostri strumenti, fare un’analisi non macchiettistica non idealizzata del nostro passato, senza un recupero di onestà intellettuale e di riscostruzione di gruppi dirigenti formati e capaci di comprendere il cambiamento epocale che ha prodotto il capitalismo senza contrapposizione, saremo velleitari. Non approfondisco ulteriormente su temi e proposte, ma se prima di tutto non ci sediamo con umiltà senza sentirsi ognuno il salvatore o mago oolitico di turno non riusciremo nel nostro intento, condivido urgente, ma non da ora, ma almeno dal 1989.
Giovanni
Leggo tanti commenti sul fallimento dei comunisti in Italia e altrettari appelli all’unità,ma il vero problema di cui nessuno parla e che i comunisti aldilà della critica (per carità giustissima) dei vari governi succedutisi, in realtà non hanno nessuna idea concreta di progetto socio-politico-produttivo alternativo al sistema.
Non basta criticare gli avversari,bisogna proporre un sistema concreto socio-politico economico …e purtroppo non vedo nessuna organizzazione farsi promotore di ciò. …ripeto bisogna proporre misure concrete alternative e non chimere che non funzionano più,battere la borghesia sul suo stesso terreno…