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Perché sto con la Catalogna in lotta

Le condanne ad una valanga di anni di carcere a parlamentari catalani, alcuni anche deputati della Camera spagnola, sono una violazione sfacciata dei più elementari diritti democratici ed umani. Ancora più grave poi è che i parlamentari ed i rappresentanti catalani siano in carcere, alcuni da due anni. Questo in un paese che negli altri casi giudiziari il carcere lo usa esattamente come noi.

I leader catalani imprigionati e condannati hanno solo esercitato atti politici su mandato dell’assemblea democratica che li aveva eletti, essi sono dunque prigionieri politici a tutti gli effetti, a vergogna del potere in Spagna e della UE che lo sostiene.

Si può non essere d’accordo con l’indipendentismo, ma, nel nome di quei principi democratici che i governi europei sbandierano in ogni loro ipocrita momento, si dovrebbe alzare forte e chiara l’indignazione contro questa sentenza che è SENZA DIRITTO ALL’APPELLO, da parte di un tribunale che ha ammesso come parte civile i fascisti di Vox.

La questione catalana e stata sinora affrontata dal potere spagnolo solo con la repressione e questo per una ragione di fondo: che lo stato monarchico spagnolo è uscito dal franchismo attraverso aggiustamenti e riforme successive e non con una radicale rottura. Nel 1940 i nazisti consegnarono a Franco Lluis Companys, presidente della Generalitat della Catalogna, e il dittatore fascista spagnolo lo fece subito fucilare. La Catalogna durante la repubblica democratica non reclamó l’indipendenza, anzi fu parte convinta dello stato repubblicano e lo difese fine all’ultimo dall’aggressione nazifascista.

Poi Franco restaurò la monarchia che a sua volta, morto purtroppo nel suo letto il dittatore assassino, accettò la restaurazione della democrazia. In Spagna non han cacciato il re per la sua complicità con il fascismo, come invece riuscimmo a fare noi in Italia grazie soprattutto alla forza politica e morale della Resistenza.

L’indipendentismo catalano ha motivazioni politiche e sociali, tutte da discutere, ma non può essere compreso se si ignorano i sentimenti di fondo di un popolo che ha davvero accettato di far parte della Spagna solo quando questa era una repubblica democratica e federalista.

Ci sarebbe la possibilità di un vero dialogo, non quello ipocritamente offerto dai governi spagnoli solo per coprire la repressione, ma questo dialogo richiederebbe la messa in discussione dell’attuale assetto costituzionale della Spagna, rimuovendo ogni legame con i lasciti del franchismo.

La Gran Bretagna ha svolto pacificamente il referendum sull’indipendenza della Scozia, disposta ad accettarne i risultati. Il re di Spagna ed il governo hanno mandato i corpi speciali di polizia e guidato l’occupazione militare della Catalogna per impedirne il voto. Finché la repressione e la violenza saranno la politica reale della monarchia e dei governi spagnoli, la sola risposta possibile per i catalani sarà arrendersi o ribellarsi. Che è quello che stanno facendo in questi giorni con una forza che si credeva scomparsa e che invece sta stupendo il mondo.

La lotta del popolo catalano non è una secessione dei ricchi, come è stata definita da chi sta con la repressione. I ricchi e la grande borghesia di quel paese sono tutti unionisti, la Confindustria Catalana è in prima fila contro l’indipendentismo. Quella catalana è una lotta di popolo, non resisterebbe un secondo se fosse fondata su soldi ed interessi spiccioli, che sono tutti dall’altra parte. E questa lotta non ha nulla a che vedere con la nostra autonomia differenziata. Che è il prodotto di un disegno politico che non vuole l’autodeterminazione, ma solo ricavare qualcosa in più per alcuni nell’ambito delle politiche di austerità che colpiscono tutti.

L’autonomia differenziata voluta da Lega e PD è l’esatto contrario della lotta del popolo catalano, perché i popoli non si inventano solo per pagare meno. I popoli nascono dalla lotta e dalla repressione della lotta. I popoli che vogliono davvero esercitare il diritto all’autodeterminazione sono disposti a sacrificare l’interesse immediato per il riconoscimento dell’identità comune. Questo i catalani, seppure in condizioni politiche e materiali infinitamente diverse, hanno in comune con curdi e i palestinesi di oggi, con gli irlandesi di ieri.

Il mio sogno e la mia speranza sono che uno stato democratico e repubblicano sia in grado di costruire l’unità dei popoli, compreso quello catalano, su nuove basi. Questo sì servirebbe a tutta l’Europa.

Ma finché la realtà è quella della polizia e delle condanne io sto al fianco di chi lotta, di chi ha occupato l’aeroporto di Barcellona cantando Bella Ciao. Perché quella è la sola parte per chi crede nella vera democrazia e nell’autodeterminazione dei popoli.

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