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Arti di Liberazione. Liberare il corpo per liberarci dal capitalismo

Mi interrogo oggi su come può contribuire al dibattito sulla crisi del capitalismo evidenziata dalla pandemia, un compagno come me che dedica gran parte del proprio tempo alla professione di maestro di arti marziali, intendendo questa professione anche come modo per trasmettere princìpi utili alla trasformazione personale e collettiva.

Classe 1969, la mia esperienza militante è maturata a metà degli anni 80, prima in Democrazia Proletaria, poi nell’autonomia operaia, esperienza quest’ultima per me fondamentale e almeno interiormente non conclusa. Oggi guardo con simpatia e sostegno all’esperienza di Potere al popolo.

Poichè mi occupo di trasmettere una disciplina tradizionale come il kungfu, basato sull’unità inscindibile di teoria e prassi e conseguentemente (dal mio punto di vista) di corpo e mente, è a partire da qui che mi sento di contribuire al dibattito politico.

Oggi il corpo è un terreno di conquista dell’ideologia che vuol farne oggetto di mercato, che lo considera come una “macchina” scollegata dal pensiero astratto, nel migliore dei casi da tenere in buona salute e di bella apparenza secondo i parametri dominanti, (tutti impostati sulla dimensione esclusivamente quantitativa: quanti kg, quanti muscoli, quante calorie assimilare, ecc).

Un po’ come un’automobile cui cambiare l’olio e lustrare la carrozzeria. Un corpo colonizzato dal mercato dunque, ma anche abbandonato da chi si colloca sul fronte del pensiero critico e della trasformazione. Non credo infatti che le cose vadano molto meglio nelle palestre popolari dei centri sociali, per esempio. Sempre meglio che ci siano, intendiamoci, fino a pochi anni fa gli ambienti militanti che ho vissuto erano spesso camere a gas immerse nel fumo, luoghi quindi tutt’altro che salubri e vivibili.

Non mi pare però che nessuno mai si sia posto il problema di far dialogare queste esperienze con l’elaborazione dell’agire politico, relegandole ad un ruolo di servizio accessorio. Solita scissione quindi, da una parte si pensa, dall’altra si suda, e molto spesso gli attori non sono gli stessi.

Voglio fare una rapida disamina dei pochi che oggi mostrano interesse per il corpo, dall’angolo di visuale di chi si occupa come me di discipline qualificabili come psico-corporee. Anzitutto mi preme rivolgere l’ attenzione a quell’ampia area mistico-gelatinosa che si può identificare come new age, che nel campo in cui opero si può dire spartisca l’egemonia insieme all’altra faccia della medaglia, quella dei truci degli sport da combattimento di ispirazione yankee.

Entrambe le versioni sono il riflesso della separazione mente-corpo imposta dall’ideologia dominante e funzionale alle leggi di mercato. Nel primo caso una melassa di idee che sfociano nella legittimazione religiosa del presente capitalistico, spesso con contenuti reazionari. Nel secondo una sorta di regressione all’istinto puro e selvaggio, alle pulsioni primordiali che sfociano nella violenza fine a se stessa. Dunque testa senza azione trasformativa (corpo) e corpo senza testa, o senza cuore come preferisco dire in accordo con la tradizione di cui mi occupo.

Signori e signore della New Age, mi dispiace non tanto per voi ma per chi si beve la vostra rappresentazione metafisica e farlocca dell’ esistenza….ma la fase attuale non è per niente il passaggio automatico per nessuna evoluzione umana. Sono balle che si siano fermate guerre razzismo e sfruttamento umano e ambientale.

Ogni crisi rappresenta casomai un potenziale di cambiamento e diverse possibilità di uscita, a seconda di un aspetto per voi terrifico chiamato lotta di classe ( studiate please, non vuol dire giocare a battaglia navale nelle classi scolastiche). E dai rapporti di forza che ne derivano. Quindi dall’ azione diretta e cosciente, da parte dei dominati contro i dominanti, dei poveri contro i ricchi, degli esclusi dal potere, il novantanove per cento, contro l’ elite dell’ uno per cento.

Gli esclusi dal possesso dei mezzi di produzione contro i proprietari, perché è da come si produce e per chi che deriva il cosa e il come lo si scambia. Non esiste nessun “commercio equo e solidale”, tra le pieghe del capitalismo lo scambio è necessariamente diseguale.

Per ora, la gestione pandemica dimostra il contrario della visione stucchevole da venditori di confetti che spacciate. La borghesia padronale che guida le mani e le piccole menti di chi siede al governo, per non parlare dei mostriciattoli fascioleghisti, va tutta nella direzione di una guerra spietata non al virus come dichiarano, ma contro i poveri. Non rimettono in discussione niente di quel liberismo che ha creato le condizioni per questa strage pandemica, al contrario rilanciano alla grande!

Per Conte la priorità sono i soldi ai padroni e l’ ordine pubblico (” non siate arrabbiati”o vi facciamo spaccare il cranio dai nostri gorilla in divisa, il senso è tutto lì), mica rilanciare un piano straordinario di welfare di tipo keynesiano, non dico rivoluzione, ma almeno che ne so….sentire una parola come meno armi più ospedali, il minimo della decenza. No.

Ho sentito invece grandi opere, quindi soliti affari, solita devastazione ambientale, solito furto sulle nostre vite. La produzione di armi è continuata anche nella fase uno, giudicata essenziale. La vita umana considerata meno di zero, carne da macello da sacrificare sull’ altare dei profitti: tutti al lavoro ma chiusi in casa, al massimo liberi di farvi il funerale. Grazie eh! Le normali procedure istituzionali di una democrazia formale ( borghese e liberaldemocratica) azzerate. Allora è tempo di agire.

Oggi come negli anni 20 la stretta autoritaria non è affatto un portato inevitabile del coronavirus, come allora non era conseguenza del virus chiamato pericolo rosso. Ieri come oggi il capitale dichiara guerra ma indica nemici farlocchi da dare in pasto ad una opinione pubblica smarrita e incapace di avere chiavi di lettura coerenti e complessive. Il nemico del capitale è l’ umanità, ma anche la natura tutta, gli animali, il pianeta…tutto ciò su cui la sua famelica sete di profitti in fase di stagnazione può gettarsi rabbiosamente. V

isioni che coprono questo spostando il ragionamento in nebulose inconcludenti e inutili sono subalterne, per non dire complici: a titolo di esempio, possiamo anche abbattere la rete 5g, e sarebbe giustissimo, ma non è quello il centro, ma solo una conseguenza di un sistema malato.

Creiamo contropotere dal basso, insubordinazione capillare e diffusa, su tutti i fronti, e mettiamo in rete le esperienze. Studiare, ascoltare l’ informazione giusta e non le semplicistiche narrazioni complottiste, sapersi schierare e fare le scelte giuste in tutti gli ambiti vitali. Discutere di paradigmi di liberazione in cui il corpo abbia un posto di primo piano, perché dal corpo passano le percezioni, dunque la qualità dello scambio col mondo circostante. Se il corpo è il filtro principale, e l’elaboratore, delle sensazioni percettive che ci vengono dal mondo esterno, cosa c’è di più idealistico ed errato che ritenere che sia una macchina che nulla ha a che vedere con il pensare, con il sentire e dunque con l’agire, incluso con l’agire rivoluzionario che qui ci interessa?

Sin da studente sentivo quanto fosse sbagliato un modello educativo che escludesse il corpo: passare ore e ore seduti senza muoversi, subendo il profluvio di soggetti ingobbiti e flaccidi è cosa da zombi. Per fare la rivoluzione, allo stesso modo, non possiamo avere stili di vita da malati, perché la rivoluzione è l’atto più sano, creativo e vitale che possiamo fare, dunque richiede il massimo potenziale di vitalità.

Avere un corpo vivo significa avere percezioni vive, sensi enormemente amplificati e dunque una capacità intellettuale più viva. E con vivo pensiero, nel caso che ci riguarda come compagni, non intendo semplicemente la capacità di interpretare il mondo, ma prima di ciò l’arte di sintonizzarsi con esso, con la natura, con i nostri simili, essendo capaci dunque di relazioni profonde e sottratte dalla mercificazione del capitale. Lo Zen e il Taoismo ci parlano di tre stadi della conoscenza:

  1. L’ignoranza, in cui il fondamentalismo e il fideismo trovano fissa dimora.
  2. La conoscenza intellettuale, che si ottiene a scapito di semplicità e spontaneità. Preferibile all’ignoranza, ma terreno troppo arido e avulso dalla realtà.
  3. Dopo aver appreso grazie alla conoscenza, ci sbarazziamo del superfluo e teniamo l’essenziale, trasformando la conoscenza in saggezza. “Mentre la conoscenza è un peso nella testa, la saggezza danza nei muscoli, e ci tiene caldo di notte” (Daniele Bolelli, cit.). E non mi pare azzardato sostenere che siamo ben vicini all’idea di Marx, per il quale “I filosofi hanno interpretato il mondo, ora a noi tocca cambiarlo”.

Ovvero: le idee senza gambe sono un orpello inutile, come il  pensiero senza prassi!

Mi pare strano che dopo gli anni 70 e il contributo che hanno dato su questi temi, il discorso sul corpo sia scomparso dall’orizzonte dei compagni, finendo per riprodurre la scissione tipica mente corpo tutta funzionale al capitale.

Da qui, errori di impostazione di rilievo, come una certa impostazione scientista fideistica che sfocia nel banale, come se la scienza e la tecnologia fossero un qualcosa di neutrale, come se non fossero esistite le riflessioni in merito dei Quaderni Rossi, di Raniero Panzieri..

Ecco quindi che vengono dati per scontati, tornando all’attualità, dogmi fabbricati dalle multinazionali come quello che vorrebbe i vaccini come panacea, mentre vi sono molte voci autorevoli e libere che sostengono il contrario, in favore piuttosto di prevenzione e cura, aspetti dei quali invece il sistema se ne frega, per ovvie considerazioni di profitto!

Cosa c’è di meglio che un sano movimento fisico all’aria aperta, soprattutto se si tratta di discipline come lo Yoga, il Qigong, le arti marziali, come sanno bene in Cina dove hanno attuato precisi protocolli con queste discipline anche dentro gli ospedali covid, con ottimi risultati in termini di prevenzione e cura insieme alla medicina tradizionale cinese. Da noi il movimento è stato represso e criminalizzato, i parchi chiusi, i droni, i delatori anti runner ecc.

Occore la capacità di correggere il tiro su questi temi, e mi auguro che questo contributo possa essere di qualche utilità per rimediare al grave fatto di aver lasciato sguarnito, come area antagonista, un terreno di lotta oggi centralissimo: il dominio del capitale sui corpi, sulla salute delle persone e sulla libertà di cura. Che a sua volta rimanda a che idea di società  vogliamo coltivare, che tipo di rapporti tra esseri umani vogliamo, e tra questi e la natura. Quale socialismo insomma.

Per i compagni zapatisti del Chiapas il miglior vaccino oggi sono le relazioni di comunità, da quando hanno a che fare col covid hanno accelerato sul tema dell’autonomia economica e amministrativa dal “malgoverno” per usare le loro parole. Il simbolo dei “caracoles”, le municipalità autonome zapatiste, è una spirale, che sta a simboleggiare l’armonia del microcosmo uomo con l’Universo, con  il Tutto circostante. Una spiritualità rivoluzionaria che passa dal loro modo di vivere il rapporto con la Terra e gli elementi della natura, che difendono a spada tratta dalle “grandi opere”. Questi compagni ridono del nostro meccanicismo scientista, e hanno ragione.

Per concludere queste sommarie e provvisorie considerazioni, cari compagni: solo testa uguale solito onanismo intellettualistico che produce soggettività nel migliore dei casi capaci di pensiero critico, ma pur sempre nevrotiche, dissociate da se stessi e dalla natura, con stili di vita insani e decadenti.

Agire, pensare, vivere una vita più piena e articolata che coinvolga tutti i piani dell’ esistenza, concreta e sottile, corporea e animica, è già un passo verso il cambiamento, qui e ora. Tutto il resto è una questione di scontro e di esiti dello scontro, non c’è niente di buono che accadrà per ” conversione” o non so quale automatismo come vorrebbero i new age, ma altrettanto sballato è riprodurre scissioni che sono lo specchio della frammentazione imposta da questo sistema. E profondamente errato è anche confondere religione e spiritualità.

Come dimostrano molte esperienze rivoluzionarie che oggi a mio parere sono la parte più avanzata dei movimenti, come gli zapatisti, i mapuche, una parte del movimento Kurdo. Possiamo tranquillamente conciliare materialismo storico e spiritualità intesa come risveglio interiore, perché passando da qui il discorso della liberazione collettiva assume radici forti che altrimenti non avrebbe. Fortemente radicati nel corpo-cuore. L’esperienza storica dovrebbe già parlarci chiaro a riguardo.

Corpo, mente, energia sono dimensioni insopprimibili, persi i quali si cade nel riduzionismo meccanicista che impoverisce le nostre vite, sterilizza la capacità stessa di produrre visioni potenti di Liberazione, di società altra. Abbiamo bisogno di volare alto per ritentare l’assalto al cielo con più strumenti di consapevolezza, la base necessaria per fare questo è avere radici solide in se stessi, nella consapevolezza interiore, e in questo le pratiche tradizionali come le arti marziali, che si basano proprio su questa visione armoniosa e completa, hanno moltissimo da dire e da dare.

*Maestro di arti marziali

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