Questo titolo non lo abbiamo fatto noi, è quello che appare nel blog di Stefano Fassina sull’Huffington Post. Esortazione ai grillini a parte, analizza con fredda scientificità cos’è davvero il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), unico strumento fin qui messo sul tavolo dall’Unione Europea per affrontare la pandemia.
Tutti gli altri – fondi Bei, fondo Sure, e soprattutto il Recovery Fund – sono ancora che definire, contrattate, condizionare, ecc.
In questi giorni tutta la stampa e i partiti “europeisti” stanno sgolandosi nel garantire questo Mes rivisitato dall’Eurogruppo e accettato dal ministro dell’economia Gualtieri (professore di Storia, peraltro, con una carriera da funzionario UE a Bruxelles… insomma, a forte rischio di conflitto di interessi) è “senza condizionalità”.
Quindi da prendere e intascare senza farsi altre domande. Perché rifiutare soldi cash restituibili in comode rate, quasi senza interessi? Stefano Fassina – economista, al contrario di Gualtieri – europeista, ex viceministro dell’economia (nel governo Monti, mica al soviet di San Pietroburgo!), smonta la bufala del “senza condizioni” in pochi semplici passaggi.
Non sono dettagli che ci erano sconosciuti, ne abbiamo parlato anche noi nei giorni scorsi. Ma sono illustrati da un ex parlamentare del Pd, un “tecnico” che conosce la materia (non un giornalista che sbobina le dichiarazioni di un politico ignorante, diffondendo così “fake news di Stato”).
Quindi dovrebbero aiutare ad aprire gli occhi anche a quei tanti – “a sinistra” – che reagiscono alla parola “Unione Europea” come i cani di Pavlov all’accendersi della lucetta…
Ci illudiamo, lo sappiamo. Ma i fatti, ossia la realtà e la verità, hanno la testa dura. E noi non conosciamo altri padroni che questi. Perché la verità è sempre rivoluzionaria, nascondere la testa sotto la sabbia è da reazionari. O da schiavi dei reazionari.
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Il comunicato dell’Eurogruppo di ieri conferma la trappola nel Mes, già contenuta nel Rapporto dei 19 Ministri delle Finanze del 9 Aprile, approvato dal Consiglio europeo del 23 scorso.
La trappola scatta non all’accesso, incondizionato come promesso, al prestito di 36 miliardi concesso dal Mes attraverso il ‘Pandemic Crisis Support’, la linea creata ad hoc per il Covid-19. Si attiva dopo l’accesso, dentro al Meccanismo.
Per riconoscere la trappola e provare, inutilmente, ad evitare le accuse di sovranismo, anti-europeismo, posizionamento politico e ideologico, irresponsabilità verso l’Italia sofferente, dobbiamo entrare nel merito e chiedere alla lettrice e al lettore un po’ di pazienza.
Dispieghiamo il percorso di lettura dalle ultime parole dei punti 3, 5 e 10 del testo condiviso ieri sera. Punto 3: “Le norme del Mes continuano ad applicarsi”. Punto 5: “Il Mes applicherà anche il suo ‘Early Warning System’ (sistema di allarme preventivo sulla solvibilità del debitore) per assicurare il puntuale ripagamento del credito”.
Infine, per dissipare ogni dubbio, il punto 10: per ciascuno Stato membro richiedente assistenza finanziaria attraverso la linea di credito legata al Covid-19 l’approvazione del ‘Pandemic Response Plan’ (il piano di utilizzo delle risorse ricevute in prestito) da parte del Mes “segue quanto previsto dall’art 13 del Trattato” [istitutivo del Mes].
Cosa è scritto nell’Art 13 in questione? Al comma 1: “… Una volta ricevuta la domanda [di assistenza finanziaria da uno Stato membro], il presidente del consiglio dei governatori assegna alla Commissione europea, di concerto con la BCE, i seguenti compiti: … b) valutare la sostenibilità del debito pubblico. Se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme al FMI”.
Al comma 3: “il consiglio dei governatori affida alla Commissione europea –di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme all’FMI– (la Troika per intenderci) il compito di negoziare con il membro del MES interessato, un protocollo d’intesa (meglio noto come Memorandum of Understanding) che precisi le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria. Il contenuto del protocollo d’intesa riflette la gravità delle carenze da affrontare e lo strumento di assistenza finanziaria scelto.”
Infine, il comma 6: “Il MES istituisce un idoneo sistema di avviso per garantire il tempestivo rimborso degli eventuali importi dovuti dal membro del MES nell’ambito del sostegno alla stabilità.”
E la lettera del Commissario europeo Gentiloni e del Vice-Presidente esecutivo Dombrovkis all’Eurogruppo? Viene richiamata al punto 5 del comunicato dell’Eurogruppo. Tuttavia, nonostante il giubilo politico e mediatico, la lettera si limita, non potrebbe essere altrimenti, ad indicare gli effetti regolamentari del Rapporto dell’Eurogruppo del 9 Aprile, confinati in un pericolosamente ambiguo torno temporale (“under the circumstances of the Covid-19”).
Nella lettera, viene specificato che, “nelle circostanze del Covid-19”, non si attiva il comma 7 dell’art 3, del Regolamento 472/2013, cosi come non si attiva l’art 7 del medesimo regolamento, entrambi relativi ad un “programma di aggiustamento macroeconomico”.
Non è una novità. E’ la conseguenza logica dell’assenza di condizionalità all’accesso alla speciale linea di credito definita in relazione al Covid-19.
Ma la lettera di Gentiloni e Dombrovskis non disattiva, non può farlo in quanto è normativa corrispondente a quella del Mes, l’art 6 del Regolamento 472/2013 nel quale è prescritta la valutazione della sostenibilità del debito pubblico: “Qualora uno Stato membro richieda l’assistenza finanziaria … del MES … la Commissione valuta, d’intesa con la BCE e, ove possibile, con l’FMI, la sostenibilità del debito pubblico di detto Stato membro e le sue necessità di finanziamento effettive o potenziali.”
Conseguentemente, la lettera non disattiva neanche i commi 1, 5 e 6 dell’Art. 3 dello stesso Regolamento. Il primo comma di tale articolo è inequivocabile: “Uno Stato membro soggetto a sorveglianza rafforzata (istituto confermato nella lettera dei due Commissari anche per il PCS) adotta, previa consultazione e in collaborazione con la Commissione e d’intesa con la BCE, …. ed eventualmente l’FMI, misure atte a eliminare le cause, o le cause potenziali, di difficoltà.”
In sintesi, si accede, senza condizioni e senza Memorandum, alla linea di credito speciale del Mes. Una volta dentro, viene valutata la sostenibilità del debitore, in conseguenza dei punti richiamati del comunicato dell’Eurogruppo (punti 3, 5 e 10). Dato che siamo avviati a superare, nel 2020, il 160% nel rapporto tra debito pubblico e PIL, siamo oggettivamente a rischio di solvibilità.
Pertanto, dopo l’accesso, scatta, per statuto Mes, l’Art 13: programma di aggiustamento macroeconomico e Memorandum.
Qui è il nodo: il programma di aggiustamento macroeconomico e il connesso Memorandum con la Troika arrivano una volta dentro il Mes. Allora, le ragioni del No al Mes rimangono tutte, anzi si rafforzano dopo la sentenza della Corte Costituzionale tedesca sul Quantitative easing.
Lo scenario davanti a noi è drammatico sul piano economico e sociale e difficilissimo sul piano politico europeo. Il Governo Conte è in una tenaglia micidiale. Serve senso della realtà e determinazione. Invece di celebrare la nostra inesistente vittoria sul Mes o insistere su ‘aiuti’ sostanzialmente irrilevanti e comunque a debito, come il Sure (il programma di prestiti per il sostegno al reddito dei disoccupati), le garanzie della Banca europea per gli investimenti o il lontano e gracile Recovery Fund, il Governo italiano, insieme agli alti governi firmatari della lettera del 25 Marzo scorso al Presidente del Consiglio europeo (Francia, Spagna e Portogallo in primis), dovrebbe combattere per difendere e rafforzare la funzione della Bce, l’unica istituzione federale della Ue, dotata della potenza di fuoco finanziario per salvare l’eurozona e l’Italia, non a caso attaccata, insieme alla Corte di Giustizia europea custode del diritto comunitario, a colpi di bazooka giuridico dall’avamposto di Karlsruhe.
Senza adeguati interventi della Bce, inclusa la sterilizzazione dello stock di debito pubblico acquistata dalle Banche Centrali nazionali, la strada da intraprendere è quella del “divorzio amichevole” invocato saggiamente da Joseph Stiglitz.
Infine, appello al M5S: resistete in nome delle periferie economiche e sociali affidatesi a voi nel voto del 2018.
* dall’Huffington Post
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Mario Bianchi
Scusate ma Fassina non era stato viceministro dell’economia durante il governo Letta e non durante quello Monti?
Redazione Contropiano
Tutti e due…
carmen
Beh, definire Fassina Europeista non mi sembra esattamente corretto.
Redazione Contropiano
Il problema è sempre tra il dire e il fare… Se uno legge solo quel che scrive, certamente è poco compatibile con l’attuale assetto UE… Se uno guarda la sua biografia politica e gli incarichi, ahinoi, risulta abbastanza il contrario… E in genere tuti noi preferiamo giudicare le persone per quel che fanno e non per quel che dicono… No? Un saluto da tutti noi…