Non è la prima volta che in Italia degli uomini politici, anche con responsabilità di governo oppure economisti e funzionari di livello vengono scoperti con le mani nella marmellata rispetto a loro lavori “scientifici”, tesi di laurea o di dottorato che si scopre essere copiate. A quest’attività sembrano particolarmente votati gli economisti, veri campioni del copia/incolla o, per essere più in linea con quell’ambiente, che predilige l’inglese, cut/copy/paste.
Che però una commissione nominata dal Presidente del Consiglio con il delicato compito di “far ripartire l’Italia” si dedichi a una pratica del genere è davvero troppo.
Avevamo già dedicato un articolo a contestare quel micidiale misto di idiozie aziendaliste, liberiste e confindustriali che compongono le pagine sulla scuola e l’università della commissione Colao che, forse anche per mancanza al suo interno di esperti di scuola e pedagogia, si è concentrata quasi esclusivamente sull’università.
Ora scopriamo quel capitolo sulla riflessione (naturalmente smart) per l’università post Covid era già stato pubblicato ben tre anni fa nel libro Salvare l’Università firmato, con due suoi colleghi, da Marino Regini, professore emerito di Sociologia Economica all’Università Statale di Milano.
Il prof. Regini ha fatto parte della Commissione Colao, evidentemente incapace di fare una riflessione originale sul futuro dell’istruzione in Italia, ma anche meno seria, rispetto ai propri doveri, di un ragazzino di terza media di fronte alla tesina per l’esame.
La cosa più divertente, comunque. è che i dati utilizzati dal prof. Regini per il suo libro – per giustificare le “necessarie riforme” contro l’università – erano stati a loro volta copiati dallo stesso prof. Ed erano sbagliati! Succede anche a scuola, di copiare da un asino…
A denunciare questa grottesca vicenda è stata la redazione del sito www.roars.it (Return on Academic Research and School) di cui riportiamo l’articolo sulla questione.
Di questa gentucola è fatta, oggi, la “classe dirigente” che dovrebbe indicare la “via del rilancio” a questo disgraziato Paese…
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Lo “Spunto di riflessione–Una differenziazione smart per il sistema universitario” contenuto nel Rapporto redatto dal Comitato di esperti in materia economica e sociale, presieduto dal top manager Vittorio Colao, già oggetto di un tagliente post di Giuseppe De Nicolao, è stato copiato e incollato (senza citazione) da un libro uscito nel 2017 per i tipi de Il Mulino. Il libro è intitolato Salvare l’università italiana. Gli autori di quel volume sono Giliberto Capano, Matteo Turri e Marino Regini, quest’ultimo parte della task-force capitanata da Colao.
Evidentemente per rilanciare l’università dopo l’emergenza COVID, non c’era niente di meglio da fare che rispolverare una ricetta di qualche anno fa (fortunatamente) dimenticata.
Il testo dello spunto di riflessione di Colao riporta letteralmente, con qualche taglio, gran parte delle pagine 146-148 del volume di Capano, Regini e Turri.
Per essere precisi, Colao e la sua task-force hanno fatto un solo intervento rilevante sul testo originario: hanno trasformato la “differenziazione intelligente” di Capano et al. in “differenziazione smart“, come richiede un testo dal piglio manageriale.
Nella figura riportata sopra si confrontano visivamente il testo di Colao (in celeste a sinistra) e quello originario di Capano et al. (a destra). Nelle tre pagine di destra sono evidenziate in giallo le parti copiate e incollate dalla task-force.
L’effetto è a tratti esilarante. Il lettore del rapporto è portato a credere che Colao e la sua task-force abbiano effettivamente elucubrato e discusso e poi scritto:
“E’ possibile allora … stimolare ciascuna università a a definire la propria particolare vocazione in una specifica combinazione di quelle funzioni per ciascuna delle aree scientifiche al suo interno, tendendo conto delle risorse disponibili e delle esigenze del territorio di riferimento? Noi riteniamo di sì.“
Peccato che quella domanda e quel “noi riteniamo di sì” siano stati scritti non da Colao e dalla task-force, ma da Capano e coautori a pagina 148 del loro libro.
Una volta trovato l’originale, è stato facile trovare ricostruire anche la fonte originaria della supercazzola sui dati VQR sbeffeggiata nel post di Giuseppe De Nicolao. Una supercazzola di terza mano, come vedremo.
Scrive la task-force:
“La qualità scientifica in Italia non è concentrata in pochi atenei eccellenti, ma è relativamente diffusa. Prendiamo l’esempio dell’area economica: nel primo esercizio di valutazione della qualità della ricerca (Vqr) i ricercatori che hanno presentato lavori valutati tutti come ‘eccellenti’ erano solo 296 (poco più del 6% del totale), ma distribuiti in ben 59 atenei e 93 diversi dipartimenti.”
La task force ha copiato e incollato le frasi in rosso della precedente citazione dal testo di Capano e coautori. Purtroppo i tre dati contenuti in quelle frasi sono tutti sbagliati:
- non è vero che ‘i ricercatori valutati tutti come eccellenti erano solo 296 (poco più del 6%)”. Nella VQR 2004-2010 i ricercatori di area economica che presentarono “lavori valutati tutti come eccellenti” furono infatti 440 pari al 9,6% (lo si legge a pagina 30 del rapporto ANVUR di Area 13). Tra questi 440, scrive ANVUR, si distinguono “144 soggetti con un numero di lavori attesi inferiore a 3 (si tratta in massima parte di giovani ricercatori assunti …) e i 296 soggetti valutati con 3 valutazioni eccellenti (6,4% del totale)”.
- non è vero che quei “296 … erano distribuiti in ben 59 atenei”; erano distribuiti su 52 atenei. Mentre ad essere distribuiti su 59 atenei erano i 440 ricercatori eccellenti (tabella 4.14 del rapporto VQR);
- infine non è vero che quei 296 appartenessero a “93 dipartimenti diversi”. Secondo il testo del rapporto ANVUR (p. 31) sono i 440 totali che si distribuivano su 93 dipartimenti diversi. (Peccato solo che il dato riportato nel rapporto ANVUR non coincida con quanto contenuto nella tabella 4.15 dello stesso rapporto, dove i dipartimenti con almeno un ricercatore “tutto eccellente” sono 107. Ma si sa dei dati dell’ANVUR non c’è da fidarsi).
Ma perché Capano, Regini e Turri riportano dati sbagliati? Perché pure loro li hanno presi di seconda mano, senza controllare cosa c’era veramente scritto nel rapporto VQR. Li hanno copiati e incollati (citando la fonte) non da una pubblicazione scientifica o dal rapporto originale di ANVUR, ma da un post firmato dagli economisti della Voce.info (che evidentemente essendo eccellenti e avendo a suo tempo occupato in forze il panel di valutazione della VQR, non possono certo scrivere dati sbagliati).
Nel post pubblicato sul sito del FattoQuotidiano il 22 luglio 2013, rilanciato il giorno successivo sul blog lavoce.info, gli economisti della voce avevano scritto:
coloro che hanno ricevuto la valutazione massima in ciascuno dei lavori presentati… sono complessivamente 296 (poco più del 6 per cento del totale), e presenti in 59 diversi atenei e 93 dipartimenti distinti.
Quindi, per riassumere, la task-force capitanata da Colao, per tratteggiare i dati essenziali sulla ricerca in Italia, fa copia-incolla da un libro di Capano, Regini e Turri; i quali a loro volta, invece di verificare i dati alla fonte, li avevano ripresi da un post su internet, errori inclusi.
Se il rilancio dell’Italia è affidato a questi esperti, che possiamo dire?
Andrà tutto bene!
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