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Non date la colpa alla “gente”

Oggi ho fatto un giro al mercato settimanale che si svolge nel centro di Brescia. Tutte, ma proprio tutte le persone incontrate avevano la mascherina e gli ambulanti intervenivano per chiedere alle persone di distanziarsi, là dove si affollassero troppo.

Evidentemente dove il Covid è stata una vera pestilenza non c’è bisogno di proclami ed ordini perché le persone siano rispettose del principio di cautela e di quello di precauzione.

Altrove, dove la pandemia è stata meno feroce, il comportamento personale è determinato più dalla coscienza che dalla esperienza. E la coscienza a sua volta non opera nel vuoto, ma sulla base dei messaggi che riceve.

E non c’è dubbio che il messaggio fondamentale dopo la riapertura sia stato che il contagio e la malattia si stessero esaurendo.

È quindi comprensibile che chi non ha visto parenti, amici, vicini di casa colpiti e uccisi dal morbo, chi non ha temuto per i propri cari e anche per sé, non senta la stessa necessità di rispettare le regole anti Covid.

Chi le rispetta non è affatto sicuro che funzionino, ma per esperienza applica il fondamentale principio precauzionale della prevenzione: nel dubbio mi comporto come se il rischio fosse grave e ciò che faccio servisse ad evitarlo.

Ripeto, chi non ha vissuto la tragedia di Brescia, Bergamo, delle realtà più colpite dalla pandemia, questo principio lo può acquisire solo attraverso una consapevolezza che venga da giuste informazioni e scelte coerenti del sistema. Entrambe sono mancate e tutto il sistema politico e mediatico, ma anche quello scientifico, ne sono responsabili.

Se ora il contagio riparte per mancanza di una generalizzazione e organizzazione delle precauzioni, non si può darne la colpa alla “gente”. Non sono tanto i terrapiattisti e gli avanguardisti della mascherina ad aver causato la caduta di cautele che ora rischiamo di pagare.

Quegli sciocchi non sarebbero in grado di influenzare nemmeno sé stessi se non ci fosse un contesto nel quale le loro stupidaggini vengono legittimate.

E il contesto è stato quello di una ripresa nella quale tutti, governo, opposizione, politici e media hanno diffuso il messaggio che da tempo gli era chiesto dalla Confindustria e da tutto il mondo degli affari: basta con la malattia ora si lavora, si guadagna, si riprende. Questo messaggio non era seriamente contrastato dalle autorità scientifiche, ma era ipocritamente coperto da raccomandazioni a comportarsi bene.

Raccomandazioni che avevano lo stesso valore di quelle rivolte ai giovani mentre di riaprivano le discoteche. Se queste vanno vuol dire che la malattia non c’è più e quindi l’indicazione di ballare a distanza è come quella delle mamme di una volta ai bambini che giocavano per strada: “stai attento a non farti male“.

È il palazzo politico e scientifico che ha fallito nel comunicare come era cambiata la vita dopo la pandemia, è il sistema che non ha ancora imparato ad organizzarsi in modo da non oscillare tra allarmismo e traScuratezza.

E allora le persone agiscono sulla base di ciò che hanno vissuto, a Brescia con la mascherina generalizzata, altrove no. E altrove ora si sta diffondendo il contagio.

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