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La salute? Conta meno dell’economia. La cinica sincerità di De Bortoli

Viva la sincerità. Onore a Ferruccio de Bortoli che sul Corriere della Sera di ieri (“Il dovere di parlare chiaro”) non le manda a dire e spiega qual è il punto di vista delle élite economiche nostrane.

Dice soprattutto tre cose:

1) in questa seconda ondata del covid19, dopo che abbiamo visto quanto costa il lockdown, va detto a chiare lettere che LA SALUTE CONTA MENO DELL’ECONOMIA e che quindi toccherà combattere ,senza se e senza ma, per difendere la tenuta dei mercati, consapevoli che ciò significa pagare un prezzo salato in termini di morti e feriti (come in guerra a morire saranno gli sfigati e non quelli che li spediscono al fronte);

2) si sappia che gli aiuti di Stato sono pannicelli caldi, ma soprattutto non possono essere illimitati (leggi: nel sistema neoliberista lo Stato, a differenza di quanto avviene nei regimi “dittatoriali” come la Cina, non gode di alcuna sovranità e autonomia nei confronti delle “leggi” del mercato, quindi non ha il potere di tutelare illimitatamente la salute, la vita e il lavoro dei cittadini);

3) si sappia che le crisi come quella in corso non sospendono le sacre leggi della concorrenza, per cui va dato per scontato che molte delle imprese che oggi chiudono non potranno riaprire né potranno (al pari dei cittadini) pretendere sostegni pubblici illimitati.

Detto altrimenti: le crisi sono anche (per i più forti) opportunità, nel senso che accelerano il processo di concentrazione dei capitali, e le caste giornalistiche al servizio delle caste economiche è da anni che tuonano contro il “nanismo” delle imprese nostrane chiedendo a gran voce di spazzare via quei settori dove hanno trovato rifugio i lavoratori espulsi dal mercato del lavoro a causa di ristrutturazioni tecnologiche, delocalizzazioni, e precedenti ondate di concentrazione produttiva e finanziaria (così si potrà “affamare la bestia” e costringerla a vendere la propria forza lavoro a prezzi ancora più bassi di quelli già imposti da decenni di “guerra di classe dall’alto”, e che nessuno si illuda di sopravvivere con aiuti di Stato perché il contenimento della spesa pubblica è un dogma talmente intoccabile che è stato introdotto nella nostra Costituzione, in palese contrasto con lo spirito e la lettera della Carta del ’48);

4) per offrire un contentino a quelli che invita a crepare senza rompere i coglioni sul fronte del profitto, il nostro ci dice infine (bontà sua) che anche i ricchi dovranno rassegnarsi a pagare le tasse in proporzione alla loro ricchezza (non gli costa nulla perché sa che questo auspicio resterà come sempre lettera morta).

Che altro dire? Quando la crisi lo addenta ai garretti il sistema capitalista (e i suoi fedeli portavoce) fanno la faccia feroce e la voce grossa esprimendo cinicamente e senza giri di parole i propri interessi e spiegando ai sudditi che non resta loro altro che piegare la testa e servire.

Ma quando si dichiara la guerra, caro de Bortoli, non si è mai sicuri di vincerla: a volte capita di fare la fine di Mussolini.

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2 Commenti


  • Ester de Miro

    Sincera, sferzante, giustamente spietata.


  • Corrado Le Piane

    Il finale concretizza tutta la pantomima di De Bortoli. Guerra o no guerra, abbiamo a che fare con qualcosa di imprevedibile. Non si può accettare il famoso SI SALVI CHI PUÒ

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