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Chi ha ucciso il Comitato Verità e Giustizia per le vittime Covid

Per te, papà, perché su quei camion c’eri pure tu il giorno in cui anche tu sei arrivato a Firenze per il tuo ultimo viaggio.

Perché la verità ha una forza prorompente.

La verità sui motivi, per cui mi sono allontanata dal Comitato Noi Denunceremo Verità e Giustizia per le Vittime Covid-19.

Per non dimenticare.

Alle 13,41 del 27/3/2020 se ne é andato mio papà, Vincenzo, nato a Seriate l’1/2/1942 dove ha vissuto per 78 anni in grazia e serenità ma soprattutto in onestà.

È per questo, per il rispetto di mio padre e per onorare la sua memoria che oggi (1/2/2021) ho deciso di rendere la mia versione dei fatti, ma anche per rispetto a tutte le altre vittime e loro familiari che mi hanno dato fiducia come persona; ma anche come professionista che nei fatti, dapprima ha rappresentato l’immagine del Comitato, per quanto solo sotto il profilo legale/giudiziario, poi come portavoce dell’attuale team di legali che ho contribuito a formare nei mesi di maggio/giugno 2020 e che sono fiera di rappresentare.

Subito dopo la morte di mio padre sono venuta a conoscenza del gruppo Facebook “Noi denunceremo Verità e Giustizia vittime Covid-19” sorto qualche settimana prima e d’impeto gli affidato il mio dolore più vivido, quello più bruciante, raccontando la mia storia, una delle centinaia che venivano già postate ma prima che quel post venisse pubblicato, Stefano Fusco, mi ha inviato un messaggio diretto chiedendomi se poteva mettermi in contatto con suo padre, Luca Fusco, che, insieme a lui, aveva creato quel gruppo Fb.

Nelle settimane seguenti è poi nato il comitato “Noi Denunceremo Verità e Giustizia Vittime Covid-19” il cui atto costitutivo e statuto sono stati redatti proprio da me e Luca Fusco, l’una a fianco dell’altro per iniziare una battaglia all’insegna della ricerca della verità e con il fine di ottenere per tutti, sottolineo tutti, giustizia, per cercare una spiegazione a quelle morti strazianti ed inconcepibili con l’animo di dare sostegno a tutte le persone che avevano subìto lutti devastanti nell’abbandono più totale e nella solitudine più struggente.

Fin dall’inizio ho creduto in questa battaglia approfondendone gli aspetti legali e predisponendo le parti di diritto utilizzate dagli aderenti per il deposito dei loro primi esposti.

Con me tutti i colleghi del team legale che avevo costituito e con cui, ancora ad oggi, siamo uniti accomunati da un unico fine che è sempre lo stesso, verità e giustizia, valori incrollabili in cui crediamo fermamente e che hanno sempre connotato i post che ho scritto pubblicamente nel corso di questi 11 mesi.

Ormai da qualche settimana, mio malgrado, ho realizzato che questa fede, questo credo, erano solo miei (e dei miei colleghi) perché è stato evidente che il progetto nato con me e per cui era sorto il comitato e che aveva un unico e preciso scopo, non apparteneva proprio ai suoi membri fondatori i quali, probabilmente, non solo non ci avevano creduto fino in fondo ma lo avevano via via trasformato stravolgendolo, probabilmente intendendolo quale prodromico o strumentale ad altri progetti.

Di fatto, ho finito per realizzare quanto è divenuto chiaro ed evidente anche a tutti nelle ultime settimane, grazie dirette Fb o post pubblicati dal Direttivo del Comitato sulle pagine social ufficiali e/o connesse (come dimostrano alcuni commenti sfuggiti alla censura dei moderatori del comitato).

È bene quindi ripercorrere i fatti.

Nel mese di giugno 2020 il dott. Luca Fusco è venuto in contatto con il Sindaco di Bergamo, Dott. Giorgio Gori (del Pd, ndr), in occasione dell’incontro/passerella che era stato programmato (ed a cui hanno partecipato i maggiori rappresentati delle istituzioni italiane, alcuni dei quali protagonisti di fatti già all’epoca rilevati negli esposti depositati dagli aderenti del comitato “Noi Denunceremo Verità e Giustizia Vittime Covid-19”) e che avrebbe dovuto rappresentare un momento di commemorazione delle vittime davanti al cimitero monumentale di Bergamo.

Ciò in quanto pur sapendo le autorità locali dell’evento e della presenza sul territorio del comitato costituito che rappresentava già decine di migliaia di familiari di vittime, nessuno delle dette autorità locali aveva contattato il comitato per presiedere alla commemorazione e solo su insistenza dello stesso presidente del comitato e di alcuni aderenti dello stesso, il sindaco di Bergamo si trovava nella condizione di convocare i membri del direttivo unitamente alla sottoscritta.

Durante questo incontro svoltosi nelle Sale del comune di Bergamo nei giorni precedenti quell’evento ed a cui avevo partecipato unitamente al presidente e vicepresidente del comitato, avevo espressamente richiesto che una rappresentanza del comitato composta da 5/10 persone fosse invitata a presenziare alla commemorazione, quale gesto di vicinanza del comune ai cittadini bergamaschi così duramente colpiti e che ancora stavano soffrendo ma anche per testimoniare che quell’evento non poteva e non doveva risolversi in una “passerella politica” ma doveva restare un momento dedicato alle vittime ed ai familiari “sopravvissuti” per la celebrazione di funerali mai celebrati.

In quell’incontro ho più volte reiterato tale richiesta che, di fatto, è stata per così dire palleggiata tra vari interlocutori (Prefettura territoriale a cui l’avevo anche già inoltrata qualche giorno prima e che a sua volta mi aveva consigliato di rivolgermi al sindaco).

In realtà, in occasione di quell’incontro l’unica richiesta che mi veniva rivolta, con insistenza quasi sospetta, era riferita allo “stato delle indagini”.

Alla fine ed in sintesi, il sindaco, solo il pomeriggio del giorno antecedente la commemorazione, “concedeva” la presenza al detto evento solo del presidente del comitato, Luca Fusco che ha accettato l’invito nonostante la mia netta contrarietà (e per la verità anche quella di suo figlio Stefano Fusco) in quanto simile partecipazione, a maggior ragione dopo avere appreso della presenza anche del presidente della Regione (Attilio Fontana, della Lega, ndr), si sarebbe posta in aperta contraddizione con le responsabilità che fino a quel momento avevamo contribuito a far emergere proprio nei confronti di talune figure politiche.

Dopo il primo D Day di giugno 2020 ne sono seguiti altri due, fino ad ottobre 2020, ove gli aderenti, individualmente, hanno depositato i loro esposti la cui parte in diritto era stata curata da tutti i legali del team a titolo gratuito in segno di solidarietà e vicinanza nei confronti di tutti i familiari delle vittime decisi a muovere un passo così importante e per molti di loro anche emotivamente gravoso.

L’intento era quello simbolico di restituire dignità ad una sofferenza che era stata negata nel momento più doloroso della scomparsa.

L’1/11/2020 è stato creato un gruppo WhatsApp tra i membri del comitato, unitamente al responsabile della comunicazione del comitato stesso, alla sottoscritta e ad alcuni altri esponenti istituzionali, che aveva fatto seguito ad una videochiamata nel corso della quale avevo fortemente ribadito l’indipendenza del comitato rispetto a qualunque espressione politica partitica, a maggior ragione quella partitica attuale, non mancando di sottolineare come il comitato, per quanto era stato in grado di far emergere fino a quel momento con la propria attività di indagine e pubblica denuncia, stava già dando voce autorevole ai cittadini contro qualsiasi espressione politica istituzionale ritenuta, quantomeno da noi e sulla scorta di evidenze pressoché documentali, gravemente responsabile di azioni e/o omissioni tanto da aver contribuito alla diffusione incontrollata del virus e, quindi, a migliaia di decessi.

Per quanto mi riguarda, non ho avuto più contatti con questi esponenti istituzionali che, come risulta da questa chat, sono invece continuati anche successivamente in forma di accordi e/o contatti con il presidente del comitato.

Alla fine di novembre 2020 sulla pagina ufficiale del comitato e su quella Facebook è stata pubblicata l’informazione secondo la quale i legali avevano ravvisato gli estremi per intentare un’azione civile nei confronti di Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute e della Presidenza di Regione Lombardia, informando tutti gli aderenti della possibilità di esercitare in quella sede loro specifico diritto risarcitorio per questo invitandoli a rivolgersi ai propri legali di fiducia rimanendo comunque disposizione per eventuali loro richieste.

Tali informazioni sono state rese anche nel corso di una diretta Facebook nei giorni immediatamente successivi alla comunicazione scritta sui social.

All’azione civile hanno partecipato anche tutti i componenti della famiglia del presidente del comitato, tuttora attori in quel giudizio.

Come stabilito con i legali del team si è deciso di procedere alla notifica dell’atto di citazione il 23 dicembre 2020, a 9 mesi esatti dal ricovero di mio papà in una clinica da dove non sarebbe uscito vivo, invitando il presidente ed il vicepresidente del comitato ad essere presenti quel giorno al momento dell’invio telematico, perché la loro presenza avrebbe avuto un importante significato simbolico, di condivisione, di empatia, di sostegno a tutte le persone che loro rappresentavano e rappresentavano anche per me e che, in diverse centinaia, avevano dato mandato ai legali per agire in sede civile con quell’atto di citazione in giudizio.

Persone, attori, che avevano subito l’abbandono nel momento più devastante della loro vita ma che, attraverso la fiducia riposta nel comitato, ed in me, speravano di non essere più soli come di fatto non li ho mai lasciati, non li lascio e mai li lascerò in futuro.

In realtà, poi, in quell’occasione il presidente ed il vicepresidente hanno disertato e, probabilmente, la loro assenza non era soltanto fisica ma anche ideale, mentre erano presenti tutti i legali oltre al responsabile della comunicazione quando, alle 14,44 del 23 dicembre è stata inviata la notifica dell’atto di citazione.

Il 7 dicembre 2020, nel frattempo, il presidente del comitato indiceva una videoconferenza in zoom con altri due membri del direttivo, oltre a me e Robert Lingard, comunicandoci la sua intenzione di abbandonare lentamente, ma in tempi estremamente brevi, l’aspetto giudiziario (ormai esaurito a suo dire) e far nascere ufficialmente un movimento di opinione similpolitico, ufficializzandolo probabilmente a decorrere dal primi mesi dell’anno 2021.

Di fronte alla netta opposizione e contrarietà a simile decisione, il presidente ha dichiarato che avrebbe “corso” in politica da solo al che, non ho potuto fare altro che specificare, per quanto mi concerneva, sarebbe stato libero di portare avanti le sue scelte a condizione che non coinvolgesse il comitato.

In quel momento io non ero sola a difendere questa precisa ed irremovibile posizione, a tutela non solo del comitato, ma soprattutto dei familiari delle vittime che il comitato stesso rappresentava e rappresenta tuttora, dal momento che addirittura lo stesso vicepresidente si era apertamente schierato a favore del mio pensiero: “scendere” in politica a sostegno o sostenuti da rappresentanti politici, a maggior ragione in un momento di indagine giudiziaria delicata per l’ipotesi di reato per epidemia colposa (di cui peraltro non sono ancora noti gli eventuali responsabili), avrebbe significato tradire la fiducia dei familiari che si erano rivolti al comitato e mancare loro di rispetto, facendo quanto hanno fatto gli esponenti politici partitici che il comitato aveva già messo in discussione a partire da maggio 2020.

Per rispetto, coerenza e serietà, se il comitato poteva essere un’alternativa, avevo dichiarato, avrebbe semmai potuto esserlo solo al termine di ogni indagine giudiziaria ed in modo indipendente, senza coinvolgimenti e schieramenti partitici.

D’altro canto, già nel mese di agosto 2020 era già stato paventato questo ipotetico intento e già avevo comunicato quello stesso punto di vista.

In ogni caso, l’opposizione a quella che di fatto si stava traducendo in una sorta di decisione unilaterale, comunicata dal presidente del comitato nel corso di quella call, era compatta da parte di tutti i presenti alla call ed è stata reiterata nei giorni successivi anche attraverso la raccomandazione al presidente affinché ogni post pubblicato sulla pagina Facebook dovesse essere previamente approvato dalla maggioranza del “collegio dei probiviri” (composto dai membri del direttivo e dalla sottoscritta unitamente a Robert Lingard) come era stato stabilito in precedenza da tutti.

In quell’occasione mi è stata espressamente riconosciuta, da parte di alcuni membri del direttivo, la coerenza e la purezza della finalità che avevo avuto fin da subito nella battaglia giudiziaria, cui avevamo dato inizio, siccome volutamente lontana da ogni contaminazione politica e partitica convenzionale.

E ciò credevo, fino al giorno in cui, senza che io ancora oggi sappia cosa sia successo tra i membri del direttivo, il 4 gennaio 2021 gli stessi sono giunti a creare un gruppo WhatsApp da cui sono stata esclusa con il preciso intento di allontanarmi dal comitato e, addirittura, dal team dei legali, per quanto riferitomi da uno dei componenti di questa chat.

Con ordine e ricostruendo le ultime vicende indispensabili per capire chiaramente ogni fatto che si è verificato.

Nel corso del mese di dicembre 2020 veniva deciso dal direttivo che dal mese di gennaio 2021 la quota per l’iscrizione sarebbe stata aumentata, decisione che poteva essere pure compresa se l’aumento fosse stato contenuto, ma non di certo decuplicato, come invece è stato fatto.

Avevo espresso chiaramente la mia contrarietà ed i miei dubbi proprio in virtù del fatto che il comitato doveva dare a tutti la possibilità di aderire e, pertanto, chiedere una somma minima di euro 25,00= per arrivare ad una quota di adesione di euro 50,00= era assolutamente, oltre che eccessivo, anche contrario alle finalità del comitato medesimo e, peraltro, nessuno comprendeva il motivo di un aumento così consistente, anche perchè, considerata la natura del comitato medesimo, deve essere giustificato ogni utilizzo del patrimonio agli aderenti al comitato stesso.

Nella diretta del 29 gennaio 2021 trasmessa sui canali ufficiali social del comitato, il presidente ed il vicepresidente hanno comunicato agli aderenti che il comitato non avrebbe più proseguito e sostenuto l’azione giudiziaria civile intrapresa dai legali a dicembre 2020 (e di cui era stata data comunicazione a tutti i membri del gruppo Facebook ed agli aderenti al comitato il 28 novembre 2020 ed il 06 gennaio 2021) in quanto, a detta loro, non in linea con la scelta dei professionisti e contraria alla loro volontà di “non volere risarcimenti”.

Dimenticandosi di informare, però, che alla data del 29.01.2021 costoro sono ancora parte dell’azione giudiziaria insieme ad altri familiari.

Ma importante è la data del 06 gennaio 2021, riferita alla comunicazione sulla possibilità di aderire alla causa civile, perché solo pochi giorni prima era stata postata la possibilità di adesione e di rinnovo dell’iscrizione al comitato con le opzioni di euro 25,00 ed euro 50,00, giustificando questa quota di euro 50,00 con la partecipazione alle azioni giudiziarie, cosa di cui non ero a conoscenza perché delle membership non mi dovevo occupare.

Ma per me era ovvio che la partecipazione alle azioni giudiziarie non fosse rivolto all’ambito penale, visto che i legali del team avevano già contribuito gratuitamente alla stesura di altri 150 esposti, non ancora depositati nei precedenti denuncia day e ancora negli scatoloni in possesso del vicepresidente (come dallo stesso ammesso nel corso di alcune dirette fb fino a dicembre 2020), oltre a quelli già depositati dagli aderenti avanti la procura di Bergamo a giugno/luglio/ottobre 2020.

So per certo che già dal giorno della comunicazione del 6 gennaio 2021, alcuni aderenti che avevano versato la quota di euro 50,00 per avere informazioni, ad oggi non le hanno ancora ricevute, e so per certo che ad altre persone, che hanno inviato mail, prima di versare la quota di adesione di 50,00, solo per avere informazioni generali sulla causa prima di decidere se intraprendere il giudizio o no, era stato risposto che anche solo per avere info avrebbero dovuto versare la quota di euro 50,00 .

Proprio nel momento in cui ero venuta a conoscenza di tali risposte, avevo combattuto, confrontandomi con i legali del team per fare cambiare questa indicazione, evidenziando che in tale modo era stato leso il diritto alla libera informazione dei cittadini, a maggior ragione riferito ad un comitato nato per denunciare ed dare verità e giustizia alle vittime covid-19.

Veniva, finalmente, modificata questa parte della comunicazione ma di fatto, ad oggi, parte dei richiedenti non ha ricevuto risposte e/o info dal comitato medesimo.

Riassumendo, quindi: il comitato ha comunicato la possibilità di agire civilmente a novembre 2020, ha stabilito nuove quote per l’adesione od il rinnovo per l’adesione 2021, tra cui euro 50,00 per usufruire delle convenzioni legali (che vengono considerate al pari di altre convenzioni commerciali peraltro), il 6 gennaio 2021 ha informato della possibilità di intervenire nel giudizio civile (già radicato da dicembre 2020) ed il 29 gennaio 2021 si è dissociato dall’azione giudiziaria civile, tuttavia omettendo di informare che a titolo personale ha continuato a farne parte.

A riguardo mi astengo da qualunque mia personale considerazione di carattere etico.

Per la verità questa è l’ultima di una serie di azioni scaturite dal mio post del 29 dicembre 2020, a mio avviso e da quanto raccontano i fatti ed il senso degli interventi relativi alla parte giudiziaria civile delle ultime dirette Facebook del comitato, per allontanarmi dal comitato, rispetto al quale peraltro non sono mai stata parte del consiglio costitutivo e/o direttivo, attraverso una “politica” diffamatoria personale (come possono appurare anche solo i miei colleghi del team) e professionale volta a tentare di screditare il valore e l’analisi legale-normativa dell’attività giudiziaria soprattutto rispetto al giudizio civile radicato avanti al Tribunale di Roma, unico nella storia per l’oggetto e il numero di attori già parti del giudizio medesimo e soprattutto per la portata e la qualità istituzionale pubblica dei contraddittori citati, oltre che per la fondatezza delle ragioni avanzate.

Per non parlare della bagarre assurda e sciocca, oltre che irrispettosa, a mio modesto avviso, in cui sono stati catapultati tutti gli aderenti che avevano visto in me il portabandiera del comitato, il braccio legale cui hanno dato fiducia.

Sfugge forse al presidente ed al vicepresidente del comitato che così facendo non hanno fatto altro che tradire la fiducia che gli aderenti avevano nel comitato.

Ma noi legali abbiamo una grande responsabilità, non solo professionale, verso tutti questi familiari di cui rappresentiamo la voce, una voce che hanno trovato il coraggio di far sentire proprio perché in prima persona “ci ho messo la faccia” e mi sono guadagnata la loro fiducia, quella stessa che invece nessuno di noi legali ha minimamente intenzione di tradire.

Il 28 dicembre 2020 il sindaco del Comune di Bergamo ha comunicato al mondo intero, attraverso i media, che il Vomune si costituirà parte civile (?) nell’ambito del procedimento penale (che ad oggi è ancora in fase di indagini preliminari), che di fatto ha preso origine dall’attività del comitato “Noi Denunceremo Verità e Giustizia Vittime Covid-19”, in tal modo tentando di strumentalizzare la genesi del comitato per scopi meramente politici.

La notizia è stata appresa dalla stampa e, ovviamente, nella chat del comitato abbiamo preso immediata posizione pensando di predisporre un comunicato, in cui dichiaravamo di volerci sottrarre a questo tentativo, non volendo in alcun modo che il comitato si facesse portavoce di un messaggio politico/partitico, come peraltro ben veniva scritto la sera seguente agli esponenti politici presenti in quella famosa chat WhatsApp dallo stesso responsabile della comunicazione.

Comunicato che avrebbe dovuto essere postato di prima mattina il giorno successivo, ma che in realtà è stato “stoppato” dal presidente per essere modificato e fatto divenire più conciliante e, successivamente, pubblicato sui social ufficiali del comitato medesimo.

Sul mio profilo personale Facebook, nel frattempo, il 29 dicembre 2020, in via del tutto personale postavo le mie considerazioni sulla comunicazione riferita alla decisione del Comune di Bergamo del giorno precedente e precisavo che noi non volevamo sindaci degli aperitivi sul carro dei vincitori, senza minimamente pensare che i rapporti tra comitato e altri terzi fossero cambiati rispetto alla sera precedente.

Sotto il post emergeva il tentativo, peraltro vano, di screditarmi, ma interessante era la conferenza in skype delle ore 15 di quel giorno 29.12.2020 (cui avevano partecipato anche il vicepresidente ed il responsabile della comunicazione), durante la quale il presidente del comitato riferiva di aver ricevuto una telefonata dal sindaco di Bergamo che, rammaricandosi di un post pubblicato “da un collaboratore del comitato (la sottoscritta avvocatessa diventava quindi semplice collaboratrice n.d.r), sosteneva che, a quelle condizioni, non ci sarebbe stata più alcuna possibilità di contatto, circostanza poi confermatami da un membro del direttivo in data 16.01.2021 alla presenza di un testimone e, conseguentemente, il presidente del comitato mi accusava di aver fatto naufragare ogni possibilità di interlocuzione, imponendomi di non parlare più di altro che non fosse collegato all’azione giudiziaria, che tra l’altro già non condivideva.

Il 04 gennaio 2021, durante un incontro in zoom cui partecipavano presidente, vicepresidente ed un altro membro del consiglio direttivo, oltre al responsabile della comunicazione, veniva letto da Luca Fusco un messaggio inviatogli dal sindaco di Bergamo, in cui emergevano perplessità del sindaco di Bergamo medesimo rispetto alla mia figura, come mi è stato riferito da uno dei presenti alla videocall e documentabile dalla registrazione in possesso dello stesso.

Dalla successiva riunione in zoom del pomeriggio di quello stesso giorno 04 gennaio 2021 (registrata dal presidente del comitato senza che ne fosse stata chiesta l’autorizzazione dei partecipanti) tra i legali del team e tutto il consiglio direttivo del comitato, alla presenza anche del responsabile della comunicazione Robert Lingard, ho desunto che l’allontanamento della sottoscritta dal comitato dovesse passare da un’opera velata di screditamento della mia persona, da insinuare a partire dai miei colleghi che avrebbero dovuto mettermi in discussione, disconoscere la mia professionalità e di fatto lasciarmi da sola.

Per chiarezza esplicativa è necessario sapere che per la partecipazione all’azione civile era stato stabilito dal team legale il versamento di una somma simbolica per ogni attore, tale da poter dare a tutti la possibilità di intervento in un giudizio volto a tutelare il diritto di ogni cittadino che aveva subito lutti.

Io stessa avevo proposto ai colleghi del team di pensare ad una donazione liberale in favore del comitato all’esito dell’introduzione del giudizio proprio per sostenere l’attività del comitato e, in tal modo, anche riconoscere l’attività davvero importante che era stata posta in essere da Robert Lingard, che aveva contribuito a trovare tanti documenti riversati poi nel giudizio civile instaurato.

Era un gesto indicativo ed importante, condiviso senza alcun dubbio da tutti i colleghi del team, che dimostrava la mia dedizione al comitato, la mia assoluta buona fede, il mio interesse solo alla verità ed alla giustizia e non all’aspetto economico, anche perché già erano stati redatti di fatto quasi 300 esposti del tutto gratuitamente e senza che alcuno dei miei collegi del team avesse nemmeno minimamente pensato a “lucrare” sui lutti, come invece mi è stato riportato sia stato riferito di me nei giorni scorsi.

Tuttavia, il presidente del comitato pretendeva che la donazione, che avrebbe dovuto essere liberale e concordata solo dai donanti e che venisse anche estesa per riconoscere il lavoro svolto dal responsabile della comunicazione, diventasse un accordo ma, soprattutto, non informava Lingard della parte che lo interessava, facendo intendere, di fatto, che la sottoscritta “facesse soldi” sul dolore dei familiari.

Peraltro, tale pensiero è evidente in ogni post pubblicato nelle ultime settimane sul profilo Facebook personale del presidente di comitato (ultimo il 31.01.2021)

Pertanto, entrambe le call del 04.01.2021 (e successivi messaggi in chat di WhatsApp anche a mie mani) avevano questo fine, tanto che il responsabile della comunicazione, proprio durante quell’ultima videocall, si trovava assolutamente in imbarazzo nel sentire la sottoscritta riferire circostanze esattamente opposte (peraltro ammesse dallo stesso presidente del comitato) a quelle che allo stesso erano state riferite il giorno precedente dal presidente del comitato medesimo.

Il comunicato del 14 gennaio 2021 pubblicato sui siti social ufficiali del Comitato, a firma del vicepresidente Stefano Fusco e condiviso sul proprio profilo personale dal presidente, era stato messo per l’approvazione sulla chat interna del comitato alle ore 14.46 e approvato solo dal presidente del comitato con l’autorizzazione solo di costui alla pubblicazione alle ore 14.53, ben sapendo, come peraltro ammesso dal vicepresidente stesso e come sopra riferito, che nessun post avrebbe dovuto e potuto essere pubblicato senza l’autorizzazione del responsabile della comunicazione e il vaglio legale della sottoscritta e senza in ogni caso il consenso della maggioranza dei membri di quella chat (del direttivo compresi presidente e vicepresidente, Robert Lingard e la sottoscritta).

In quel momento era impossibile per me leggere il contenuto di un messaggio che avevo visto in arrivo sulla chat, perché ero dal medico con mia sorella per un mio problema personale e, di fatto, prendevo visione del post e del contenuto solo nel tardo pomeriggio quando mi confrontavo con tutti i colleghi del team e con il responsabile della comunicazione e ritenevamo di doverci dissociare pubblicamente dal contenuto di quel comunicato, che metteva in discussione l’integrità e la professionalità della Procura di Bergamo.

Vero è che la sera stessa comunicavo solo per messaggio al presidente del comitato che non riuscivo a parlare perché non stavo bene, ma gli dicevo per messaggio che quel post aveva “creato subbuglio” tra noi legali ma che ormai era pubblico da qualche ora.

Di fatto, dopo il comunicato dei legali e di Robert Lingard del giorno successivo è iniziata un’opera di demolizione della mia immagine, a partire dalla mia esclusione immediata dai social del comitato, tanto che non ho potuto partecipare né chiarire la mia posizione durante la diretta fb della sera stessa (15.01.2021), che peraltro era una conferenza stampa cui avevano partecipato tutti i giornalisti, per passare alle conversazioni private con i giornalisti tese a screditare, anche solo velatamente, la mia immagine (come è stato riferito a me ed a Robert da alcuni giornalisti stessi), per passare alle conversazioni “segrete” con i miei colleghi del team, ai quali venivano riferite circostanze non vere e diffamatorie nel tentativo, naufragato, di farli dissociare da me, per finire ai post pubblicati sul profilo personale Facebook del presidente del comitato, come peraltro già evidenziato, assolutamente inopportuni perchè lesivi della mia persona, in quanto chiaramente riferibili a me seppur non indicano il mio nome.

Ho deciso di scrivere pubblicamente solo ora, ho deciso di rompere il silenzio che mi ha contraddistinto in queste settimane per rispetto di mio padre e di tutti coloro che sono stati sacrificati, dei familiari delle vittime che hanno dato fiducia ad un comitato che, secondo quanto sarebbe emerso dalla diretta Facebook del 29/1/2021, pubblicherà sempre più raramente le “storie” dei lutti, delle sofferenze delle persone per dedicarsi ad altro.

Ho sempre dichiarato a tutti, anche a costo di risultare invisa, quale sia il mio fine, il motivo per cui ho iniziato questa battaglia per la verità e per la giustizia, ho dimostrato che le mie azioni sono state la concretizzazione delle mie parole, ho dato fiducia a persone che poi hanno tradito la mia buona fede, hanno tradito il mio pensiero, hanno tradito la mia anima.

Io mi sono esposta mediaticamente, perché ho sempre creduto nel fine della giustizia, nella ricerca della verità, perché io ho perso un padre nell’abbandono e nell’isolamento e conosco esattamente ogni emozione delle persone, delle famiglie che hanno subito lutti così violenti e che vogliono e pretendono legittimamente risposte e spiegazioni.

Mi sono messa a disposizione per dare a chi si sente solo il mio aiuto, personale e professionale, attraverso anche i miei colleghi del team, splendide persone e meravigliosi professionisti seri e competenti, e non posso permettere che la fiducia di queste persone venga tradita, non posso permettere che a queste persone non si porti rispetto, e che si sentano, ancora, abbandonate.

Chiudo riportando alcune parole rivoltemi con un messaggio da uno dei membri del direttivo del comitato, in occasione della mia partecipazione alla trasmissione di La7 del 13dicembre 2020, quello stesso comitato che ora ha forse intrapreso una nuova strada, dimenticandosi probabilmente di chiamarsi “verità e giustizia vittime covid-19”:

Tu sei lì per tutti noi, per tutta quella parte di Italia, di persone che vivono sempre nell’ombra e nelle ingiustizie, di ogni tipo.

Perché lo sai meglio di me, questa non è che la punta dell’iceberg.

Cambieremo l’Italia o il mondo? Molto probabilmente no, ma dovevamo provarci.

In nome di tuo papà [..] e di tutti gli altri.

Di tutti quelli che oggi non hanno i soldi per mettere il piatto a tavola, di tutti quelli che oggi non possono curare le proprie patologie perché non c’è posto in ospedale. […]

In nome di tutte quelle sedie vuote e che non riempiranno mai più e di tutte quelle sedie vuote che lo saranno per il delirio di tanti che non sanno dove mettere le mani ma ce le mettono lo stesso.

Te l’ho detto più volte in questi giorni, sei tutti noi perché tu stai lottando per un ideale, non per soldi nè per una poltrona e queste cose le dimostrano gli occhi”.

Io sono sempre quella, sempre la stessa.

Scrivo oggi perchè oggi mio papà Vincenzo avrebbe compiuto 79 anni ed alle ore 13.41 invece se ne andava da questo mondo.

Grazie.

* da Facebook

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