I “diritti” o sono fruibili universalmente o sono privilegi.
E un privilegio dura fin quando dura il potere di chi lo ha concesso.
La narrazione intorno a una inesistente democrazia che in Afghanistan starebbe per essere travolta da un ritorno al passato oscurantista e medioevale é appunto una bufala.
Come le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e i bambini kuwaitiani strappati dalle incubatrici.
Il dramma della borghesia progressista afghana, delle donne che hanno studiato, delle giornaliste, delle scrittrici, delle dottoresse, delle attiviste, è che quei diritti erano diritti di una minoranza in una società in cui l’87% delle donne sono analfabete (dati del 2020).
Non erano conquiste collettive, prodotto di un movimento reale, di un bisogno diffuso sentito come tale.
Non avevano una base materiale se non il fiume di dollari che proveniva dall’occupazione straniera.
Non erano, per usare un linguaggio noto a buona parte dei miei lettori, il prodotto di una rivoluzione borghese che aveva cambiato le strutture della società e imposto nuovi valori e nuovi rapporti sociali.
Quelle donne e quegli uomini che scappano disperati chiedendo aiuto a chi fino a ieri gli aveva garantito una esistenza “civile” in un paese in guerra perenne e diviso da conflitti “incivili” non rappresentavano la realtà dell’Afghanistan.
La democrazia era una finzione giuridica peraltro presente solo in poche enclave.
Era una concessione, il prezzo che l’occidente pagava ai propri collaboratori.
Come si possa usufruire dei diritti civili, in un paese in cui il reddito pro capite è 65 volte inferiore a quello di una democrazia sgangherata come quella italiana, lo lascio giudicare all’intelligenza dei lettori.
Alla fine del 2019, 2milioni e 700 mila afghani sopravvivano nei campi profughi in Iran e Pakistan, paesi notoriamente liberal, e altri 2 milioni erano sfollati all’interno del paese.
Sradicati dalle loro case e dalle loro famiglie.
Gli esuli afghani hanno per lo più meno di 25 anni.
Sono le generazioni future, che le mamme previdenti avevano già da tempo accompagnati a “saltare il muro” e a scappare da una terra in cui, con una scusa o un’altra, si combatte da più di quarant’anni.
Oggi scopriamo che è un paese con immense risorse.
Ma lo era anche ieri.
E la borghesia “progressista” artificialmente costruita dall’occidente che oggi piagnucola sui diritti persi, su quelle risorse non ci ha investito una lira, preferendo accumulare riserve all’estero.
Ha preferito investire nella coltivazione del papavero trasformando l’Afghanistan nell’indiscusso maggiore produttore di oppio nel mondo, nonostante l’occupazione dei poliziotti “a caccia di terroristi”.
Una democrazia al servizio dello spaccio di eroina di tutte le piazze del mondo.
E le scuole e gli ospedali, perfino nella capitale “occidentalizzata” li costruivano le Ong e si mantenevano, e si mantengono, grazie alle elemosine e alla solidarietà internazionale.
Quella democrazia era solo una paga sicura e qualche benefit per chi si era accampato al seguito delle truppe di occupazione.
Come in ogni guerra.
Il “posto fisso” di interprete, di attendente, di cuoco, di pulitore di cessi, di intermediario culturale, di trafficante e di traffichino.
Temo che, se i talebani vogliono far ripiombare il paese nel medioevo, non sarà per loro un compito difficile.
E se vogliono restare al potere coi metodi della democrazia sanno come fare.
Quei metodi parecchi di loro li hanno conosciuti a Guantanamo e Abu Ghraib, ottime scuole di formazione politica.
L’oscena sceneggiata degli americani in rotta elettrizza i media.
Quando la nave sta affondando le leggi umanitarie impongono di salvare per primi donne e bambini.
Le regole della democrazia, al contrario seguono dinamiche diverse.
Prima i cittadini delle democratiche nazioni che li ci sono andati a fare la guerra.
Prima gli invasori, poi, se c’è posto, i collaboranti, gli amici, quelli che in ogni guerra sono chiamati dai vincitori collaborazionisti.
E anche lì secondo un criterio utilitaristico.
Prima le star, gli influencer, le persone note, quelle che attirano l’attenzione dei giornali, poi … gli altri. Chi puliva i cessi dove orinavano i soldati della coalizione dei “volenterosi”, posto su quegli aerei non ne troverà di certo.
I poliziotti cattivi e quelli buoni filtrano la folla e fanno passare solo chi ha il pass a stelle e strisce.
Se hai dollari da spendere è possibile che riesci a superare il filo spinato.
Ma succede così anche per ottenere un passaggio su un barcone.
Sorvolo sulla surreale presunzione di chi fino a ieri i talebani li ammazzava inseguendoli coi droni fregandosene degli “effetti collaterali” che questi assassinii “mirati” provocavano e che ora pretende che, chi magari è appena uscito da una prigione in cui i diritti umani sono stati “sospesi”, si comporti “con moderazione”.
Di chi pensa che la guerra è i suoi effetti possano essere esorcizzati, come in un videogioco, scacciando il tasto opportuno.
E sull’ipocrisia di chi piange i bambini lanciati oltre il filo spinato e poi affoga “i minori non accompagnati” che premono per entrare nel nostro paese.
Prima o poi la sceneggiata finirà.
Una donna col suo bimbo in braccio finirà mitragliata da qualche esaltato.
Non sapremo nemmeno il suo nome.
Ma la foto farà il giro del mondo e cancellerà nella memoria collettiva 40 anni di violenze.
La verità sarà ristabilita.
I buoni da una parte. I cattivi dall’altra.
… in attesa che qualcuno di quei bambini riesca a raggiungere le nostre amene spiagge, affollate di bagnanti che hanno conquistato la libertà di starsene al sole col culo scoperto, e ci rigetti addosso tutto l’odio che abbiamo seminato.
Noi, i democratici, i privilegiati del mondo ricco e democratico, e non ci sarà nessun posto dove scappare.
* da Facebook
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