Non si ferma in Turchia la repressione contro il popolo curdo e contro la sinistra turca, che anzi nel mese di marzo tocca un nuovo e impressionante record.
Nel mese appena conclusosi sono stati ben 1366 i cittadini arrestati – per la maggior parte curdi – nell’ambito di operazioni di ‘contrasto al terrorismo’ come le definisce il regime di Ankara. La maggior parte degli arresti sono stati compiuti durante le oceaniche manifestazioni di celebrazione del Newroz, il capodanno zoroastriano che rappresenta per il popolo curdo un importante momento di visibilità e rivendicazione culturale e politica. Celebrazioni che il regime di Ankara ha in molti casi proibito e duramente represso. Altri arresti sono stati effettuati in retate realizzate contro presunti militanti delle organizzazioni curde o contro coordinamenti studenteschi nelle varie città del paese. Altri ancora contro i sindacalisti che manifestavano contro l’islamizzazione del sistema educativo la scorsa settimana ad Ankara.
Il numero dei detenuti nelle carceri del paese è quindi salito a quota 140.000, contro le 60.000 del 2002, e moltissimi sono ancora in attesa di processo, sottoposti ad una lunghissima e illegale carcerazione preventiva.
Attualmente oltre 600 studenti si trovano nelle carceri di massima sicurezza turche. Durante le celebrazioni del Newroz, la polizia ha arrestato 689 persone in quattro giorni: un membro del partito curdo BDP è stato ucciso il 18 marzo a Istanbul e tre deputati dello stesso partito sono stati feriti dalla polizia a Istanbul, Mersin e Batman. Tra gli arrestati ci sono 111 sindacalisti, quasi 100 studenti, oltre 100 minorenni e alcuni giornalisti.
Dall’inizio del 2012 il numero di arresti per motivi politici ha raggiunto quota 3216, con una media di 35 arresti al giorno.
Per protestare contro la repressione selvaggia a cui lo stato turco sottopone ogni espressione sociale, politica e culturale del popolo curdo lo scorso 15 febbraio circa 400 prigionieri politici curdi hanno iniziato uno sciopero della fame a tempo indeterminato. A loro l’8 marzo si sono unite altre 500 persone tra le quali alcuni parlamentari, sindaci, consiglieri comunali, avvocati, giornalisti, sindacalisti, dirigenti del Partito per la Pacee la Democrazia. Gliscioperanti chiedono la fine degli arresti di massa e delle operazioni militari nei territori curdi, la liberazione di Abdullah Ocalan (leader del PKK rinchiuso dal 1999 nell’isola carcere di Imrali in condizione di isolamento) e di tutti gli altri prigionieri politici, il riconoscimento ufficiale dei diritti collettivi del popolo curdo all’interno della Costituzione turca. Ad un mese e mezzo dall’inizio dello sciopero della fame molti prigionieri sono in condizioni di salute molto gravi.
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