Un giudice ha annullato un licenziamento effettuato in maniera “formalmente” non corretta.
L’azienda dovrà spendere qualche centinaio di euro in raccomandate e il rimborso spese per un paio di settimane di “trattative” informando preventivamente i “rappresentanti legali” dei lavoratori delle sue intenzioni.
I sindacati hanno ottenuto il fatidico “tavolo” dove tratteranno le condizioni della smobilitazione.
Il tempo che si organizzi, notte notte, il trasferimento di macchinari e “competenze” oltre confine.
Come è successo tante volte.
Governo e parlamento si preparano a mettere in campo l’ennesima inutile legge fuffa.
L’ennesima furbata.
Delle roboanti e iniziali proposte contro la delocalizzazione è già sparita la multa (pari al 2% del fatturato) ed è pure sparita la lista nera delle aziende che delocalizzano con il blocco per tre anni di ogni contributo statale.
Finirà che invece di “punire” chi chiude si “premieranno” quelli che minacciano di farlo.
I padroni ci guadagnano sempre.
“Insorgere” è qualcosa di molto più complicato e difficile di quanto si possa pensare.
E quei lavoratori, e tanti altri nelle loro condizioni, dovranno impararlo passando per improbabili vittorie e molto più certe annunciate sconfitte.
L’unico elemento che può influire in maniera determinante sui processi e le lotte in corso è che il capitale ha spazi di manovra pressoché nulli.
I padroni non hanno soldi da mettere sulla tavola.
Spazi per trattative sindacali non ce ne sono.
E nemmeno ciambelle di salvataggio.
Le cose vanno così, non si vince mai.
Si perde e si impara.
Si ritorna a combattere e si perde di nuovo ma si impara ancora di più.
Si impara a combattere per potere alla fine vincere.
* Foto di Andrea Tedone
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