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L’Italia che Resiste e la piazza del 22 aprile

L’opposizione c’è, si vede e si sente. Ieri a Roma, migliaia di lavoratori e studenti, uomini e donne, “figli della stessa rabbia”, hanno attraversato il centro della capitale per ribadire la propria indipendenza e alterità rispetto al piano inclinato in cui sta scivolando il paese e con esso l’occidente tutto.

Il vento di guerra che soffia dalla “Troika della guerra” Usa-Nato-Ue, la repressione sociale ed economica del governo Draghi, l’asservimento ai voleri di Confindustria di CgilCisl&Uil: eccoli gli obiettivi costantemente bersagliati dalle quasi tre ore di interventi e canti di lotta urlati dal corteo.

Il nemico di classe, responsabile di politiche guerrafondaie e antipopolari, emerge con maggiore chiarezza in settori via via più ampi della società, colpita direttamente dai processi di ristrutturazione produttiva e repressione del dissenso messi in moto dalla borghesia continentale e dai suoi referenti nazionali.

Due anni di gestione criminale della pandemia e la subalternità ai deliri di potenza guerrafondaia del capitale mostrano la necessità di un’alternativa politica, sociale ed economica alla spirale di distruzione e sfruttamento rinnovata, giorno dopo giorno, dal modo di produzione capitalista.

L’autunno caldo delle occupazioni studentesche, la lotta dei portuali di Genova e del resto dello stivale, il rifiuto degli aeroportuali di Pisa di inviare armi in Ucraina, e poi i magazzini della logistica, le fabbriche, i braccianti della filiera alimentare, il mondo della cultura che non si allinea, chi lotta per il diritto all’abitare.

È questo uno spaccato del paese reale che Resiste e soprattutto comprende l’importanza di continuare a organizzarsi per costruire lo strumento in grado di rivoluzionare lo stato di cose esistenti, fatto di ingiustizia sociale e degrado culturale, a partire dal prossimo 25 aprile.

Con la dignità e la determinazione di chi da perdere ha solo le proprie catene continueremo a tessere i fili del movimento operaio e comunista per restituire alla classe lavoratrice il ruolo che la storia le ha assegnato: la fine dello sfruttamento dell’essere umano e del resto della natura. Fuori dalla Nato e dalla gabbia dell’Unione europea, per il Socialismo del XXI secolo.

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