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Lettera aperta alle organizzazioni giovanili e studentesche della sinistra radicale

Uscire dal gioco dell’oca, sfidare il presente, conquistare il futuro

Lettera aperta alle organizzazioni giovanili e studentesche della sinistra radicale

Direttamente al governo o a fare un’”opposizione costruttiva”, insieme al PD ovunque o solo sui territori, insieme in coalizione da subito o dopo le elezioni, insieme solo a certe condizioni, anzi insieme a qualsiasi condizione altrimenti poi vincono le destre, con cui poi comunque si governa assieme, e così all’infinito.

Se decidi di stare nel gioco dell’oca della politica non importa cosa fai o cosa dici: o ribalti il tavolo o, da una strada come da un’altra, finirai sempre nelle braccia del Partito Democratico.

La sinistra in Italia sceglie sempre e comunque di non ribaltare il tavolo, al massimo si prende ogni tanto una breve vacanza di apparente indipendenza dal PD e in un secondo momento gli porta in dono le forze accumulate, poche o tante che siano.

La scelta ricade sempre sul ricercare alleanze con il ceto politico piuttosto che costruire ponti con i settori popolari e le nuove generazioni senza prospettive, un “settarismo politicante” che ha come effetto la spoliticizzazione e l’astensionismo, forse il più grande regalo per chi ritiene ormai anche la democrazia parlamentare (un tempo detta “borghese”) un ostacolo ai propri piani.

Eppure, stavolta, il passaggio elettorale si inserisce in un cambio di fase storico e per questo riteniamo che, come organizzazioni giovanili e studentesche della sinistra radicale e comunista, sia importante aprire un dibattito serio e franco su come incidere nell’agenda politica di questo paese.

La crisi pandemica e il crollo della favola dell’austerità espansiva, la fine del mito dell’esportazione della democrazia con la fuga dall’Afghanistan, la guerra in Ucraina e il passaggio a un mondo multipolare, la crisi ecologica e climatica, la svolta autoritaria e antidemocratica nel nostro paese, sono tutti temi che ci costringono a ragionare sulle nostre responsabilità storiche, verso e soprattutto oltre le elezioni.

La prima responsabilità storica crediamo sia quella di abbandonare le sempre più sterili lenti dell’elettoralismo e a guardare oltre la girandola impazzita di accordi e alleanze che cambiano di ora in ora, rifiutando la fallimentare coazione a ripetere di certa sinistra da trent’anni a questa parte.

In questo gioco dell’oca, gli stessi partiti che fino a ieri governavano uniti e felici sotto la guida di Mario Draghi ora possono tornare alla casella iniziale e riscoprire identità inconciliabili riproponendo una contrapposizione tra “centro-destra” e “centro-sinistra” che nemmeno nella propaganda elettorale, totalmente inesistente nei contenuti, riescono più a rendere credibile.

E infatti hanno governato insieme senza che emergessero mai differenze sostanziali. Almeno fino a quando non si è avvicinata la scadenza elettorale e alcuni soprattutto le opzioni “populiste” di Salvini e del Movimento 5 Stelle normalizzate dal governo Draghi hanno fatto saltare il banco, trovandosi a fare i conti con una credibilità verso il proprio elettorato colata ormai a picco.

C’è quindi chi cerca di rifarsi una verginità politica fuori tempo massimo e chi come il Partito Democratico, invece, non ha proprio più nulla da nascondere, anzi: chiama all’unità, all’argine contro le destre (come se dopo diversi governi insieme ancora ci credesse qualcuno) per salvaguardare niente di meno che la continuità dell’agenda Draghi!

Quindi invio di armi e partecipazione attiva all’escalation della guerra in Ucraina, ritorno al carbone, trivelle e tutta quanta la falsa transizione ecologica (già smentita pure nei suoi mistificanti presupposti iniziali) e PNRR, cioè il pilota automatico dell’Unione Europea a suon di condizionalità – e quindi privatizzazioni e tagli a salari e stato sociale – in perfetta continuità con le politiche antipopolari (i “compiti a casa” richiesti dai mercati finanziari) a cui assistiamo dai tempi del governo Monti e rispetto alle quali proprio il PD si è sempre fatto alfiere e garante.

Senza parlare della continuità di fondo tra la gestione del sistema di accoglienza da parte del Partito Democratico e delle destre: i lager libici, i respingimenti in mare e l’attacco all’attività delle ONG, in fondo, sono aberrazioni prodotte da Minniti e continuate sotto i riflettori e, tra un rutto e l’altro, da Salvini.

Sotto la confusione, insomma, nessuna proposta alternativa, ma vari schieramenti che si candidano a gestire un oceano di crisi con le stesse ricette avventuriste e fallimentari che le hanno provocate e che nessuno può e vuole mettere in discussione perchè rappresentano di fatto tutti gli stessi interessi materiali nella società, quelli delle imprese private e del mercato finanziario.

Anche chi si era chiamato formalmente fuori dall’ammucchiata per Draghi, da una parte e dell’altra, si è già inserito nei giochi di liste e coalizioni senza colpo ferire, tradendo l’inconsistenza, se non la malafede, del proprio progetto politico che veniva invece sbandierato come indipendente e alternativo.

Una velleità che si scioglie come neve al sole già solo nel momento in cui è possibile anche solo contemplare un’alleanza con il PD, rimandando e ostacolando ogni possibilità di affermazione di un polo alternativo alle leggi liberticide e antipopolari.

Ma la cosa se vogliamo ancora più grave è la strumentalizzazione, attraverso false promesse e carrierismo, dei tanti giovani che si affacciano genuinamente per la prima volta alla politica con valori, ideali e disponibilità a mettersi in gioco per cambiare lo stato di cose attuali e finiscono per essere sussunti o bruciando nella delusione.

È una storia già vista, ma stavolta non c’è illusione o tatticismo di sorta che tenga. In passato quello del rapporto con il PCI (e la CGIL) – che nel bene e nel male obiettivamente rappresentava ed esercitava la propria egemonia sulle classi lavoratrici – era un dibattito obbligato, indipendentemente dalla risposta che ne seguiva.

Ad essere molto generosi, pure la miopia strategica, che per trent’anni ha portato molti a continuare a vedere nelle sue mutazioni successive (PDS, DS ecc.) un possibile interlocutore, poteva trovare giustificazione nell’illusione tutta tatticista (sistematicamente disattesa e con costi salatissimi in termini di credibilità politica) di strappare spazi di mediazione e lotta intestina a sinistra.

Oggi non è più così, non perché sia cambiato il PD – sono le stesse classi dirigenti che dipingendosi da sinistra hanno scientificamente e da subito rappresentato fin dal ’91 gli interessi di multinazionali e mercati finanziari  – ma perché è cambiata la fase storica, portando i caratteri guerrafondai e antipopolari di quel partito definitivamente allo scoperto (e rimane “curioso”, comunque, non averli notati prima) e venendo meno, con l’esplodere di una crisi che è sistemica, ogni minimo possibile spazio di mediazione tra gli interessi delle classi dominanti e quelli di tutti gli altri settori sociali, ceto medio e piccola borghesia compresi.

L’abbiamo visto bene con la verticalizzazione politica e la torsione autoritaria sul “normale” funzionamento delle istituzioni democratiche impresse dal governo Draghi, da come è avvenuta l’elezione di Mattarella alla continua mortificazione di un parlamento di fatto commissariato, vedi tra tutte le dichiarazioni a questo proposito di Draghi rispetto all’invio delle armi in cui si lamentava che l’esecutivo fosse “ostaggio” del Parlamento.

Se è chiaro quindi cos’è il PD, e non potrebbe essere altrimenti – e se non si è scelto, e molti l’hanno fatto da tempo, di schierarsi apertamente con le fila del principale nemico dei giovani e delle classi popolari – viene da chiedersi come sia possibile consegnarsi alla totale subalternità a questo partito e allo stesso tempo pensare di esercitare una funzione progressista nella società.

Come sia possibile pensare di affrontare le sfide a cui è chiamata la nostra generazione, dalla scuola al lavoro, dall’ambiente ai diritti civili e sociali, affianco al partito della guerra, della distruzione dei diritti sul lavoro (e che in queste ore chiede candidati a Confindustria), del massacro dei migranti di cui si vanta in faccia addirittura a Salvini, della TAV e la falsa transizione ecologica, della scuola e università-aziende, della repressione, dell’autonomia differenziata e del sostegno a Israele, che alimenta proprio le destre umiliando nei fatti le categorie già più penalizzate a cominciare da donne, giovani e migranti… e potremmo andare avanti per ore.

Viene da chiedersi insomma quali sono le ragioni che hanno portato e portano sistematicamente, anche quando ci si riserva un’indipendenza di facciata, a non fare i conti una volta per tutte con la necessità storica di un’ipotesi strategica che sappia muoversi fuori e contro il perimetro del “sistema Draghi”, ponendosi alla testa e organizzando la rabbia della nostra generazione, tradita in ogni sua promessa e prospettiva.

Mai come oggi i due lati della barricata sono stati così chiari: o dentro o fuori il loro gioco dell’oca.

O ci si consegna al nemico o ci si rimbocca le maniche, organizzandosi, sedimentando le forze, ben piantati nelle lotte, dalle scuole alle università ai quartieri ai posti di lavoro, per la costruzione di un movimento politico e sociale indipendente e di rottura con il quadro politico attuale, che, seguendo l’esempio della Colombia e dell’America Latina così come dell’anomalia francese, sappia anche nel nostro paese raccogliere l’esigenza di slancio rivoluzionario per cambiare tutto.

Ci rivolgiamo a tutte quelle organizzazioni giovanili della sinistra radicale per aprire un percorso di confronto su come irrompere nell’agenda politica di questo paese con la lotta e la mobilitazione contro le macerie e la desolazione del presente, è un dovere storico che sentiamo sulla nostra pelle e che dobbiamo a Giuseppe, Lorenzo, Luana… a tutti e tutte i nostri fratelli e sorelle che sono stati uccisi o indotti a uccidersi da un sistema contro cui non abbiamo niente da perdere se non le nostre catene.

Cambiare Rotta – organizzazione giovanile comunista

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