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Padrone e non datore di lavoro

Oggi, intervenendo al bellissimo congresso della USB, ho raccontato di quando nel 1967, studente comunista a Bologna, andai davanti ad una fabbrica a distribuire volantini contro l’apprendistato. Dicevamo che i giovani dovevano ricevere paga piena, altrimenti era sfruttamento.

Si formò un capannello tra gli operai che uscivano dalla fabbrica e un ragazzo, un apprendista, disse che avevamo ragione perché lui lavorava esattamente come gli altri ed era pagato di meno. Ma, aggiunse, il DATORE DI LAVORO non avrebbe mai accettato la parità salariale.

Intervenne allora un operaio più anziano che disse (naturalmente in dialetto bolognese): vedi, ragazzo, i datori di lavoro siamo noi, il PADRONE invece PRENDE il nostro lavoro. Se vuoi cambiare le cose comincia a chiamare padrone il padrone.

Ecco, anche oggi il primo atto di lotta del lavoro è chiamare le cose con il loro nome. Anche perché l’ipocrisia capitalista delle parole oggi più che mai è strumento di sfruttamento e oppressione.

La “centralità dell’impresa” e la “flessibilità del lavoro” sono parole che coprono il dominio assoluto del padrone sul lavoratore e tutto il dilagante super sfruttamento, in primo luogo dei giovani.

Quindi senza paura bisogna dire padrone e non datore di lavoro. È il primo atto di ribellione degli sfruttati e vale oggi più che allora.

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4 Commenti


  • Enzo A.

    Il.conpagno Cremaschi ha ben individuato un punto fondamentale per una nuova, urgente ribellione: il neo linguaggio. Da lungo tempo è un atto una corruzione della lingua italiana che impedisce di definire le cose, i ruoli social, gli individui, oltre a un uso invasivo che non ha pari in Europa degli anglicismi, classico esempio di colonizzazione spinta Valga per tutti lockdown invece di confinamento o clausura. In Spagna confinamento, in Francia confinemrnt. I media al pari del governo di mostrano i più servili. Siamo aglio antipodi della comunicazione, un linguaggio autoreferente che paria solo per l’autore e i suoi simil,i pagati e venduti per questo. Se non ci si riappropria di concetti basilari come classe, lotta, padronato, sfruttamento, capitalismo, imperialismo, abbiamo perso la bussola del presente e del pensiero critico. Quello di cui oggi c’è gran bisogno per uscire da questa catastrofe dell’egemonia capitalistica e delle sue guerre ai popoli..


  • Carlo Mazzoli

    e i lavoratori, nel sistema capitalistico di produzione, si chiamano “merce forza-lavoro”..


  • Angelo

    Il vero problema è il controllo dei mezzi di comunicazione di massa, che mai è stato così pervasivo. Il fatto che la penetrazione, soprattutto attraverso la tv, ma sempre di più anche nei nuovi media, ha consentito negli anni uno stravolgimento della società che mai sarebbe stato possibile con i consueti strumenti del potere. Tutto questo Pasolini l’aveva previsto con straordinaria lucidità oltre 50 anni. Che fare? Non lo so: la logica direbbe di reinventare la comunicazione, ma la mia lunga esperienza di (vita) mi dice che è una caratteristica del potere è quella di impadronirsi rapidamente di ogni forma di opposizione, e non con la violenza ma comprandole da chi è ben felice di venderle. Probabilmente la svolta avverrà (avviene sempre) per cause endogene: una crisi che trovi il sistema incapace di reagire o più facilmente una delle tante guerre che scappi di mano, forse non già questa, o forse sì.


  • c. Sergio Binazzi

    è vero che esistono i padroni e basta come definizione , ma non dobbiamo mai dimenticarci di lottare contro gli americani, unici e veri imperialista e che da bravi padroni vogliono comandare il mondo in nome della loro sporca democrazia.

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