Menu

A più di 50 anni dalla strage di Battipaglia, il sud non dimentica

Il 9 aprile del 1969 segna una data storica per il nostro paese e in particolare per il movimento di classe nel meridione.

Alla notizia dell’imminente chiusura di un importante tabacchificio a Battipaglia, in provincia di Salerno, si accende una massiccia mobilitazione che coinvolge tutta la cittadinanza, non solo le 600 operaie.

Il contesto è quello di un’area che diventa negli anni del dopoguerra e con un’ accelerazione negli anni 60, un importante snodo logistico e industriale, in particolar modo legato alla trasformazione dei prodotti agricoli provenienti dalla circostante Piana del Sele.

Battipaglia diventa dunque un polo industriale importante nell’ambito della politica meridionalista e proprio a causa di una cattiva gestione di quest’ultima vive la concentrazione di contraddizioni che porteranno a crisi industriali e disagio sociale.

La chiusura del tabacchificio arriva dunque in un periodo già di per se turbolento dovuto alla recente chiusura di uno zuccherificio appartenente al gruppo Piaggio.

La mobilitazione ha inizio con occupazioni ad oltranza del tabacchificio, che durano circa 10 giorni e culminano in una manifestazione che raccoglie decine di migliaia di persone al fianco delle tabacchine in sciopero: operai, braccianti agricoli provenienti dalle campagne della Piana, lavoratori stagionali delle industrie conserviere, studenti e disoccupati, ma anche commercianti.

Un’intera città in sciopero mentre il sindaco si reca a Roma per un tavolo al Ministero delle Partecipazioni Statali per scongiurare la chiusura dello stabilimento.

Il corteo, autorizzato, viene presto assalito dalle forze dell’ordine – proprio le tabacchine schierate in testa al corteo sono le prime a subire le pesanti cariche.

Gli eventi che seguono vedono una crescente rabbia da parte dei manifestanti in risposta alle ripetute violenze di carabinieri e poliziotti che caricano e arrestano i manifestanti, fin quando le forze dell’ordine aprono il fuoco e provocano due morti, Carmine Citro operaio 19enne e Teresa Ricciardi, insegnante di 30 anni.

Segue nei giorni successivi una rinnovata violenza da parte delle forze dell’ordine, cariche persino davanti all’ospedale e una rabbia popolare in tutta risposta.

Si arriva ad altri due morti, due braccianti, e centinaia di feriti.

Le due fabbriche non vengono chiuse.

I fatti di Battipaglia hanno segnato significativamente la storia di una terra che non solo è stata sfruttata ma addirittura condannata a morte, come ha riportato un testimone di quei giorni. Senza dimenticare che erano trascorsi solo pochi mesi dell’eccidio di Avola, in cui vennero uccisi due braccianti agricoli e centinaia di altri feriti.

La memoria di questi eventi vive ancora nelle lotte presenti che, in tanti oggi, portano avanti contro le miopi e criminali chiusure e delocalizzazioni che lasciano senza futuro e sicurezza famiglie e comunità intere così come la repressione e la violenza di chi anche nelle peggiori condizioni di sfruttamento percorre la strada dell”organizzazione, política e sindacale, rischiando in alcuni casi la vita.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

2 Commenti


  • Binazzi Sergio

    bisognerebbe ricordare questi tristi eventi a landini & Co e chiedergli come sta passando la sua vita da rinnegato.


  • Mauro

    Se la passano bene se la passano…alla faccia nostra ed a quelli/e che ancora gli danno retta..Z..

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *