I post-fascisti di Almirante da molti decenni tramavano per un cambio costituzionale in cui emergesse un “uomo forte”, tramite il presidenzialismo, e questo perché in testa avevano e hanno un solo modello: il Duce, nulla di più, nulla di meno.
Dietro questa visione post-fascista c’è l’idea, illusoria, che il paese non funziona perché non c’è chi impone con la forza la sua politica a un popolo e a dei politici “imbelli”.
In verità la “governance” in Italia non funziona prima di tutto per due ragioni immediate: la Commissione Europea e la BCE hanno costretto il governo italiano a semplice esecutore di politiche liberiste scelte dai super-ricchi e il sistema elettorale elegge una classe politica prona ai leader di partito e indifferente alle esigenze e alle aspirazioni del popolo italiano. Basta guardare alle scelte guerrafondaie dal PD alla destra.
Detto questo, la Costituzione italiana va modificata?
La prima risposta è che la Carta è inapplicata o peggio è violata palesemente, come per l’articolo 11 che è bellamente esautorato inviando armi a paesi in guerra (Ucraina e Yemen, segnatamente), per cui lo stravolgimento non prevede alcuna sanzione penale, dove la Corte Costituzionale ne dovrebbe essere il tribunale repressore.
La seconda risposta è sì, la Carta ha necessità di alcune modifiche per attuarne lo spirito dato dai padri costituenti, sino dalla prima parte.
L’articolo 7 è un “vulnus” perché contiene il concordato fascista del 1929, tra l’altro superato da quello del 1984, che dovrebbe essere sostituito da una articolo di laicità esplicita, mentre attualmente è solo implicita all’interno di vari articoli (art.3, 8, eccetera).
L’art.12 dovrebbe essere integrato dall’inno di Mameli e dal simbolo della repubblica (stella, ruota dentata, eccetera) attualmente ancora provvisori, come tante cose in Italia.
L’articolo 81 andrebbe ripristinato nell’originale eliminando lo scempio voluto da Monti in ossequio alle direttive della Commissione Europea e che enormi danni ha creato nel finanziare lo stato sociale e l’amministrazione pubblica.
La parte che è però da modificare è il titolo V, ma non nel senso confusionario voluto da PD e liberisti, ma nel chiarire l’attribuzioni dei ruoli.
Alle Regioni è stato dato un potere enorme e disarticolante dell’unità statale, specialmente nella sanità, con la conseguenza di mettere le basi alla infame “autonomia differenziata” che, è il caso di ricordare, è stata proposta anche dal PD ed ora viene cavalcata dalla destra, la cui prospettiva sarà la distruzione dello stato sociale e la frammentazione di fatto dell’Italia.
Quello che serve è invece chiarire i ruoli specifici, propri e non sovrapponibili di comuni, municipi metropolitani (che non contano nulla anche se hanno 150mila abitanti), di province e aree metropolitane queste ultime due che dovrebbero garantire i servizi ai comuni troppo piccoli perché con scarse risorse economiche e in aree estese che invece sono state abolite, e io dico proprio per tagliare tali servizi sociali.
La raccolta in corso di due leggi di iniziativa popolare (risorse ai comuni e cassa deposito e prestiti) ha per target proprio il ricostruire il funzionamento dei servizi sociali pubblici largamente depauperati.
Riuscire a implementare quello che ho appena descritto richiede però un soggetto politico che non c’è, a cominciare dal Parlamento, quindi l’unità dei pacifisti e dei comunisti è una necessità impellente a cui noi tutti democratici dovremmo lavorare intensamente e da subito.
* Anpi Trullo
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