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La prospettiva Highlander dell’ordine globale

La decisione del Parlamento Europeo di rafforzare la produzione di armamenti si inscrive pienamente in un arco bellicista che parte dalla Prima Guerra del Golfo, e attraversa innumerevoli altri conflitti “regionali”.

Transita per quella “civile” in Ex Jugoslavia, passando per la Seconda Guerra del Golfo, l’invasione dell’Afghanistan e poi ancora Yemen, Somalia, Sudan, Palestina e via enumerando, arriva all’attuale crisi “maggiore” tra Russia ed Ucraina.

Come acutamente analizzava Carl Schmitt nel suo celebre “Il Nomos della terra”, i conflitti si possono sommariamente, o meglio dire sommamente, ascrivere a due grandi categorie: quelli decostruenti e quelli costituenti. 

Un esempio classico della prima tipologia è certamente la Grande Guerra, che vide il disfacimento dei due imperi sino ad allora egemoni in Occidente e Medio Oriente: quello Austro Ungarico e quello Ottomano.

Al disfacimento dei due blocchi imperiali seguì un periodo di grande instabilità, feroci dittature, e infine la Seconda Guerra Mondiale che, al contrario della Prima, si può invece considerare di tipo costituente.  Da essa infatti nascono tutte le Istituzioni sovranazionali che ancora, seppur con sempre minor legittimità e peso politico, hanno governato e stabilizzato il momento della Terza Guerra Mondiale, quella cosiddetta “fredda”.

Le varie fasi che hanno portato dal Trattato di Roma del 1957 alla creazione dell’Unione Europea, le nascite della Nato e del Patto di Varsavia, il Fmi e la Banca Mondiale, ma soprattutto le Nazioni Unite, sono tutte figlie di questo relativamente lungo periodo di conflitti regionali.

Basti pensare alle guerre di decolonizzazione, Angola, Mozambico o di aggressione come il Vietnam, che si inscrivevano comunque in un quadro geopolitico relativamente equilibrato o, perlomeno, forzatamente tale a ragione del cosiddetto Mad, l’acronimo di Mutual Assured Distruction, distruzione reciproca assicurata, figlia delle testate nucleari equamente in possesso delle due allora superpotenze.

Tutto questo si infrange con il crollo dell’Unione Sovietica e la volontà, da parte del capitalismo internazionale, già dagli anni ’80 liberato dalla reaganomics e dal Tina (there is no alternative) della Thatcher dai suoi tenui lacciuòli, e mutatosi nella belva onnivora del liberismo finanziario, di impedire il compimento degli ideali onusiani che, durante la Guerra Fredda erano stati congelati dalla contrapposizione bipolare.

In sintesi, invece di utilizzare i cosiddetti “dividendi di pace” per dare alle popolazioni mondiali quella pace tanto necessaria allo sviluppo dei Diritti umani, come sanciti dalla Carta dell’Onu, attraverso i fondi oramai non più impegnati nella corsa agli armamenti, si prese quella che potremmo definire simpaticamente la “prospettiva Highlander”, dal film omonimo, il cui senso era: ne resterà uno solo.

In quel tornante della storia furono infatti gli USA e i sostenitori del pensiero neo-conservatore a intestarsi la vittoria e a iniziare l’opera di delegittimazione delle Nazioni Unite, divenendo, per un breve volgere di anni, un decennio appena, quello alla fine del secolo scorso, l’unica superpotenza che assommava in sé il potere militare, politico ed economico.

Da questo l’esigenza, del gruppo di potere globale che si riconosceva nel modello liberista, di iniziare necessariamente una serie di conflitti costituenti, per cercare di normare attorno alle idee incarnate dal neonato Wto, il nuovo ordine mondiale.

Ecco, allora, spiegata la “guerra umanitaria” di Clinton, quella a suon di bombe a grappolo ed aiuti ai civili alleati paracadutati dagli eserciti occidentali in Afganistan, totalmente contro le regole dei Diritto Internazionale dei Diritti Umani e dell’azione umanitaria, l’invasione di uno stato sovrano come l’Iraq attraverso una coalizione bellica al di fuori delle regole Onu, ed ora un progressivo rafforzamento della spesa militare di tutte le nazioni aderenti alla Nato motivata dalla scellerata aggressione del regime putiniano all’Ucraina.

E così appare oltremodo chiaro che questa guerra verrà utilizzata al massimo delle sue potenzialità negative, come ennesimo tentativo di forzare in senso gerarchico gli assetti del mondo, per ottenere alcuni evidenti desiderata del sistema globale liberista: rilancio dell’economia statunitense attraverso il sostegno al complesso militar industriale, sottomissione geopolitica, militare ed economica dell’Europa, instabilità dell’area ex sovietica con possibilità di regime change con ritorno all’epoca di uno Yeltsin in Russia, contenimento delle politiche di espansione economica della Cina e degli altre nazioni non allineate con questo progetto neo egemonico.

«Le guerre cominciano e non finiscono mai». diceva Celine nel suo tragico “Viaggio al termine della notte”, e le vittime di tutto questo siamo noi cittadini che aspiriamo alla democrazia ed a un lavoro degno, a farci curare da un sistema sanitario equo, a mandare i figli in una scuola che li istruisca criticamente, a vivere in un ambiente sostenibile e non patogeno.

Tutte queste utopie concrete dovrebbero vedere una Europa molto più interessata a svincolarsi dalla morsa della Nato, investire sulla transizione ecologica, sul welfare comunitario anziché sul warfare, e dunque le forze di sinistra rivendicare una visione del mondo inclusiva ed ecocompatibile anziché dividersi come i galli di Renzo.

* da il manifesto

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